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La Sindrome da alimentazione notturna e la sua relazione con il nevroticismo

Si ipotizza una relazione tra nevroticismo e alimentazione notturna e che questa sia mediata dal distress psicologico e da strategie di coping disadattive

Di Dominique De Filippis

Pubblicato il 22 Apr. 2021

Aggiornato il 08 Feb. 2024 14:58

La Sindrome da alimentazione notturna (Night Eating Syndrome-NES) è stata inserita, all’interno del DSM-5, nella categoria dei Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione non altrimenti specificati (American Psychiatric Association, 2013).

 

Essa è associata da una perdita di appetito al mattino, iperfagia serale, ingestioni notturne e disturbi del sonno e dell’umore (Runfola et al., 2014). Ulteriormente, può essere definita come il consumo di almeno il 25% dell’apporto calorico giornaliero dopo il pasto serale e/o il risveglio notturno, con ingestioni che si presentano almeno due volte a settimana.

Gli individui affetti da tale sindrome sono consapevoli delle loro abbuffate notturne e sperimentano un disagio e senso di colpa o, in casi più gravi, una compromissione del funzionamento, con segni e sintomi che perdurano per almeno tre mesi (Allison et al., 2010).

La Sindrome da alimentazione notturna, essendo associata ad un considerevole aumento dell’assunzione di cibo, determina un aumento indesiderato del peso e, di conseguenza, può condurre all’obesità (Gluck et al., 2011).

È bene specificare, però, che il fenomeno delle abbuffate notturne è associato anche ad una scarsa qualità del sonno (Yahia et al., 2017), ad un elevato umore negativo (He et al., 2018), alla dipendenza dal cibo (Nolan & Geliebter, 2016), alla cosiddetta “fame emotiva” (Nolan & Geliebter, 2012) ed ai disturbi da uso di sostanze (Lundgren et al., 2006).

Precedenti revisioni sistematiche hanno suggerito che anche il nevroticismo, ovvero quel tratto della personalità caratterizzato da una prevalenza di emozioni negative, insicurezza e vulnerabilità (Costa & McCrae, 1992), è positivamente associato alla sintomatologia connessa ai disturbi alimentari (Cassin & Von Ranson, 2005), nonché un fattore predisponente per lo sviluppo dei suddetti (Lilenfeld, Wonderlich, Riso, Crosby, & Mitchell, 2006). Tuttavia, nessuno studio empirico ha esaminato la possibile relazione tra nevroticismo e alimentazione notturna ma, sulla base dei risultati delle revisioni sistematiche, è possibile ipotizzare che il suddetto tratto possa essere un considerevole predittore delle abbuffate notturne.

A ciò va aggiunto che, secondo alcuni studi esiste una stretta relazione tra l’alimentazione notturna e il distress psicologico (He et al., 2018), una condizione che può comportare la manifestazione di sintomi depressivi e/o ansiosi (Préville, Boyer, Potvin, Perreault, & Légaré, 1992). Difatti, i pazienti affetti dalla sindrome da alimentazione notturna hanno ricondotto l’insorgenza di quest’ultima ad eventi di vita estremamente stressanti (Allison, Stunkard, & Thier, 2004). In occasione di tali avvenimenti, la “cascata” neuro-endocrinologica coordinata da cortisolo, insulina, grelina (ormone della fame) e leptina (ormone della sazietà), influisce sulle modalità di assunzione del cibo (Masih, Dimmock, Epel, & Guelfi, 2017). Allo stesso tempo, lo stress può alterare il sistema di attivazione della ricompensa, incrementando la ricerca di cibi “comfort” altamente appetibili e ricchi di grassi, in modo tale da poter ottenere una ricompensa da questi ultimi (Morris et al., 2015).

Un aspetto particolarmente rilevante nell’ambito della problematica dello stress e, dunque, del disagio psicologico, concerne le strategie di coping, ovvero quei meccanismi di difesa che l’individuo mette in atto per far fronte ad avvenimenti percepiti come stressanti o comunque ritenuti superiori alle proprie capacità (Lazarus & Folkman, 1984). Talvolta però, è possibile mettere in atto delle strategie di coping tentando di ridurre il disagio psicologico percepito, finendo però con mantenere – o rinforzare – le emozioni e le sensazioni fisiche negative (Umeh, 2004), dando vita a dei meccanismi di difesa disfunzionali.

Alcuni autori hanno scoperto che gli studenti universitari, che sperimentano livelli elevati di stress, hanno maggiori probabilità di mettere in atto comportamenti alimentari notturni, a causa dell’uso di strategie di coping disfunzionali (Wichianson et al., 2009).

Sulla base di quanto appena esposto, è stato ipotizzato che possa esistere una relazione tra nevroticismo ed alimentazione notturna e che questa relazione possa essere mediata dal distress psicologico e dalle strategie di coping disadattive.

Al fine di dimostrare tali ipotesi, un gruppo di ricercatori ha reclutato 578 studenti universitari con un’età media di 20 anni e un indice di massa corporea di 20,61 kg/m2.

Rispetto agli strumenti utilizzati, al fine di valutare il tratto del nevroticismo, ai partecipanti è stato somministrato il Revised Eysenck Personality Questionnaire Short Scale (Qian, Wu, Zhu, & Zhang, 2000) mentre, per quanto concerne la valutazione della sintomatologia connessa alla sindrome da alimentazione notturna, gli studenti hanno completato il Night Eating Questionnaire (Tu, Tseng, Chang, & Lin, 2017).

La Depression Anxiety Stress Scale (Gong, Xie, Xu, & Luo, 2010) e il Simplified Coping Style Questionnaire (Xie, 1998) sono stati utilizzati per stimare, rispettivamente, il distress psicologico e le strategie di coping maladattive.

I risultati ottenuti hanno mostrato che il nevroticismo era positivamente correlato al fenomeno delle abbuffate notturne e che questa relazione era mediata dal distress psicologico, ma non dal coping disadattivo.

La scoperta dell’esistenza di una relazione tra il nevroticismo e i comportamenti alimentari notturni è coerente con i risultati di studi precedenti che hanno mostrato un’associazione tra il suddetto tratto e altri comportamenti alimentari disordinati (Ferguson, Munoz, Winegard, & Winegard, 2012). Dunque, gli individui che presentano livelli più elevati di nevroticismo, che mostrano pertanto una considerevole variabilità dell’umore, ed una maggiore insicurezza, sono da considerarsi come soggetti maggiormente a rischio per quanto concerne lo sviluppo di comportamenti alimentari inadeguati, in cui rientrano le abbuffate notturne.

All’interno di tale relazione si inserisce l’effetto di mediazione svolto dal distress psicologico, che porta ad ipotizzare che l’associazione sopradescritta possa essere in gran parte spiegata dalla presenza di questa variabile, ma saranno necessari ulteriori studi al fine di verificare se possano esservi altri fattori che possano mediare l’associazione tra nevroticismo ed alimentazione notturna.

Ad ogni modo, i risultati emersi comportano delle considerevoli implicazioni dal punto di vista clinico. In primo luogo, la presenza di alti livelli di nevroticismo dei pazienti potrebbe fungere da campanello d’allarme rispetto alla messa in atto di comportamenti alimentari notturni.

In secondo luogo, la scoperta del ruolo di mediazione svolto dal distress psicologico potrebbe essere particolarmente significativo per la pianificazione del trattamento. Difatti, il distress psicologico risulta essere maggiormente suscettibile al cambiamento, anche attraverso interventi a breve termine (Deckro et al., 2002), rispetto al nevroticismo.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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