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Mental (2020): una serie tv sui disturbi psichiatrici fra gli adolescenti – Recensione

La serie tv "Mental" si compone di otto episodi in cui sono rappresentate le esperienze di quattro ragazzi in una clinica psichiatrica. 

Di Annalisa Ortolani

Pubblicato il 12 Mag. 2021

La serie tv Mental nasce con il proposito di abbattere lo stigma che purtroppo ancora oggi aleggia sui disturbi della salute mentale, per far sì che sempre meno persone debbano sentirsi “rotte”, rifiutate e incomprese.

 

 A dicembre 2020 è uscita su RaiPlay la serie tv Mental, prodotta da Rai Fiction in collaborazione con Stand by Me, basata sul format finlandese Sekasin. La versione italiana si avvale della consulenza della dottoressa Paola De Rose, dell’Unità di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù, in modo da poter basare le vicende raccontate su storie reali. Si tratta, infatti, di una serie di otto episodi in cui sono rappresentate le esperienze di quattro ragazzi in una clinica psichiatrica.

La prima con cui facciamo conoscenza è Nico (Greta Esposito), detta il Pesce dai compagni di scuola che la tormentano perché se ne sta sempre in disparte e non parla mai. La vediamo da subito alle prese con forti attacchi d’ansia e allucinazioni che la porteranno, appunto, ad essere ricoverata con una diagnosi di schizofrenia. Nella clinica Nico stringe amicizia con la sua compagna di stanza, Emma (Federica Pagliaroli), la quale nasconde la sua anoressia nervosa e i segni sul corpo, dovuti a frequenti atti di autolesionismo, dietro una maschera di colori vivaci, a partire dai capelli rosa. Attraverso il personaggio di Emma vengono indagate le dinamiche tra adolescenti e social, tra vita reale e vita virtuale. Emma ha infatti una vera e propria dipendenza dal suo cellulare e dal mondo che in esso è contenuto: un posto dove può scegliere cosa mostrare e come mostrarsi, dove può fingere con gli altri e con se stessa di essere un’adolescente come tutte le altre, la ragazza spensierata che ama a tal punto il proprio corpo da insegnare agli altri come valorizzarlo con tutorial di make-up ed osare, addirittura, immortalarlo in atteggiamenti provocanti, con conseguenze che si riveleranno poi catastrofiche.

La componente maschile della serie è invece rappresentata da Michele (Romano Reggiani) e Daniel (Cosimo Longo), l’uno proveniente da una casa-famiglia, alle prese con un problema di tossicodipendenza, l’altro con un disturbo bipolare e l’ossessione di essere trattenuto nella clinica senza alcun motivo, nella convinzione di essere assolutamente in salute. La clinica è vista e vissuta attraverso i loro occhi: dalla difficoltà di essere tagliati fuori dalle vite dei loro coetanei, a quella di assumere farmaci che rendono faticoso restare ancorati al mondo reale; dalla lotta contro medici e infermieri che li vogliono tenere lontani dai loro consueti mezzi di autodistruzione, alla lotta con se stessi per provare a non perdersi, giorno dopo giorno.

 Di grande importanza è lo spazio dato alla rappresentazione dei familiari: spesso assenti, distaccati, incapaci di comprendere la condizione dei figli e, in alcuni casi, complici di comportamenti disfunzionali che stanno alla base del disagio adolescenziale. Pur con la consapevolezza che molti atteggiamenti sono involontari e che andrebbero a loro volta indagati, risulta abbastanza evidente quanto troppo spesso il ruolo genitoriale non sia svolto in modo adeguato o non sia preparato ad affrontare situazioni di difficoltà. Altro elemento di interesse consiste nella raffigurazione del personale della clinica: non individui immuni dal dolore e dalla sofferenza per il solo fatto di essere esperti in materia, ma persone a tutti gli effetti, con le proprie fragilità e le proprie dinamiche familiari, a testimonianza del fatto che siamo tutti esseri umani.

L’immagine forte che resta dopo la visione di questa serie tv è quella di un gruppo di ragazzi che trovano l’uno nell’altro la forza per andare avanti, il coraggio per sognare ancora una vita diversa, l’appoggio e il sostegno familiare che nessuno, prima, era stato in grado di fornire loro. Come dice Nico,

un giorno trovi qualcuno che non ha paura di prendersi la tua malattia perché è già rotto come te, sono gli unici che ti capiscono perché per gli altri tanto è tutta colpa tua, allora devi trovare il modo per non lasciarli mai, farli diventare la tua realtà.

Mental nasce con il proposito di abbattere lo stigma che purtroppo ancora oggi aleggia sui disturbi della salute mentale, per far sì che sempre meno persone debbano sentirsi “rotte”, rifiutate e incomprese. Per questo motivo la serie tv è stata accompagnata da una campagna social che ha visto protagonisti gli hashtag #davicinonessunoènormale (da una frase di Franco Basaglia, fautore della chiusura dei manicomi), #fuoridime (dall’omonima canzone di Coez, presente nella colonna sonora della serie), #èoknonessereok e #mental.

 

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