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L’integrazione delle numerose parti di una donna e di una madre – Moms, una rubrica su maternità e genitorialità

L'amore per la famiglia, il bisogno di realizzarsi e il bisogno di una stabilità economica si intrecciano e la dicotomia madre-donna tende a realizzarsi

Di Eleonora Damiani

Pubblicato il 05 Mag. 2021

Come ogni avventura, anche la Rubrica Moms sta volgendo al termine, o almeno la prima serie. Quest’ultimo episodio si propone di valorizzare l’integrazione tra i diversi aspetti che appartengono ad ogni donna e madre.

Moms – (Nr.14) L’integrazione delle numerose parti di una donna e di una madre

 

Carl A. Withaker (1989) in Danzando con la famiglia dice: “Soltanto gli adulti più infantili prendono se stessi troppo seriamente.” Spesso capita ai genitori di dicotomizzarsi, ovvero di credere di poter settorializzare la propria vita. Dovendo gestire casa, lavoro, figli, vita coniugale, sociale e altro, madre e padre, oberati spesso da un carico molto pesante, possono rischiare di convincersi che sia meglio vivere come dei computer. L’effetto collaterale di essere un computer è pensarsi disumani come il computer stesso. Se questo strumento ha come pregio la capacità di poter mantenere sotto controllo compartimenti e differenze, l’essere umano è un agglomerato di emozioni, pensieri e vissuti che non gli permettono di scindere realmente le diverse esperienze a cui va incontro.

Nell’ultimo episodio di Workin’ Moms, troviamo la protagonista Kate Foster al bivio tra la carriera e il bisogno di tornare nella sua città per abbracciare il figlio ricoverato in ospedale. In una società come quella odierna è difficile riuscire a gestire tutto, travolti dalla frenesia della rapidità e dalle richieste pressanti dall’esterno. L’amore per la famiglia, il bisogno di realizzarsi in campo lavorativo e il bisogno di garantire una stabilità economica si intrecciano, così più le sfere sono collegate e più la dicotomia tende protettivamente a realizzarsi.

Kate rappresenta qui ogni donna che deve combattere per mantenere il lavoro, nonostante l’umana apprensione per le condizioni del figlio. Il suo capo le dice: “Chiunque può essere una madre Kate. Andare in ospedale allevierà la tua colpa, ma pensa a cosa perderesti.” Per quanto una persona possa essere capace nella professione, questo non la renderà la detentrice della patente di vita di nessun’altra se non di se stessa. Troppe volte capita che altri vengano idealizzati, in nome di una maggiore esperienza, seppure questi non abbiano mai indossato scarpe che non gli appartengono. E più idealizziamo gli altri e più la tendenza dicotomica aumenta, credendo di poter far tacere il bisogno di abbracciare il proprio figlio quando sta male davanti ad una pila di lavoro da fare.

Quando ci perdoneremo per non essere perfette? Anzi quando sapremo valorizzare la fusione di tutto quello che siamo come creatrice della nostra meravigliosa imperfezione?

Durante gli episodi della serie abbiamo avuto modo di conoscere donne così coraggiose da riuscire a scegliere se dare o meno alla luce un figlio, a mostrare le proprie vulnerabilità, a fare i conti con le proprie pulsioni più umane, a trovare del tempo da dedicarsi fino a rendere possibile l’integrazione di queste e molte altre componenti.

Kate Foster ci insegna che non è possibile separare vita privata e lavoro, non dentro di noi, perché entrambe, pur essendo sfere apparentemente differenti, ci appartengono. Questo significa che a volte dovremo rinunciare a qualcosa e che forse non otterremo quel che ci aspettiamo da noi stesse, ma che in fondo staremo dando molto più di quel che credevamo con un tocco più umano.

Essere madre al giorno d’oggi è una sfida continua con se stesse e con un vissuto culturale complesso che spesso pretende una dicotomia, laddove l’umanità abbassa i livelli di produzione e la competizione è freddamente disumana.

Per quanto la realtà spesso rappresenti un ostacolo, ogni donna ascoltandosi può trovare la strada che sente appartenerle, al fine di poter scegliere ed integrare gli aspetti che sente come propri.

Il mio consiglio per tutte le donne e per tutte le madri, lavoratrici e non, è di scegliere di brillare di luce propria, perché ognuna a modo suo ne è dotata, ed è proprio la differenza di colorazione e di gradazione che rende un bagliore distinguibile rispetto ad un altro.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Whitaker C. A. (1989). Danzando con la famiglia, Astrolabio.
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