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Intersoggettività e prime impressioni di affidabilità in età evolutiva

Studi sull'intersoggettiva mostrano come nella formazione di prime impressioni di affidabilità un ruolo centrale sia rivestito da caratteristiche del volto

Di Chiara Pradella

Pubblicato il 28 Gen. 2021

Il volto rappresenta una finestra sull’altro: è universale la tendenza a effettuare inferenze sull’affidabilità, l’aggressività, l’attrattività altrui basandosi sui tratti fisionomici e, inevitabilmente, ne consegue che vi sia una sola possibilità di fare una buona prima impressione.

 

Adolphs e Birmingham (2012) proposero una tassonomia dei segnali socialmente rilevanti, distinguendoli in statici (cues) e dinamici (signals). Ai cues appartengono, ad esempio, il colore della pelle, la forma degli occhi, la larghezza della mandibola, ma anche l’attrattività e l’affidabilità: tali caratteristiche sono infatti immodificabili, poiché l’individuo non possiede alcun controllo su una loro attivazione/disattivazione a seconda delle circostanze e il nostro cervello ha sviluppato meccanismi per l’elaborazione delle informazioni da esse veicolate. Il volto di ogni individuo si caratterizza dunque per una particolare configurazione, la quale viene usualmente processata dal nostro sistema cognitivo in modo olistico (piuttosto che analitico). L’elaborazione dei singoli dettagli avviene quindi tendenzialmente in modo simultaneo (e non caratteristica-per-caratteristica), giungendo a un’integrazione in un unico percetto globale in tempi assai ristretti, motivo per cui tale giudizio non risulta esente da bias.

La percezione di affidabilità sembra assolvere a un bisogno evoluzionistico adattivo, legandosi strettamente alla possibilità di inferire le intenzioni minacciose dell’altro in modo rapido, per attuare tempestivamente un comportamento di attacco o fuga. Tale giudizio riflette la presenza nel volto di caratteristiche facciali assimilabili anche alle espressioni emozionali: un individuo viene ritenuto maggiormente inaffidabile se la sua espressione facciale è di rabbia, mentre è giudicato affidabile se la sua espressione è simile a quella relativa all’emozione di felicità (Todorov, Baron & Oosterhof, 2008). Nonostante vi sia, generalmente, un buon accordo tra osservatori nella formulazione di giudizi relativi alle prime impressioni, le caratteristiche di personalità e le esperienze passate degli stessi incidono inevitabilmente sulla valutazione e la salienza delle caratteristiche facciali.

L’influenza delle prime impressioni legate all’apparenza del volto sull’attuazione di un comportamento di fiducia è perciò preponderante negli individui adulti, ma ciò è valido anche per l’età evolutiva? Ewing e colleghi (Ewing, Caufield, Read & Rhodes, 2015), tramite il ricorso al Token Quest, compito sperimentale riconducibile al paradigma del comportamento di fiducia in ambito di investimento economico, rilevarono come già a partire dai 5 anni di età le prime impressioni influenzino l’attuazione o meno di condotte di fiducia, per giungere però solo attorno ai 10 anni di età a osservare un chiaro allineamento al pattern di risposta comportamentale adulto. Sembra inoltre che, nella formazione di prime impressioni di affidabilità, un ruolo centrale sia rivestito dall’attrattività del volto: uno studio di Ma e Xu (2015) dimostra infatti come tale caratteristica sia utilizzata da bambini di età compresa tra 8 e 12 anni come scorciatoia per la formulazione di giudizi sociali. La piacevolezza del volto, in età evolutiva così come in età adulta, risulta quindi un discrimine fondamentale per il soggetto che si trova a scegliere se attuare o meno un comportamento di fiducia verso l’altro.

Il complesso periodo storico che attualmente stiamo vivendo, caratterizzato da inevitabili modificazioni dei codici che usualmente regolano gli scambi intersoggettivi, può condurre potenzialmente allo sviluppo di un generale clima di sfiducia. L’epigenetica spiega come gli esiti evolutivi derivino dalla commistione di fattori genetici e ambientali e infatti, anche per quanto concerne l’affidabilità percepita, risulta centrale il ruolo giocato dalle figure di riferimento del bambino nel sostenere un orientamento alla fiducia/sfiducia nei confronti di individui sconosciuti.

Stolle e Nishikawa (2011) dimostrarono come la trasmissione di un clima di sfiducia avvenga a opera di genitori che non necessariamente giudicano l’altro in modo negativo e non sono sempre orientati da un costante atteggiamento di sfiducia nei confronti del mondo. L’educazione all’inaffidabilità, supportata da un’accurata selezione di fatti di cronaca che contribuiscano a sostenere la creazione del worst-case scenario, legittima però il genitore a compiere nei confronti del figlio una campagna di presa di consapevolezza di tutti i potenziali pericoli, alimentando in lui la percezione di essere una potenziale vittima, specie in virtù della sua vulnerabilità evolutiva e della sua inesperienza nel mondo. Conseguentemente però, tale stile educativo può comportare una diminuzione di comportamenti pro-sociali e di atteggiamenti di cooperazione tra individui anche sconosciuti, aspetti che risulterebbero protettivi per la comunità in periodi storici particolarmente critici.

Sul piano psicologico è essenziale sottolineare che in una ‘società della sfiducia’ dilagano ansia, paura, ricerca di protezione, ossia emozioni biologicamente adattive di fronte a uno scenario realmente pericoloso, ma disfunzionali se esito di pensieri catastrofici e irrazionali, scaturiti dall’inaffidabilità percepita appresa e ostacolanti il comportamento pro-sociale.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Adolphs, R., & Birmingham, E. (2012). Neural Substrates of Social Perception. Oxford Handbook of Face Perception.
  • Ewing, L., Caulfield, F., Read, A., & Rhodes, G. (2015). Perceived trustworthiness of faces drives trust behaviour in children. Developmental Science, 18(2), 327-334.
  • Ma, F., & Xu, F. (2015). Children’s and adults’ judgements of facial trustworthiness: the relationship to facial attractiveness. Perceptual & Motor Skills, 121(1), 179-198.
  • Stolle, D., & Nishikawa, L. (2011). Trusting Others – How Parents Shape the Generalized Trust of Their Children. Comparative Sociology, 10, 281-314.
  • Todorov, A., Baron, S. G., & Oosterhof, N. N. (2008). Evaluating face trustworthiness: a model based approach. Soc Cognit Affect Neurosci, 3, 119-127.
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