A seguito della pandemia del COVID-19, i ricercatori di tutto il mondo hanno unito le loro forze collaborando per lo sviluppo di un vaccino contro il virus.
La presenza del vaccino in sé tuttavia non garantisce la fine della pandemia fino a che una quantità sufficiente di persone non verrà vaccinata per raggiungere l’immunità. L’accettazione del vaccino da parte dei cittadini quindi sembra avere un ruolo decisivo nel successo del controllo della pandemia, e per contro lo sforzo della comunità scientifica può essere ostacolato da una diffusa esitazione vaccinale che può arrivare fino al rifiuto vero e proprio del vaccino (Sallam, 2021). L’esitazione vaccinale, ovvero l’atteggiamento di dubbio, diffidenza o riluttanza verso i vaccini è stata dichiarata nel 2019 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità una delle dieci gravi minacce alla salute globale (OMS, 2019).
Da quali fattori dunque dipende l’esitazione vaccinale? Alcuni ricercatori hanno indagato sul ruolo del rischio percepito di COVID-19, (cioè la probabilità percepita di infezione, la gravità della malattia percepita e la preoccupazione legata alla malattia) nel predire l’intenzione di accettare un vaccino. In Italia uno studio condotto dall’Università di Padova e dall’Università di Ferrara ha coinvolto 2.267 persone (69,9% femmine, età media 38,1 anni) nel periodo tra febbraio e fine giugno del 2020, analizzando la posizione degli intervistati prima, durante e dopo il primo lockdown. Il 40% degli intervistati ha espresso l’intenzione di accettare il vaccino contro il Covid-19 senza alcuna esitazione, mentre il 60% ha espresso un grado di esitazione variabile. I risultati hanno indicato che durante la fase del lockdown, fase in cui la percezione del rischio COVID-19 era maggiore, le persone erano più intenzionate a vaccinarsi contro la malattia, per tornare successivamente ad un aumento di esitazione nella fase di riapertura (Caserotti et al., 2021). In Finlandia, sono stati intervistate 2355 persone e circa il 75% del campione ha riferito che farebbe il vaccino se fosse disponibile e ciò fosse raccomandato dalle autorità. Gli intervistati che percepivano la malattia come grave erano anche più intenzionati a vaccinarsi, rispetto a quelli che consideravano il COVID-19 come una malattia lieve e spesso percepivano anche il vaccino come non sicuro (Karlsson et al., 2021).
Il rischio percepito di COVID-19 è emerso anche durante un’altra ricerca effettuata in Francia: nel luglio del 2020 è stato selezionato, per partecipare ad un sondaggio online, un panel di adulti di età compresa tra i 18 e i 64 anni che non avevano riscontrato il COVID-19. All’indagine hanno risposto 1.942 soggetti, e quasi il 30% ha optato per la non vaccinazione, mentre una percentuale analoga di persone ha mostrato esitazione vaccinale legata alle caratteristiche del vaccino (efficacia, effetti collaterali, luogo di produzione). Sia il rifiuto assoluto sia l’esitazione vaccinale erano entrambi significativamente associati al sesso femminile, all’età, ad un basso livello di istruzione, ad una scarsa osservanza delle vaccinazioni raccomandate in passato ed a una minore gravità percepita del COVID-19. L’esitazione vaccinale era più bassa negli individui lavoratori rispetto a quelli non lavoratori ed in quelli che avevano sviluppato dei sintomi o conoscevano qualcuno che si era ammalato di COVID-19 (Schwarzinger et al., 2021).
Un’altra recente ricerca effettuata a livello nazionale in Irlanda e Regno Unito, ha indicato che l’esitazione/resistenza al vaccino era evidente per il 35% e il 31% di queste popolazioni rispettivamente ed era associata alla fonte delle informazioni sanitarie ricevute per il vaccino. Gli intervistati esitanti/resistenti al vaccino differivano su un numero di variabili sociodemografiche e relative alla salute, ma in entrambe le popolazioni i resistenti al vaccino COVID-19 avevano molta meno fiducia nelle informazioni diffuse dai media tradizionali (giornali, trasmissioni televisive e radiofoniche), dal loro medico, dagli operatori sanitari o dalle agenzie governative, mentre ricevevano significativamente più informazioni dai social media. Esitazione/resistenza al vaccino è stata anche associata a credenze cospiratorie, religiose e paranoiche (Murphy et al., 2021). Le credenze cospiratorie sull’origine del COVID-19 sono state confermate anche da un sondaggio online nel Regno Unito ed in Turchia durante il quale è emerso anche che diversi predittori comportamentali e demografici come l’ansia, la percezione del rischio, i livelli di soddisfazione del governo influenzano l’esitazione vaccinale. In tutto, il 31% dei partecipanti in Turchia e il 14% nel Regno Unito non erano sicuri di farsi vaccinare ed in entrambi i paesi il 3% dei partecipanti ha rifiutato di essere vaccinato (Salali & Uysal, 2020).
I ricercatori concordano che informazioni sanitarie ottenute da fonti come Internet e le piattaforme dei social media alimentano l’esitazione vaccinale (Puri et al., 2020). A differenza dei media tradizionali, i social media permettono agli individui di creare e condividere rapidamente contenuti a livello globale senza supervisione editoriale. In risposta alla disinformazione sul COVID-19, una serie di aziende di social media hanno prodotto congiuntamente delle azioni per combattere la “disinformazione sul virus”. Pinterest, per esempio, ha reindirizzato le ricerche relative ai vaccini ad una piccola serie di risultati selezionati da organizzazioni di salute pubblica, tra cui l’OMS. Facebook sta cercando di “affrontare la disinformazione sui vaccini riducendone la distribuzione e fornendo alle persone informazioni autorevoli sull’argomento”. Negli Stati Uniti, Twitter ha collaborato con il Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani per collegare le parole chiave associate ai vaccini al sito ufficiale del governo e sta implementando strumenti per etichettare o rimuovere i tweet contenenti informazioni fuorvianti (Puri et al., 2020).
Il lavoro futuro in questo campo dovrebbe concentrarsi sullo sviluppo e sull’analisi di strategie comunicative efficaci per favorire l’accettazione del vaccino e promuovere l’alfabetizzazione sanitaria basata sull’evidenza scientifica.