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La clinica e l’economia comportamentale verso un obiettivo comune: la prevenzione del suicidio

Effetturare attività di prevenzione del suicidio direzionate a fattori di rischio connessi ma meno stigmatizzati potrebbe favorire la ricerca di aiuto

Di Dominique De Filippis

Pubblicato il 25 Mar. 2021

La prevenzione del suicidio ha dinanzi a sé innumerevoli ostacoli, come la scarsa tendenza alla ricerca di un trattamento e la discutibile accuratezza dei metodi di auto-rivelazione (King et al., 2015).

 

Al fine di poter superare le suddette problematiche, l’utilizzo di strategie e tecniche proprie dell’economia comportamentale potrebbe rappresentare una soluzione.

Una tecnica definita nudge consente di indirizzare – o spingere gentilmente – le persone verso scelte più virtuose e meno soggette a distorsioni sistematiche. Ad esempio, il suo utilizzo ha consentito l’aumento dei risparmi per la pensione (Carroll et al., 2009) e le vaccinazioni contro l’influenza (Milkman et al., 2011).

Nell’utilizzo di tale tecnica, spesso si ricorre all’uso di norme sociali al fine di poter correggere la disinformazione ed influenzare un cambiamento (Cialdini, 2003). Si ritiene che le norme sociali abbiano un forte impatto sul comportamento, in quanto gli esseri umani possiedono un forte desiderio di piacere agli altri e di essere socialmente accettati (Cialdini &Goldstein, 2004). Il problema è che, a causa di tale bisogno, i singoli vengono spesso influenzati inconsapevolmente da pregiudizi cognitivi e dalla paura dello stigma (Barney et al., 2006), che impediscono al soggetto di segnalare comportamenti altrui socialmente inaccettabili.

Poiché si è visto che l’esposizione a norme sociali influisce sulle azioni future (Perkins, 2002), è plausibile che il loro utilizzo possa aumentare la ricerca di aiuto per comportamenti e pensieri legati al suicidio (Suicide-related thoughts and behaviors-STB).

La Item Count Technique (ICT; Droitcour et al., 1991), invece, è una procedura di interrogazione indiretta che viene usata per stimare la proporzione di persone che manifestano un comportamento culturalmente sensibile (Droitcour et al., 1991). Questa tecnica propone a un gruppo di persone una breve lista di item che non contiene il comportamento target, chiedendo loro di riferire quante affermazioni sono vere (es. “Sono stato triste e turbato, almeno una volta nell’ultimo anno”); ad un secondo gruppo vengono proposti gli stessi item e un ulteriore item riguardante il comportamento sensibile (es. “Hai mai pensato di ucciderti?”; Karlan&Zinman, 2011). Una meta-analisi ha evidenziato che, attraverso l’utilizzo di tale tecnica, i partecipanti erano più propensi a palesare la presenza del comportamento target (Holbrook&Krosnick, 2010).

Le strategie di framing, invece, vengono utilizzate per presentare un’opzione, mettendo in evidenza determinati aspetti che, inevitabilmente, influenzano l’attrattività verso la suddetta (Tversky e Kahneman, 1981). Il loro utilizzo potrebbe migliorare la diffusione di informazioni sulla prevenzione del suicidio ma, attualmente, ciò non è ancora avvenuto. Ci sono diverse ragioni per cui tali materiali potrebbero non essere utilizzati, una delle quali è lo stigma che circonda i STB (Barney et al., 2006). Per questo motivo, effettuare attività di prevenzione del suicidio, senza esplicitare che siano indirizzate a quest’ultimo ma direzionandole verso fattori di rischio connessi ad esso, eppure meno stigmatizzati, come l’ansia (Cougle et al., 2009), potrebbe contribuire ad aumentare i comportamenti di ricerca del trattamento per il comportamento target. Inoltre, l’uso di strategie di framing può aiutare a diminuire gli effetti del bias di ottimismo, ovvero la tendenza degli esseri umani a sottovalutare le loro possibilità di rischio. Dunque, poiché le persone percepiscono che gli altri sono a più alto rischio di STB e hanno più probabilità di avere bisogno di aiuto, questi individui potrebbero essere più disposti a essere esposti a un intervento allo scopo di aiutare gli altri piuttosto che se stessi (Sharot, 2011).

Nonostante le strategie nate in seno all’economia comportamentale abbiano esercitato un considerevole impatto in diversi campi, la salute mentale e, nello specifico, la prevenzione del suicidio non ha ancora utilizzato queste tecniche.

Bauer e colleghi (2019) hanno dunque condotto tre studi pilota con l’obiettivo di dimostrare l’efficacia di tali strategie nell’ambito della salute mentale.

Nel primo studio, essi hanno ipotizzato che gli individui che avrebbero ricevuto un “nudge” in una e-mail che li avrebbe informati di un intervento di salute mentale online gratuito per ridurre un fattore di rischio comunemente citato per il suicidio – ansia – avrebbero accettato di partecipare all’intervento con una frequenza maggiore rispetto a coloro i quali avrebbero ricevuto una e-mail senza il “nudge”. Nel secondo studio, è stato ipotizzato che gli individui che sarebbero stati sottoposti ad un metodo di interrogazione indiretta (TIC), avrebbero fornito una stima più ampia dell’ideazione suicidaria nell’anno passato, rispetto a coloro a cui sarebbe stato chiesto direttamente. Rispetto all’ultimo studio, i ricercatori hanno ipotizzato che gli individui a cui avrebbero chiesto se fossero interessati ad acquisire competenze per aiutare coloro i quali attraversano una crisi suicidaria, avrebbero accettato più spesso di partecipare a tali interventi rispetto a coloro a cui sarebbe stato chiesto se fossero stati interessati a possedere le competenze per aiutare sé stessi durante una crisi suicidaria.

I risultati emersi dal primo e dal terzo studio si sono dimostrati coerenti con quanto ipotizzato. Difatti, il primo ha dimostrato che la semplice presentazione di norme ingiuntive e descrittive sull’accettabilità sociale e l’efficacia del trattamento professionale legato al suicidio ha aumentato l’impegno rispetto al fattore di rischio associato al suicidio (cioè l’ansia). Allo stesso modo, il terzo studio ha dimostrato che la presentazione di risorse online per la prevenzione del suicidio come un mezzo per aiutare qualcun altro, che potrebbe essere vittima di STB, ha aumentato il coinvolgimento rispetto a quando sono stati presentati come un modo per aiutare sé stessi. Rispetto al secondo studio, nonostante i risultati non abbiano mostrato alcuna differenza statistica tra i metodi di segnalazione diretta e indiretta, si è visto che i dati raccolti online in forma anonima utilizzati abitualmente per le variabili relative al suicidio sono probabilmente veritieri, accurati e molto meno influenzati da bias di desiderabilità sociale.

In sintesi, i risultati di tre studi pilota suggeriscono che le strategie di stampo economico- comportamentale potrebbero essere tecniche valide per aumentare il comportamento di ricerca del trattamento e la diffusione delle competenze di prevenzione del suicidio, nonché raccogliere tassi di prevalenza più accurati.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Barney, L. J., Griffiths, K. M., Jorm, A. F., & Christensen, H. (2006). Stigma about depression and its impact on help- seeking intentions. Australian & New Zealand Journal of Psychiatry, 40, 51–54.
  • Bauer, B. W., Tucker, R. P., & Capron, D. W. (2019). A nudge in a new direction: integrating behavioral economic strategies into suicide prevention work. Clinical Psychological Science, 7(3), 612-620.
  • Carroll, G. D., Choi, J. J., Laibson, D., Madrian, B. C., & Metrick, A. (2009). Optimal defaults and active decisions. The Quarterly Journal of Economics, 124, 1639–1674.
  • Cialdini, R. B. (2003). Crafting normative messages to pro- tect the environment. Current Directions in Psychological Science, 12, 105–109.
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  • Cougle, J. R., Keough, M. E., Riccardi, C. J., & Sachs-Ericsson, N. (2009). Anxiety disorders and suicidality in the National Comorbidity Survey-Replication. Journal of Psychiatric Research, 43, 825–829.
  • Droitcour, J., Caspar, R. A., Hubbard, M. L., Parsley, T. L., Visscher, W., &Ezzati, T. M. (1991). The item count technique as a method of indirect questioning: A review of its development and a case study application. In P. P. Biemer, R. M. Groves, L. E. Lyberg, N. A. Mathiowetz, & S. Sudman (Eds.), Measurement errors in surveys (pp. 185–210). New York, NY: Wiley.
  • Holbrook, A. L., & Krosnick, J. A. (2010). Social desirability bias in voter turnout reports: Tests using the item count technique. Public Opinion Quarterly, 74, 37–67.
  • Karlan, D. S., &Zinman, J. (2012). ICT for sensitive behav- ior: An application for measuring use of loan proceeds. Journal of Development Economics, 98, 71–75.
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  • Tversky, A., & Kahneman, D. (1981). The framing of decisions and the psychology of choice. Science, 211, 453–458.
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