L’Agenda 2030 delle Nazioni Unite (ONU, 2015) ha predisposto una serie di finalità a cui giungere nel 2030 per rendere il futuro prossimo un’occasione nella quale coniugare contemporaneamente il benessere umano con la sostenibilità ambientale.
In accordo con queste indicazioni, va perseguito uno sviluppo sempre più orientato verso l’ecosostenibilità. Perché questo possa accadere è necessario ristrutturare il rapporto che l’uomo ha con il proprio ambiente di vita, sviluppando sempre più, nelle coscienze collettive, i valori prosociali biosferici. Ritrovare un nuovo rapporto con la natura e con il proprio ambiente di vita significa migliorare il proprio benessere quotidiano, attraverso il “paradigma della restorativeness”, che permette di rigenerarsi, favorendo la nascita di emozioni positive.
Keywords: ecosostenibilità, valori biosferici, restorativeness.
L’Agenda 2030 delle Nazioni Unite (ONU, 2015) ha predisposto una serie di finalità a cui giungere nel 2030 per rendere il futuro prossimo un’occasione nella quale coniugare contemporaneamente il benessere umano con la sostenibilità ambientale.
Affinché questo possa verificarsi, è necessario che ogni individuo cambi la relazionalità con se stesso, con l’alterità e, soprattutto, con il proprio ambiente di vita. Nell’ottica del cambiamento, è importante capire i fattori che determinano il rapporto che s’instaura fra ogni persona e il suo ambiente di vita, inteso come luogo che contiene gli elementi biologici, fisici e sociali, e le efferenze e le afferenze che si stabiliscono fra l’individuo e questa contestualità.
Ogni persona è influenzata dalla sua territorialità, intendendo con tale concetto tutto quello che fisicamente è posto al di fuori del proprio sé (Clayton, 2012) e, in ragione di questo, il reperimento del proprio benessere quotidiano passa, anche, attraverso una nuova prospettiva di vita, che ha il suo fondamento epistemico nell’ecosostenibilità.
La relazionalità che stabiliamo con il nostro ambiente è un riflesso dello schema cognitivo che possediamo relativamente a questo legame (Fornara e Manca, 2020). In altre parole, il rapporto con il nostro ambiente di vita obbedisce ad un algoritmo concettuale che fa parte della nostra mappa cognitiva e che si è strutturato nel corso degli anni mediante un processo di abituazione, derivante dalle routine comportamentali che ogni giorno mettiamo in atto nel nostro spazio di vita (Bonnes, Carrus e Passafaro, 2006).
Il rapporto che lega l’individuo al suo ambiente, oltre che dalla mappa cognitiva, dipende anche dal giudizio che ogni persona dà di esso e che deriva da una serie di elementi raccolti nella propria narrazione esistenziale. In accordo con Bonaiuto, Bilotta e Fornara (2004) le valutazioni che si esprimono su un ambiente possono essere di due tipi, ossia ci può essere una valutazione oggettiva, che è un’operazione tecnica fatta da esperti, e una valutazione soggettiva o ingenua, ad opera della persona comune.
La valutazione ingenua è un riverbero della relazionalità che l’individuo ha con il suo ambiente di vita. A formare questo giudizio concorrono alcune variabili soggettive, come le emozioni suscitate dall’architettura presente in quel contesto, i rapporti sociali che s’instaurano in quell’ambiente, la fruibilità dei servizi che esso offre e la sua sostenibilità ambientale. Dalla valutazione soggettiva discende il costrutto di soddisfazione residenziale, che ogni persona esprime sul luogo dove vive, elaborando i fattori che concorrono a formare il giudizio soggettivo (Fornara e Manca, 2020).
In aggiunta, la relazionalità dell’individuo con il proprio ambiente di vita è caratterizzata da altri due parametri, che sono l’attaccamento al luogo dove si vive e l’identità di luogo, che ogni persona sviluppa.
Il primo rappresenta la relazionalità affettiva che si articola fra l’individuo e il suo ambiente di vita quotidiano (Shumaker e Taylor, 1983). Laddove questo attaccamento è presente, il soggetto vede migliorare la qualità della propria vita: infatti, incrementa il benessere percepito, l’autostima e sono elicitati comportamenti ecosostenibili verso il proprio ambiente (Fornara e Manca, 2020).
L’identità di luogo è una parte dell’identità personale che ogni individuo ha e che deriva dai costrutti che egli sviluppa sul luogo dove abita e vive ed è in relazione con l’attaccamento che l’ambiente di vita elicita (Proshansky, Fabian e Kaminoff, 1983).
Uno dei bisogni dell’essere umano, che deriva dalla sua storia filogenetica, è quello di vivere a contatto della natura, con l’ambiente, cioè, che ha costituito l’habitat dei nostri progenitori (Eibl – Eibesfeldt, 2005). La natura ha un effetto rigenerante: di fatto, sembra che uno stato di malessere psicologico transitorio possa giovarsi del contatto con la natura, che elicita la nascita di emozioni positive, condotte altruistiche ed una migliore relazionalità con se stessi (Joye e van den Berg, 2018). Il “paradigma della restorativeness”, ovvero della rigenerazione psicologia offerta da un ambiente naturale ecosostenibile va perseguito come strada da praticare per ritrovare un nuovo rapporto con se stessi, con l’alterità e con l’ambiente di vita. Affinché questo possa accadere è necessario che ognuno di noi sviluppi quelli che sono stati definiti i “valori biosferici”, cioè valori prosociali che sono finalizzati al rispetto della natura e alla tutela ecosostenibile del proprio spazio di vita (Fornara e Manca, 2020).
In conclusione, in accordo con le indicazioni dell’Agenda ONU 2030, va perseguito nel prossimo futuro uno sviluppo sempre più orientato verso l’ecosostenibilità. Perché questo possa accadere è necessario ristrutturare il rapporto che l’uomo ha con il proprio ambiente di vita, sviluppando sempre più nelle coscienze collettive i valori prosociali biosferici. Ritrovare un nuovo rapporto con la natura e con il proprio ambiente di vita significa migliorare il proprio benessere quotidiano, attraverso il “paradigma della restorativeness”, che permette di rigenerarsi, favorendo la nascita di emozioni positive.