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Credenze metacognitive e avversità infantili: una panoramica della letteratura – SURVEY ONLINE

E' possibile che le credenze metacognitive abbiano un ruolo nel mediare il legame tra avversità infantili e disturbi psicologici?

Di Cinzia Marcuzzo, Chiara Prezza, Elisa Sabbadin, Nicole Tresso

Pubblicato il 07 Giu. 2021

La metacognizione può essere definita come la capacità di riflettere sui propri stati mentali.

 

Adrian Wells da anni si occupa di studiare la metacognizione e ha proposto un particolare modello, il Modello dell’Autoregolazione delle Funzioni Esecutive (Self-Regulatory Executive Function model, S-REF) attraverso il quale vengono delineati i fattori cognitivi e metacognitivi coinvolti nell’eziologia e nel mantenimento dei disturbi emotivi (Myers & Wells, 2015).

Il prolungamento dell’attivazione della S-REF darebbe origine alla sindrome cognitivo-attenzionale (CAS). Il CAS consiste in una particolare forma di pensiero ripetitivo e perseverante, caratterizzata da rimuginio, ruminazione, monitoraggio di stimoli minacciosi e strategie di coping controproducenti. Secondo il modello S-REF i disturbi psicologici dipenderebbero proprio dal CAS (Wells & Matthews, 1996). Generalmente, a tutte le persone capitano dei periodi caratterizzati da emozioni negative, tuttavia tali periodi sono saltuari e limitati nel tempo. Quando, invece, il CAS viene attivato, il soggetto si trova invischiato in una spirale in cui le emozioni negative si mantengono e le idee negative vengono rinforzate. Per il CAS risultano rilevanti due tipologie di credenze metacognitive: le metacredenze positive che si riferiscono all’utilità del preoccuparsi e del ruminare (rimuginio e ruminazione vengono utilizzate come strategie di coping); le metacredenze negative che riguardano, invece, l’incontrollabilità e la pericolosità dei pensieri e delle emozioni (Wells, p. 11, 2012).

La metacognizione si sviluppa durante l’infanzia o l’adolescenza (Schneider, 2008) e potrebbe essere influenzata da esperienze vissute nell’ambiente familiare come le esperienze di attaccamento (Malik, Wells e Wittkowski, 2015), lo stile genitoriale (Spada et al., 2012) e lo stile metacognitivo dei genitori (Esbjørn, Normann, Lønfeldt, Tolstrup e Reinholdt-Dunne, 2016).

Una overview della letteratura condotta dal gruppo di ricerca di Studi Cognitivi (Mansueto, Caselli, Ruggiero e Sassaroli, 2019) ha evidenziato che:

  • l’esposizione all’abuso o all’abbandono infantile sembra essere associata a convinzioni metacognitive disfunzionali in età adulta;
  • in soggetti adulti sia sani che clinici, le credenze metacognitive sembrano mediare l’associazione tra le avversità infantili e il pensiero ripetitivo ed emozioni negative.

Questi risultati sono in linea con il modello S-REF il quale ipotizza che l’angoscia, causata da avversità infantili, potrebbe generare convinzioni metacognitive disfunzionali e quindi attivare il CAS, predisponendo alla vulnerabilità emotiva. Di conseguenza, le credenze metacognitive potrebbero avere un ruolo nel mediare il legame tra avversità infantili e disturbi psicologici (Mansueto et al., 2019).

In particolare, si può ipotizzare che le avversità infantili potrebbero essere più frequentemente associate a credenze negative relative all’incontrollabilità e alla pericolosità dei pensieri. All’inizio il CAS è attivato da convinzioni metacognitive positive, che non sono di per sé problematiche e che sono esperienza comune a tutte le persone (Myers & Wells, 2015). Tuttavia, quando il CAS risulta attivato per un tempo prolungato senza una riduzione dell’angoscia, le persone si trovano in difficoltà nello sviluppare una strategia flessibile per la regolazione delle proprie emozioni e ciò potrebbe portare allo sviluppo di credenze metacognitive negative circa l’assenza di controllo sui propri pensieri (Wells, 2012).

La relazione tra avversità ambientali e vulnerabilità emotiva rappresenta un interessante tema di ricerca. Il presente studio si propone di esplorare la relazione tra avversità ambientali e disturbi emotivi.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Bernstein, D. P., Stein, J. A., Newcomb, M. D., Walker, E., Pogge, D., Ahluvalia, T., ... & Zule, W. (2003). Development and validation of a brief screening version of the Childhood Trauma Questionnaire. Child abuse & neglect, 27(2), 169-190.
  • Esbjørn, B. H., Normann, N., Lønfeldt, N. N., Tolstrup, M., & Reinholdt-Dunne, M. L. (2016). Exploring the relationships between maternal and child metacognitions and child anxiety. Scandinavian Journal of Psychology, 57, 201–206.
  • Liotti, G., & Farina, B. (2011). Sviluppi traumatici. Eziopatogenesi, clinica e terapia della dimensione dissociativa. Milan, Italy: Cortina Raffaello.
  • Malik, S., Wells, A., & Wittkowski, A. (2015). Emotion regulation as a mediator in the relationship between attachment and depressive symptomatology: A systematic review. Journal of Affective Disorders, 172, 428–444.
  • Mansueto, G., Caselli, G., Ruggiero, M. G., & Sassaroli, S. (2019). Metacognitive beliefs and childhood adversities: an overview of the literature. Psychology, Health & Medicine, 24:5, 542-550.
  • McLaughlin, K. A., Green, J. G., Gruber, M. J., Sampson, N. A., Zaslavsky, A. M., & Kessler, R. C. (2012). Childhood adversities and first onset of psychiatric disorders in a national sample of US adolescents. Archives of general psychiatry, 69(11), 1151-1160.
  • Myers, S. G., & Wells, A. (2015). Early trauma, negative affect, and anxious attachment: The role of metacognition. Anxiety, Stress, & Coping, 28, 634–649.
  • Schneider, W. (2008). The development of metacognitive knowledge in children and adolescents: Major trends and implications for education. Mind, Brain, and Education, 2, 114–121.
  • Wells, A. (2012). Terapia metacognitiva dei disturbi d’ansia e della depressione. (p. 11). Trento: Erickson.
  • Wells, A., & Matthews, G. (1994). Attention and emotion: A clinical perspective. Hove, UK: Erlbaum.
  • Wells, A., & Matthews, G. (1996). Modelling cognition in emotional disorder: The S-REF model. Behaviour Research and Therapy, 34, 881–888.
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