In Affrontare il DOC si costruisce un dialogo immaginario tra un esperto che cammina a fianco del lettore invitandolo ad esplorare il suo disturbo, e un paziente che riempie gli spazi lasciati appositamente per lui nel testo con le sue personali esperienze, riflessioni e scoperte.
Questo agile volume collettaneo a cura di Paola Spera e Francesco Mancini, di circa 200 pagine realizzate in uno stile deliziosamente accessibile anche per i non addetti ai lavori, si presenta con la veste editoriale di una guida pratica per la comprensione e, soprattutto, per la cura del disturbo ossessivo compulsivo. In effetti, è facile prevedere che “Affrontare il disturbo ossessivo compulsivo” potrà rispondere sia alle esigenze dei terapeuti alla ricerca di uno strumento maneggevole che li aiuti con i pazienti affetti da DOC, sia andare incontro agli interessi di persone che conoscono per esperienza diretta questo disturbo, e ai loro familiari.
Il libro rivela una struttura semplice e solida; si procede per obiettivi dalla descrizione del disturbo, all’illustrazione del suo funzionamento prima in generale poi più nello specifico, alle strategie e tecniche di intervento sui vari aspetti del funzionamento ossessivo, con una pari attenzione alle procedure della terapia cognitiva standard e a quelle della cosiddetta “terza onda”. In ogni capitolo, vengono innanzitutto dichiarati gli intenti specifici e poi viene proposto un lavoro estremamente puntuale basato sull’uso di circa 120 schede.
Se ora, sulla base di questa sommaria descrizione, qualcuno stesse immaginando un libriccino dei compiti o un piccolo compendio di tecniche, il mio principale avvertimento al lettore è di non lasciarsi trarre in inganno, perché Spera, Mancini e i vari autori adottano un formato che ricorda i manuali di auto-aiuto come un espediente retorico: lungo tutta la trattazione, si costruisce un vivido dialogo immaginario tra un esperto che, rivolgendosi al lettore con un amichevole “tu”, cammina al suo fianco invitandolo ad esplorare il suo disturbo, e un paziente che riempie gli spazi lasciati appositamente per lui nel testo con le sue personali esperienze, le sue riflessioni, le sue scoperte.
Seguendo la traiettoria degli autori si intuisce che questo libro, dalle prospettive apparentemente molto concrete, prende posto in un disegno più ampio; infatti con la realizzazione de “La mente ossessiva” Mancini e i suoi puntavano ad un’opera sistematica basata su oltre 30 anni di studio e di ricerca fedele all’ottica cognitivista, in cui prima è stata individuata un’ipotesi di funzionamento all’origine del DOC, quindi si è messa alla prova empiricamente questa ipotesi, e infine si è predisposto un trattamento derivante da questa ipotesi. Nel caso di specie, l’ipotesi ormai nota è che i pazienti ossessivi non sappiano “attraversare la colpa”, che non riescano a tollerare la propria umana inevitabile fallacia di fronte a ciò che deve essere (la norma deontologica); come recita il Salmo 129 (Attesa del perdono e della salvezza): “se consideri le colpe o Signore, chi ti può resistere?”. Ecco, se con “La mente ossessiva” Mancini e il suo gruppo davano sostanza al noto aforisma di Kurt Lewin “niente è più pratico di una buona teoria”, con quest’altro Spera e Mancini chiudono il cerchio, dimostrando che niente è più teorico di una buona pratica.
Ai lettori non resterà che prendere posto in questo dialogo guidato; il terapeuta potrà accomodarsi sulla sedia dei massimi esperti di DOC in circolazione, e accogliere i propri pazienti sull’altra sedia. Il lettore che sente affine a sé la problematica ossessivo-compulsiva è invitato a sedere sulla sedia del paziente da casa propria, saggiando prudentemente il terreno come a volte è più congeniale a chi soffre di questo disturbo, e iniziare a considerare l’invito, ben più che implicito nel volume, a rivolgersi ad un esperto.