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La Mantide Penitente

Il potenziale della comunicazione persuasiva è enorme, lo si evince dagli investimenti sempre crescenti in molti campi come quello politico o dello sport.

Di Stefano Palmieri

Pubblicato il 14 Giu. 2021

Quanto gli effetti della comunicazione persuasiva possono essere pervasivi nella vita personale di ogni individuo, tanto da condizionarne le scelte più intime e decisive per la propria esistenza?

 

 Da quando nel 1929 Edward Louis Bernays ha pubblicato la sua celebre opera Propaganda, lo studio della comunicazione persuasiva ha subito una sempre maggiore importanza in diversi campi della vita socio-politica ed economica del nostro tempo.

Bernays fu uno dei primi a sviluppare metodi per utilizzare la psicologia del subconscio al fine di orientare l’opinione pubblica. Alle sue intuizioni seguono importanti pubblicazioni sull’argomento tra le quali I Persuasori Occulti del 1957 di Vance Packard; Le Armi della Persuasione del 1984 di Robert Cialdini, proseguendo con l’enorme produzione sperimentale ad opera della Scuola di Palo Alto fino a giungere alle più moderne pubblicazioni a carattere scientifico rese possibili dallo sviluppo delle Neuroscienze.

Il potenziale della comunicazione persuasiva è enorme, lo si evince dagli investimenti sempre crescenti in campo politico, nel marketing e nello sport, per citare solo alcune macro-aree.

L’osservazione di questo fenomeno invita ad una riflessione: quanto gli effetti della comunicazione persuasiva possono essere pervasivi nella vita personale di ogni individuo, tanto da condizionarne le scelte più intime e decisive per la propria esistenza?

Nello studio pubblicato su PNAS, condotto con l’Università della California e la Cornell, si definisce il cosiddetto “contagio emotivo“ nell’era dei social media, ossia quel processo con cui è possibile “indurre le persone a provare emozioni a loro insaputa”, scrivono gli autori (Experimental Evidence of Massive-Scale Emotional Contagion Through Social Networks; Adam D. I. Kramer, Jamie E. Guillory, and Jeffrey T. Hancock; 2014; PNAS).

Lo studio è avvenuto tramite la manipolazione dell’algoritmo del News Feed di Facebook, coinvolgendo i profili di 689 mila persone. Lo studio ha dimostrato che è possibile influenzare l’umore dell’utente in senso positivo o negativo, per esempio è possibile indurre in un gruppo di persone target una emozione di tristezza diffusa.

 Gli effetti delle alterazioni del tono dell’umore in psicologia sono note: le variazione verso il cattivo umore possono interessare e influenzare negativamente molteplici aspetti della vita di un individuo, portando alla comparsa di un senso di malessere generalizzato.

Quando il cattivo umore perdura per diverso tempo, la vita sentimentale, sociale e quella lavorativa possono risentirne, al punto che la persona può sviluppare stati ansiosi o fenomeni depressivi.

Questo esempio (non è l’unico possibile) dimostra come una comunicazione persuasiva che sia stata attivata con un determinato obiettivo possa ripercuotersi (fuori da ogni previsione) su dimensioni intime e private della persona (target del messaggio) condizionandone le scelte e compromettendone il grado di libertà.

Numerosi hanno sollevato dubbi di tipo etico rispetto all’esperimento citato, io sono dell’avviso che tali dubbi andrebbero estesi all’intero sistema di comunicazione persuasiva di cui stiamo trattando.

Dico questo perché tale sistema si basa su una asimmetria di conoscenza nel campo della comunicazione che vede da un lato i «tecnici» del settore e dall’altro il grande pubblico destinatario del messaggio.

Tale asimmetria riduce in modo consistente la capacità critica della persona destinataria, che non dispone degli strumenti tecnici ed esperienziali necessari sia per valutare le reali intenzioni di chi produce il messaggio, sia per codificare correttamente il contenuto.

Viste le precedenti considerazioni, emerge un ennesimo interrogativo: Come ridurre l’impatto pervasivo che la comunicazione persuasiva comporta sul grande pubblico?

A mio avviso occorre puntare su processi formativi che riducano quella asimmetria di conoscenza citata. Pertanto mi chiedo se sia giunto il tempo di aprire una discussione sulla possibilità che la comunicazione (nella sua accezione più completa) diventi materia di studio non integrativa ma fondamentale nei cicli di istruzione primari, al fine di

sviluppare le dimensioni cognitive, emotive, affettive, sociali, corporee, etiche e religiose e di acquisire i saperi irrinunciabili

così come recitano le guida del Ministero dell’Istruzione (Indicazioni nazionali e nuovi scenari. 2018):

l’acquisizione delle conoscenze e delle abilità fondamentali per sviluppare le competenze culturali di base nella prospettiva del pieno sviluppo della persona. La scuola primaria mira all’acquisizione degli apprendimenti di base come primo esercizio dei diritti costituzionali. Alle bambine e ai bambini che la frequentano offre l’opportunità di sviluppare le dimensioni cognitive, emotive, affettive, sociali, corporee, etiche e religiose e di acquisire i saperi irrinunciabili. Attraverso le conoscenze e i linguaggi caratteristici di ciascuna disciplina, la scuola primaria pone le premesse per lo sviluppo del pensiero riflessivo e critico necessario per diventare cittadini consapevoli e responsabili.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Edward Louis Bernays (1929) Propaganda;
  • Vance Packard (1957)  I Persuasori Occulti;
  • Robert Cialdini (1984) Le Armi della Persuasione;
  • Adam D. I. Kramer, Jamie E. Guillory, and Jeffrey T. Hancock. (2014). Experimental Evidence of Massive-Scale
  • Emotional Contagion Through Social Networks. PNAS
  • Indicazioni nazionali e nuovi scenari (22 febbraio 2018). Documento a cura del Comitato Scientifico Nazionale per le Indicazioni Nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione
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