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Ascoltare la saggezza del corpo: cos’è il mindful eating. Recensione del libro “Mindful Eating – per riscoprire una sana e gioiosa relazione con il cibo”

Il volume Mindful eating racconta come applicare i principi della Mindfullness all’alimentazione per intervenire su un rapporto sbilanciato con il cibo

Di Chiara Niger

Pubblicato il 23 Giu. 2021

Molte delle soluzioni adottate per intervenire e risanare la relazione con il cibo non danno spesso i loro frutti, la soluzione potrebbe essere allora un cambiamento indotto dall’interno, come spiegato da Jan Chozen Bays in nel suo libro Mindful eating.

 

Il rapporto dell’essere umano con l’alimentazione è diventato negli ultimi anni sempre più complesso. Tale complessità si deve a una maggior varietà di cibi disponibili, ad una loro più facile reperibilità e ad un’attenzione a volte fin troppo eccessiva data all’alimentazione stessa: pubblicità, campagne di marketing (che ben conoscono il concetto di “fame della mente” e che sostengono la nostra preoccupazione per ciò che  “dovremmo” o “non dovremmo mangiare”), trasmissioni televisive… il cibo è diventato uno degli argomenti principali che si sono insinuati nella nostra mente al punto tale che alcune persone possono arrivare ad affermare di vivere per mangiare e non di mangiare per vivere. Diversi dati indicano però come la salute degli essere umani (soprattutto del mondo occidentale) sia minacciata da una serie di malattie legate proprio all’alimentazione sovrabbondante e ad un consumo eccessivo di certi alimenti. L’esempio più lampante è l’epidemia di obesità ormai conclamata sia tra i bambini che tra gli adulti.

Jan Chozen Bays vede nei “disturbi alimentari” o anche più semplicemente nel rapporto sbilanciato con il cibo, una “non necessaria forma di sofferenza”. Il rapporto tra l’essere umano e ciò che mangia non è più come quello che avevano i nostri antenati preistorici o come quello che hanno gli animali; infatti il problema di questa interazione disregolata non è il cibo. Il cibo è solo cibo. L’origine del problema, come afferma l’autrice, si trova in “una mente che pensa e in un cuore che sente”.

Molte delle soluzioni adottate per intervenire e risanare questa relazione non hanno dato e non danno spesso i loro frutti: diete di ogni genere, interventi chirurgici e quant’altro sono tutti cambiamenti che provengono  dall’esterno, così come dall’esterno vengono imposti i modelli a cui tendere. La mancata adesione a questi  stereotipi si può manifestare come insofferenza e insoddisfazione ossessiva e pervasiva.

La soluzione potrebbe essere allora un cambiamento indotto dall’interno. Imparare a prestare attenzione  intenzionalmente alle proprie sensazioni, al momento presente e fare tutto ciò in maniera gentile e non  giudicante. In poche parole applicare i principi della Mindfullness all’alimentazione. In realtà per comprendere quale possa essere un sano modo di alimentarsi basta osservare come mangiano i bambini. Da piccoli infatti siamo in grado di autoregolarci, di seguire i segnali che ci manda il nostro corpo e di mangiare lentamente. Purtroppo questa naturale capacità viene persa a causa di influenze esterne come l’ansia dei genitori (“devi finire tutto quello che hai nel piatto”), dalle pubblicità che inducono alla scelta di determinati cibi, dal conteggio delle calorie da assumere e dai modelli imposti.

L’atto di mangiare è guidato da impulsi diversi e da diversi tipi di fame. Non esiste solo la fame fisiologica ma  molto spesso siamo noi che reagiamo ad una certa sensazione, mangiando. L’autrice ci presenta dunque i 9  tipi di fame: la fame degli occhi, del tatto, delle orecchie, del naso, della bocca, dello stomaco, la fame  cellulare, la fame della mente e la fame del cuore. È importantissimo riuscire a valutare e a riconoscere ognuna di esse; anche il solo chiederci “chi è che là dentro ha fame?” ci consente di fermarci, prestare attenzione, rallentare e capire come soddisfare quel determinato tipo di fame. La fame del cuore, quando  riconosciuta, non potrà mai essere soddisfatta dal cibo. Spesso quel buco allo stomaco che tentiamo di colmare è solo un dolore del cuore che ha bisogno di ben altro per essere curato.

Nel libro si trovano molti consigli, molte tecniche ed è difficile non riconoscersi in almeno uno dei comportamenti legati all’alimentazione che vengono presentati. Ma la cosa forse più bella di questo approccio è il non demonizzare: nessun cibo è da evitare, nessun comportamento è sbagliato. La cosa fondamentale da apprendere è semplicemente essere consapevoli. Una cosa all’apparenza così banale e che invece, provando a metterla in atto, è così difficile. Ma già semplicemente riuscire a portare alla luce un comportamento automatico è l’inizio di un cambiamento. Magari lo metteremo in atto lo stesso ma non avrà più la stessa portata. Sono dei piccoli passi, dei piccoli cambiamenti intermittenti che però possono avere un grande impatto e portare con calma e pazienza al raggiungimento di un benessere maggiore. Ricordandoci sempre che ognuno di noi ha un suo percorso, una sua relazione con il cibo, unica, e che ciò che può essere valido e di aiuto per una persona può non esserlo per qualcun altro. L’obiettivo comune è sicuramente quello di avere rispetto per se stessi e imparare ad ascoltare e a zittire, quando necessario, quelle tre vocine che troppo spesso, quando diventano potenti e crudeli, cercano di distruggerci: il perfezionista interiore, l’istigatore interiore e il critico interiore.

L’importanza del momento presente è uno dei principi cardine della Mindfulness. Un’interessante ricerca  pubblicata su Science, ci dice che una mente vagante è una mente infelice. Se da un lato la capacità solo umana di poter spaziare tra il passato e la prospettiva futura ha fatto progredire il ragionamento, la  pianificazione e la progettualità, dall’altro ha reso la mente umana sempre più inquieta. L’ossessione per il  passato e il futuro, ci rendono incapaci di vivere il momento presente perché troppo distratti e impegnati a  raggiungere un ideale immaginario spesso fondato su desideri non meglio esaminati ma soprattutto propinati  e imposti dall’esterno. L’inconsapevolezza ci può far perdere tutto ciò che di bello e di significativo c’è nella nostra vita arrivando ad essere addirittura letale. Pertanto risulta essenziale imparare a coltivare la  consapevolezza.

L’uso stesso del termine “coltivare” indica che questa capacità, che in realtà noi abbiamo già a disposizione,  non è però già matura, onnipresente e in grado di esprimersi con immediatezza. Come tutte le abilità va, per  l’appunto, coltivata, allenata, accudita, tramite la pratica, la pazienza, l’accettazione e la gentilezza. Quando la nostra mente lavora in sintonia con il nostro corpo, siamo più in contatto con esso perché gli prestiamo sistematicamente attenzione, acquistiamo la capacità di capire quello che ci vuole comunicare e di rispondere in maniera appropriata.

Sospendere il giudizio e gli automatismi, porre attenzione al nostro benessere e avere più rispetto per il nostro corpo, sono tutti ingredienti per una maggiore consapevolezza.

La consapevolezza è il punto di partenza per un percorso che porta ad avere la possibilità di scelta. Avere questo privilegio ci regala la libertà.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Bays J. C. (2021). Mindful Eating – per riscoprire una sana e gioiosa relazione con il cibo.
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