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L’avvento delle psicotecnologie: le sfide e le opportunità illustrate dal Dott. Bernardelli durante la European Conference on Digital Psychology

Quale ruolo potrà avere la tecnologia nella professione psicologica? Quali limiti e quali opportunità sono scaturiti dall'avvento delle psicotecnologie?

Di Dominique De Filippis

Pubblicato il 08 Mar. 2021

Aggiornato il 16 Mar. 2021 12:47

Il binomio “Psicologia Digitale” può in prima battuta apparire impensabile, ma questa disciplina avanguardista consentirà una più efficace comprensione della mente umana e, conseguentemente, la messa a punto di nuovi strumenti e protocolli volti a promuovere il benessere del singolo e della comunità.

 

Nelle giornate del 19 e del 20 Febbraio si è tenuta la prima Conferenza Europea sulla Psicologia Digitale. La suddetta, organizzata dalla Sigmund Freud Univeristy di Milano e svolta online, aveva l’obiettivo di fornire una panoramica rispetto al modo in cui l’avvento del digitale stia drasticamente modificando la vita di ciascuno di noi, mettendo in luce le opportunità e le sfide che si prospettano nel lavoro di ricercatori, psicologi e psicoterapeuti.

L’evento è apparso perfettamente in sincronia con ciò che stiamo vivendo. Difatti, nonostante la tecnologia sia entrata a far parte delle nostre vite ormai da tempo, il 2020 ha fatto sì che noi tutti ne diventassimo dipendenti. Dipendenza. All’oggi, quando si parla di digitale, è uno dei primi termini che viene alla mente. Infatti, l’avvento tecnologico ha fatto da battistrada ad innumerevoli rischi, che spesso si traducono in sofferenze, o nel peggiore dei casi, in veri e propri disturbi. Non siamo più in grado di tenere a mente informazioni, in quanto facilmente recuperabili attraverso i motori di ricerca, siamo bombardati da fake news, assistiamo a fenomeni di cyberbullismo o, ancora, temiamo le online challenge che, attualmente, stanno conducendo gli adolescenti a compiere gesti estremi, pur di omologarsi alla massa.

Ma la tecnologia comporta anche dei benefici.

Queste sono state le parole del Dott. Luca Bernardelli, psicologo e fondatore di Become, società dedicata allo sviluppo di psicotecnologie, ovvero,

tecnologie che emulano, estendono e amplificano le funzioni sensomotorie e cognitive della mente. (De Kerckhove, 1993)

Tra le soluzioni digitali presentate vi sono le psicotecnologie di telecomunicazione, che in quest’anno hanno consentito agli operatori sanitari di raggiungere i propri pazienti, indipendentemente dalla loro localizzazione o, i Serious Game, videogiochi che associano l’aspetto ludico con veri e propri obiettivi psicologici e/o pedagogici (Eichenberg & Schott, 2017).

Vi sono poi le psicotecnologie simulative, in cui rientra la realtà virtuale (VR), uno strumento che permette di “replicare” la realtà da ogni punto di vista, consentendo all’utente di superare i propri limiti o i propri traumi, a seconda delle necessità.

Durante il suo intervento, il Dott. Bernardelli ha mostrato ai partecipanti della conferenza alcuni progetti a cui sta attualmente lavorando attraverso l’utilizzo della VR, assieme a equipe multidisciplinari. Uno di questi è “Covidfeelfood” – progetto sviluppato durante l’anno appena trascorso -, che coinvolge un team internazionale guidato dal professor Giuseppe Riva e formato da più di 30 professionisti, tra clinici, neuroscienziati, sviluppatori e artisti.

Difatti, la pandemia e l’isolamento da essa determinato hanno dato vita ad un estremo stress psicologico che ha messo a dura prova l’uomo nella sua totalità.

Le conseguenze negative che quotidianamente siamo chiamati a dover fronteggiare, richiedono la necessità di una strategia e, dato l’isolamento imposto dalle attuali restrizioni, delle soluzioni di cui la popolazione possa usufruire autonomamente, senza spostarsi dalla propria abitazione, potrebbero essere la chiave (Di Lernia et al., 2018).

Il Dott. Bernardelli ha presentato uno studio pilota il cui obiettivo sarà quello di fornire un’evidenza del fatto che un protocollo settimanale di auto-aiuto basato su un’esperienza di VR, chiamata “The Secret Garden”, possa aiutare a superare il disagio psicologico generato dal Coronavirus. Aprendo il video dal proprio smartphone ed indossando un visore, il protagonista sarà catapultato in un’esperienza virtuale, che simula la visita in un giardino Zen, accompagnato da una voce che stimola una forma di rilassamento, strutturata secondo i principi della Compassion Focused Therapy (Gilbert, 2010). Ciò consentirà di disattivare il proprio “sistema di sicurezza” e tuffarsi in una condizione di profonda quiete.

Infatti, per assolvere al proprio obiettivo, i ricercatori hanno utilizzato un video a 360°, che consente agli utenti di immergersi nella registrazione, sperimentando il video da qualsiasi angolazione.

Al termine dell’esposizione ai soggetti vien chiesto di eseguire diversi compiti che altro non sono che un adattamento delle diverse “prescrizioni emotive” progettate dallo psicologo Guy Winch (2013) per reagire alle esperienze che generano dolore emotivo. I compiti mirano a raggiungere differenti scopi come l’imparare a prestare attenzione e a riconoscere la sofferenza; trattare quest’ultima prima che diventi totalizzante o, ancora, trovare un significato anche nei momenti complessi.

I ricercatori hanno ipotizzato che l’utilizzo del suddetto protocollo settimanale ridurrà i livelli di depressione, ansia, stress percepito e disperazione degli utenti e, al contempo, promuoverà la calma e la connessione sociale. Difatti, il team consiglia di condividere l’esperienza anche con altri, in modo da poter ristabilire il senso di comunità di cui siamo stati privati.

I partecipanti verranno assegnati in maniera casuale al gruppo sperimentale ed al gruppo di controllo ed entrambi verranno sottoposti a due tipologie di valutazione. La prima, verrà effettuata all’inizio della sperimentazione, a seguito di quest’ultima e a distanza di due settimane. Essa comprenderà questionari volti a valutare come i partecipanti si siano sentiti nella settimana precedente. Nello specifico, verrà valutato lo stress percepito dai soggetti, i livelli di ansia e depressione, le tendenze pessimistiche e l’atteggiamento negativo rispetto al futuro. Inoltre, si terrà conto del livello di connessione sociale percepito e della qualità dei contatti online ed offline dei partecipanti. Infine, verrà valutato il livello di paura nei confronti della pandemia.

La seconda valutazione, invece, verrà effettuata quotidianamente nell’arco della settimana in cui verrà seguito il protocollo e comprenderà strumenti volti ad indagare lo stato dei partecipanti a seguito della procedura sperimentale. In questo caso, sarà indagato il livello di rilassamento e il distress percepito.

Trascorse due settimane dalla fine dello studio, i ricercatori somministreranno ulteriori questionari al fine di indagare gli eventuali sintomi di malessere esperiti a seguito della sperimentazione.

Come sottolineato dal Dott. Bernardelli, l’obiettivo del protocollo sviluppato e, in generale quello delle psicotecnologie, non è quello di sostituire l’intervento del professionista della salute mentale, bensì quello di supportarlo nel suo operato e, nel caso specifico, ridurre la sofferenza emotiva generata dalla pandemia.

Dunque, per quanto in prima battuta il binomio “Psicologia Digitale” possa apparire impensabile, questa disciplina avanguardista consentirà una più efficace comprensione della mente umana e, conseguentemente, la messa a punto di nuovi strumenti e protocolli volti a promuovere il benessere del singolo e della comunità. Naturalmente per far ciò sarà necessario che i professionisti scendano in campo, al fine di poter supportare lo sviluppo di dispositivi ad hoc.

 

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