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Le conseguenze dell’apparente inesistenza di Medea – Moms, una rubrica su maternità e genitorialità

L'aggressività e la rabbia non sempre hanno come oggetto i propri figli, ma possono danneggiare madre, figli e relazioni finché restano indicibili.

Di Eleonora Damiani

Pubblicato il 13 Gen. 2021

Il presente articolo continua il discorso proposto dal precedente nella rubrica. Il tema verte nuovamente sulla legittimità della rabbia e dell’aggressività materna, proponendo alcune possibili conseguenze della negazione di queste emozioni.

Moms – (Nr.6) Le conseguenze dell’apparente inesistenza di Medea

 

Il quinto episodio di Workin’ Moms oltre ad introdurre la Medea presente in ogni madre, come visto nell’articolo precendente, mostra cosa succede quando aggressività e rabbia non vengono elaborate. L’episodio è incentrato sull’iniziale intenzione di Kate Foster, la protagonista, di sopprimere il proprio cane perché ritenuto troppo aggressivo dalla madre Eleonor e dal marito. L’episodio termina con la sua scelta di lasciarlo crescere con l’assistente. Il cane in questo caso si fa portatore metaforico dell’aggressività di ognuno che in qualche modo deve essere celata e inibita.

Sentimenti meno piacevoli come la rabbia e l’aggressività non muoiono, ma possono avere un esito negativo, per le mamme e per i figli se non portate alla consapevolezza.

Il celebre antropologo Gregory Bateson ha studiato la genesi della schizofrenia nella sua opera Verso un’ecologia della mente. Egli notò che quando una madre non può ammettere a se stessa di provare sentimenti ambivalenti rispetto al proprio figlio, sono i messaggi che manda a divenire tali. Agli occhi del figlio risulterà incoerenza tra messaggio verbale, del tipo “ti voglio bene”, e non verbale, rispecchiante una madre fredda e distaccata fisicamente ed emotivamente. L’esito di questa negazione materna dei propri vissuti interiori porta consequenzialmente il figlio ad essere incerto sull’amore del genitore e, essendosi anch’esso vietato di provare sentimenti spiacevoli rispetto alla madre, sceglierà inconsciamente e protettivamente la via della follia.

Un’altra spiacevole conseguenza del rifiuto del proprio lato rabbioso e aggressivo è presentato nel romanzo Madame Bovary. Emma, la protagonista, sceglie di volgere su se stessa la rabbia e l’aggressività nutrita per la situazione in cui vive. Le proprie emozioni non portate alla consapevolezza e con impossibilità di elaborazione la uccidono e lasciano la figlia orfana con tutte le conseguenze delle circostanze.

Tra i fatti di cronaca recenti troviamo quello di Annamaria Franzoni, che tanto non ha potuto ammettere a se stessa sentimenti ambivalenti rispetto ai propri figli da dissociarsi intrapsichicamente ed ucciderne uno.

In tutti i casi citati è evidente un elemento: l’aggressività e la rabbia non sempre hanno come oggetto i propri figli, ma possono danneggiare madre, figli e relazioni finché restano indicibili. La stessa Medea, famoso personaggio della mitologia graca, uccide i propri figli non per astio nei loro confronti ma perché non può ammettere a se stessa la rabbia nei confronti del marito Giasone e dunque l’agisce su di loro. Il modo migliore per non arrivare a queste dolorose conseguenze è poter dire a se stesse che sentimenti come rabbia e aggressività possono essere legittimamente provate e aprire la strada per l’elaborazione.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Verso un'ecologia della mente, Bateson G., Adelphi, 1977.
  • Madame Bovary, Flaubert G., Feltrinelli, 2009.
  • Medea, Euripide, Principato, 2002.
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