Il bel libro di Lacatena La polvere sotto al tappeto è dedicato al complesso mondo della tossicodipendenza.
Il volume ha un taglio sociologico ed ha il pregio di affrontare in modo ampio un tema molto complesso. L’autrice lavora da molti anni in ambito pubblico come dirigente del Dipartimento Dipendenze Patologiche di un’Asl pugliese ed ha già affrontato l’argomento in altri scritti.
Il libro è apprezzabile nel suo tentativo di avere una posizione non ideologica su un tema che, invece, è spesso vissuto con estremismi teorici e contrapposizioni che alla fine producono poco. Il testo è completato da alcuni inserti, a cura di autorevoli personaggi del mondo della cultura (regista, scrittore, cantanti) che suggeriscono la loro opinione sul tema “droga”, allargando la visuale su un fenomeno così complesso.
La premessa fondativa dell’opera è la convinzione che sia proibizionisti che antiproibizionisti risultino entrambi portatori di un estremismo incapace di un confronto reale. Tra queste due posizioni va rintracciata un’area trascurata di considerazioni che richiamano ad un aggiornamento del sapere fatto di storia, ricerca, innovazione, evoluzioni. Le organizzazioni criminali fiutano la ricchezza, la inseguono con sapiente determinazione; spesso sono in grado di produrre cambiamenti, orientare tendenze, indurre bisogni. Per certi aspetti, sembrano avere una lettura del fenomeno più adeguata di quanto riesca a fare lo stato.
Il principale affare per le criminalità, la complessità di uno dei fenomeni più articolati della storia dell’uomo non possono essere ridotti a una mera questione di leggi e sanzioni. L’universo che ruota attorno alla cessione degli stupefacenti è diffuso e assai complesso. È puramente illusorio credere che l’arresto, la detenzione o anche la sola minaccia della stessa possano rappresentare un deterrente efficace. Analogamente, anche la posizione antiproibizionista sembra non tener conto fino in fondo dei danni connessi al consumo di sostanze psicotrope, talvolta escludendo aprioristicamente la malattia. Nel nostro paese, in particolare, il confronto scientifico sul tema è ostacolato dall’effetto negativo decuplicato dall’insieme del sensazionalismo dei media, il moralismo diffuso nella collettività e l’immobilismo della classe politica.
Il libro parte dalla descrizione della situazione attuale, in Italia e nel mondo, in merito alla diffusione delle principali droghe. Successivamente sono descritte le strategie adottate per contrastare il fenomeno, a partire dal proibizionismo americano dello scorso secolo. Ampio spazio è dedicato poi alle normative legislative italiane sino a giungere al fenomeno della vendita on-line.
È affrontato anche il tema delle carceri, ove una percentuale altissima di detenuti (circa il 28% del totale) sono tossicodipendenti. Viene anche osservato come la stragrande maggioranza di essi siano detenuti per possesso a fini di spaccio e si tratta sostanzialmente di piccoli spacciatori, mentre sono pochissimi gli arresti dei grandi trafficanti.
Il libro prende posizione e suggerisce di assumere a modello l’esperienza portoghese. La differenza sostanziale tra la loro depenalizzazione e quella italiana, secondo l’autrice, è nel guardare a chi fa uso di droghe non come un criminale. Dunque, una depenalizzazione ma più ancora una decriminalizzazione del consumo personale. Il libro intende dichiaratamente perorare tale posizione, ispirandosi al modello portoghese che esprime la volontà di riportare la questione nel suo più corretto ambito, ossia quello socioculturale e sanitario.
Volendo fare una critica al testo, probabilmente manca un approfondimento del significato psicologico della tossicodipendenza e delle terapie psicoterapiche di maggior comprovata efficacia.
Ad esempio, si entra nello specifico di una nuova dipendenza, dedicando alcune pagine al nuovo fenomeno del binge watching (eccesso di ore trascorse davanti allo schermo televisivo), ma non si parla proprio della terapia familiare e del significato relazionale del comportamento degli adolescenti.
In ogni caso, un volume interessante che ha il merito di riproporre un dibattito che purtroppo nel nostro paese tende troppo spesso a essere circoscritto a pochi “addetti ai lavori”.