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Disturbi di personalità negli anziani: una rassegna su epidemiologia, valutazione e trattamento

Nella letteratura dell’ultimo ventennio è presente un gap significativo in merito alla ricerca sui disturbi di personalità negli anziani

Di Arianna Belloli

Pubblicato il 22 Lug. 2021

Nella letteratura dell’ultimo ventennio è presente un gap significativo in merito alla ricerca sui disturbi di personalità negli anziani (> 60 anni), in termini di: studi longitudinali, assenza di strumenti diagnostici adeguati all’età e trattamento; motivo per cui il seguente estratto si focalizza proprio sui dati relativi ai disturbi di personalità in questo target d’età specifico (Penders et al., 2020).

 

Disturbi di personalità negli anziani: prevalenza ed esiti del trattamento

La letteratura riporta una prevalenza significativa dei disturbi di personalità in età avanzata: uno dei più ampi studi condotti riferisce un tasso di prevalenza del 10,7% con almeno un disturbo di personalità. I tassi più alti sono stati riscontrati nel disturbo ossessivo-compulsivo di personalità (6,5%), seguito da quello paranoide (2,5%); mentre il disturbo di personalità dipendente (0,4%) e quello istrionico (0,8%) sono stati i meno prevalenti (Holzer & Huang, 2019). I disturbi di personalità negli anziani comportano un impatto significativo sulla qualità di vita: inficiano il funzionamento psicosociale e le relazioni interpersonali, in particolar modo la diade medico-paziente; aumentando il rischio di rifiuto del trattamento in ambito medico-ospedaliero, motivo per cui risulta ulteriormente doveroso prestare particolare attenzione ai disturbi di personalità negli anziani (Powers & Oltmanns, 2012). Gli esiti del trattamento dei disturbi di personalità in età avanzata risultano sempre essere meno promettenti, mentre i tassi di recidiva sono in costante aumento (Stevenson et al., 2011); motivo per cui risulta ancora più urgente disporre di strumenti validi e affidabili per facilitare ‘diagnosi precoci’ (Rossi et al., 2014). Prestare maggiore attenzione ai disturbi di personalità in età avanzata può consentire al clinico di implementare interventi specifici al fine di migliorare la qualità di vita e di soddisfare le esigenze peculiari di ciascun paziente; incrementando la compliance e riducendo il rischio di drop-out (Penders et al., 2016).

Diagnosi dei disturbi di personalità negli anziani

A differenza degli adulti più giovani (< 60 anni), sono, inoltre, disponibili pochi strumenti affidabili e validi per la diagnosi di disturbi di personalità negli anziani (Oltmanns et al., 2014). Oltre alla mancanza di aggiustamenti per l’età, molti questionari self-report e interviste semi-strutturate sono composti da elementi troppo complessi per il target d’età di riferimento, come ad esempio l’utilizzo di un linguaggio troppo astratto o l’uso di doppie negazioni (Debast et al., 2015). Dal 2015 è stato pubblicato solo uno studio (Videler et al., 2017) che esamina l’efficacia di un trattamento psicoterapico sui disturbi di personalità in un campione d’età avanzata: la terapia (Schema Therapy) è stata erogata ad otto pazienti in regime ambulatoriale con diagnosi di DP (cluster C). Dai risultati emerge una riduzione dei sintomi annessi al disturbi di personalità vissuti in maniera egodistonica e un incremento generale della qualità di vita. Al follow-up, i partecipanti non soddisfacevano più i criteri generali o specifici del cluster, motivo per cui è stata revocata la diagnosi di disturbi di personalità (Videler et al., 2017). Inoltre, la dimensione dell’effetto di tali risultati era elevata: dato in linea con il trattamento sui disturbi di personalità applicato ad adulti più giovani (Bamelis et al., 2014). Sebbene da tale studio siano emersi dati promettenti, i risultati non sono in alcun modo generalizzabili e predittivi dell’intera popolazione, considerata la ridotta numerosità campionaria (n= 8) e la focalizzazione su un unico cluster di DP. Quando si cerca di delineare l’intervento più appropriato per un anziano con disturbi di personalità, risulta opportuno non soltanto valutare i suoi bisogni, il livello di motivazione/compliance e gravità del disturbo, ma anche considerare il grado di limitazioni funzionali esercitato da eventuali comorbilità di natura somatica e cognitiva (Rosowsky et al., 2018). La ricerca attuale ha evidenziato che il trattamento dei disturbi di personalità negli anziani è ancora un tema scarsamente esplorato, probabilmente a causa di nichilismo terapeutico e scetticismo ingiustificati. La rilevanza clinica del tema è, invece, in costante aumento, considerando l’invecchiamento generale della popolazione globale; risulta, dunque, opportuno garantire al tema la dovuta attenzione clinica e scientifica (Penders et al., 2020). In tale direzione risulta fondamentale anche una diagnosi precoce del disturbo, in modo tale da: arginare il prima possibile le conseguenze avverse del disturbo di personalità, ridurre i costi economici e indirizzare il paziente all’intervento più idoneo; prevenendo ricoveri ospedalieri e riducendo al minimo il rischio di scarsa compliance. In conclusione è possibile affermare quanto sia rilevante e clinicamente utile una maggiore ricerca sul tema, al fine di garantire un miglioramento della qualità di vita ad un target di popolazione in cui il focus attentivo è tendenzialmente rivolto su altri aspetti.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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