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Il cambiamento nel tempo: memoria e personalità

Stephan e colleghi (2019) hanno esaminato l'associazione tra memoria e tratti di personalità effettuando delle misurazioni in un arco di tempo

Di Tatiana Pasino

Pubblicato il 12 Apr. 2021

Aggiornato il 16 Apr. 2021 13:24

L’identificazione della comprensione dei fattori che modellano la funzione della memoria con l’invecchiamento ha un’ importanza cruciale per la salute e il benessere (Stephan et al., 2019).

 

La teoria dei Big Five (McCrae & Costa, 1986) è una tassonomia dei tratti di personalità, nata dalle basi teoriche dell’approccio fattoriale proposto da Hans Eysenck (1990) e dalla teoria della sedimentazione linguistica elaborata da Raymond Cattell (1970). Eysenck (1990), con il termine tratti, evidenziò quelle caratteristiche della personalità che influenzano il comportamento umano in modo stabile (Fiore, 2016). Secondo Cattell (1970), i tratti primari della personalità sarebbero 16 (ad esempio, “distaccato-freddo”, “rigido-depresso”, “fiducioso-tollerante”, “dipendente-imitativo” etc.) (Fiore, 2016). McCrae & Costa (1986) postularono cinque dimensioni di personalità utilizzando delle parole che fanno riferimento alle differenze individuali delle persone, partendo da studi psicolessicali secondo cui l’essere umano ha l’esigenza di comunicare le esperienze significative nella comunità (Di Blas, 2002). Nello specifico, le dimensioni definite nelle versioni italiane (Caprara, Barbaranelli & Borgogni, 1993) sono:

  • “Estroversione” come polo positivo tendente a comportamenti prosociali, opposto all’”Introversione”, definita come la “tendenza ad esser presi più dal proprio mondo interno che quello esterno” (Fiore, 2016);
  • “Amicalità” o “Gradevolezza” come polo positivo includente tendenze empatiche ed altruistiche e con un polo negativo (“Sgradevolezza”) tendente all’ostilità e all’indifferenza;
  • “Coscienziosità” come polo positivo con tendenze perseveranti e scrupolose, polo opposto alla “Negligenza”;
  • “Stabilità emotiva” che include il controllo di impulsi ed emozioni, con un polo negativo tendente ad un disequilibrio tra le parti (“Nevroticismo”);
  • “Apertura mentale” come polo positivo con tendenze propositive a nuove conoscenze o nuove esperienze, l’opposto della “Chiusura mentale”.

La compromissione della memoria prevede il declino funzionale (Hooghiemstra et al., 2017), un maggior rischio di demenza (Aggarwal, Wilson & Beck, 2005) e una mortalità precoce (Batty et al., 2016). L’identificazione della comprensione dei fattori che modellano la funzione della memoria con l’invecchiamento ha un’ importanza cruciale per la salute e il benessere (Stephan et al., 2019). Un grande corpus di ricerca evidenziò come il “Nevroticismo” (inteso come la propensione a provare esperienze e affetti negativi) è correlato a minori prestazioni di memoria episodica, mentre “l’Apertura Mentale” (cioè l’apertura alla cultura e all’esperienza) e la “Coscienziosità” (la tendenza ad essere disciplinati e organizzati) sono correlate ad un miglior funzionamento mnestico (Chapman et al., 2017; Luchetti, 2016; Stephan et al., 2019). Associazioni meno coerenti sono state osservate tra prestazioni di memoria episodica e “l’Estroversione” (cioè la propensione ad essere attivi e a provare emozioni positive) e “l’Amicalità” (cioè la tendenza ad essere altruisti e fiduciosi) (Stephan et al., 2019).

Stephan e colleghi (2019) esaminarono l’associazione tra memoria e personalità effettuando delle misurazioni follow-up in un arco di tempo che varia dai 4 ai 14 anni, con un campione composto da 10317 soggetti laureati alla Wisconsin High Schools (WLS) a partire dal 1957. Il campione totale fu diviso in tre sotto campioni, due legati ai soggetti laureati della Wisconsin (WLSG e WLSS) e uno del MIDUS. Nello specifico, il MIDUS è un campione di adulti non istituzionalizzati di lingua inglese: dal primo gruppo (1994-1995; MIDUS I) fino al terzo (2013-2014; MIDUS III), i dati furono raccolti da 6075 partecipanti. Attraverso la somministrazione del Big Five Inventory (BFI) per la personalità e di una lista di parole per la memoria, i dati demografici raccolti tra il 1992 e il 1993 furono ottenuti da 6673 soggetti, tra il 1993-1994 da 3426 persone. In base ai criteri di inclusione e di esclusione, il campione totale risultò composto da 1720 soggetti (suddivisi in tre campioni) con un’età compresa tra i 29 e i 75 anni (Stephan et al., 2019).

Per misurare la memoria episodica, ai partecipanti del gruppo MIDUS fu chiesto di ascoltare una lista di 15 parole e di richiamarle successivamente nel modo più immediato possibile: la maggior parte dei partecipanti ripeté più di 10 parole in meno di 5 minuti (Stephan et al., 2019). I dati ottenuti in tutti e tre i campioni evidenziarono come il “Nevroticismo” fosse associato in modo significativo ad un peggioramento della memoria e a una riduzione delle prestazioni dopo circa 20 anni e una maggiore “Apertura mentale” fu associata ad un maggior funzionamento della memoria. Mentre non si riscontrarono grandi differenze in base al genere, il “Nevroticismo” si mostrò più elevato negli individui più anziani e “Coscienziosità”, “Estroversione” e “Amicalità” non risultarono essere predittori significativi delle prestazioni mnestiche (Stephan et al., 2019).

Per esaminare l’associazione tra la compromissione della memoria e la personalità, furono selezionati 228 partecipanti (6%) nel WLSG e 154 partecipanti (6%) nel MIDUS che aveva prestazioni di memoria: l’analisi logistica trovò che il nevroticismo era correlato al rischio del punteggio di memoria inferiore a ≤ 1,5, SD sia nel MIDUS che nel gruppo WLSG (Stephan et al., 2019). “L’apertura mentale” fu associata a una migliore memoria episodica in due dei tre sotto campioni, mentre, al contrario di tutta la ricerca passata, la “Coscienziosità” non è stato un predittore delle prestazioni della memoria. Gli autori conclusero evidenziando come il loro studio avesse esteso i risultati delle ricerche precedenti con la prova che l’associazione tra i tratti della personalità e del funzionamento della memoria persiste nel corso di due decenni (Stephan et al., 2019).

 

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