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Un caso di Stalking condominiale. Una sentenza che fa giurispridenza.

Lo stalking condominiale si alimenta delle paure e della ansie altrui e solo l’eliminazione di quest’ultime può fungere da deterrente.

Di Antonella Fragale

Pubblicato il 17 Dic. 2020

Lo stalking, nella sua più comune accezione di atto persecutorio verso l’ex o un personaggio famoso, è entrato ormai a far parte delle conoscenze delle persone, lo stalking condominiale non ha ancora assunto lineamenti giuridici e psicologici ben precisi e dunque rimane ancora “terreno sconosciuto” per i più.

 

Con il termine stalking si intende l’insieme dei comportamenti molesti e persecutori posto in essere da un soggetto verso la sua vittima.

Nel caso specifico dello stalking condominiale, la vittima è un vicino di casa, estendendo, di fatto l’applicabilità dell’art. 612-bis c.p. al contesto condominiale.

Ronco Scrivia, 2015. L’incubo di una coppia di coniugi (e del loro bambino) inizia nel 2012: Stefano e Marina vivono nel loro appartamento di proprietà, al secondo piano. Al terzo piano vivono madre e figlio, gli stalker.

Come spesso succede, la miccia che scatena il tutto è abbastanza banale, motivo che, se non risolto, attiva un’escalation di reazioni emotive accompagnate da comportamenti intrisi d’odio messi in atto con il preciso e premeditato scopo di impaurire, intimidire, terrorizzare qualcuno.

“Dovete stare in casa“, “prima o poi me la pagherete“, “a pagare sarà tuo figlio“ e poi..rumori molesti sia in ore diurne che notturne, chiamate al 112 per denunciare falsi abusi nei confronti del figlioletto, chiamate ai veterinari della Asl per denunciare falsi maltrattamenti verso animali, spazzatura buttata davanti alla porta di ingresso, continue ed insistenti osservazioni, questi l’insieme delle azioni messe in atto per turbare la giovane coppia, atti che hanno concorso al sorgere di un perdurante e grave stato d’ansia o di paura da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di una persona legata da relazione affettiva da costringere la vittima ad alterare le proprie abitudini di vita (art. 612-bis c.p.). (Bastianello,2012)

Esattamente quello che si è verificato nel caso di Ronco Scrivia. Dopo anni di vessazioni, insulti, minacce, sguardi ossessivi e osservazioni costanti, le vittime sono state costrette a vivere nel seminterrato, a limitare la loro libertà, a non frequentare gli amici di sempre.

Nell’aprile del 2015, il Tribunale di Genova, con una sentenza storica, condanna gli stalker a 4 mesi di reclusione oltre al risarcimento del danno.

Come si può ben comprendere dal fatto appena citato, lo stalking condominiale assume precise connotazioni:

  • Gli atti persecutori sono rivolti specificatamente ad un vicino di casa;
  • L’inizio delle ossessioni da parte del carnefice avviene per motivi futili;
  • Si assiste ad una escalation di comportamenti distruttivi verso una vittima;
  • La vittima subisce passivamente le angherie del suo stalker generando, inevitabilmente, forte ansia e/o paura.
  • La “resa die conti“ avviene, nel migliore dei casi, in Tribunale o, nella peggiore delle ipotesi, con violenza aggravata verso la vittima.

Curci e coll. (2003) utilizzano l’espressione “sindrome delle molestie assillanti” per descrivere il fenomeno e classificano le condotte indesiderate in tre tipologie: comunicazioni indesiderate, contatti indesiderati e comportamenti associati. Le comunicazioni indesiderate di solito sono rivolte direttamente alla vittima di stalking e possono consistere in lettere e telefonate ma anche scritti non necessariamente inviati in modo diretto alla vittima, oppure sms ed e-mail. I contatti indesiderati comprendono i comportamenti dello stalker diretti ad avvicinare in qualche modo la vittima come i pedinamenti, il presentarsi alla porta dell’abitazione o gli appostamenti sotto casa, recarsi negli stessi luoghi frequentati dalla vittima o svolgere le stesse attività. Tra i comportamenti associati si collocano, per esempio, il far recapitare cibo o altri oggetti all’indirizzo della vittima anche a tarda notte, oppure la cancellazione di servizi quali l’elettricità o la carta di credito all’insaputa della vittima con lo scopo di intimidirla.

Seguendo il modello stimolo-risposta, (Skinner, 1938) baluardo del Comportamentismo, con molta probabilità, lo stalker, nel vedere reazioni di fastidio, di paura, di ansia, l’alterazione delle normali abitudini di vita della vittima, prova piacere e soddisfazione aumentando e prolungando, di conseguenze, le azioni moleste venendo così ad instaurarsi un ciclo di rinforzi positivi che contribuiscono ad aumentarne il comportamento problema. Con l’assenza di una risposta attesa (da parte della vittima) ed eliminando di conseguenza l’elemento rinforzante, si potrebbe assistere ad una diminuizione del comportamento molesto posto in essere dallo stalker.

Lo stalking condominiale, così come altre forme di stalking, si alimenta delle paure e della ansie altrui e solo l’eliminazione di quest’ultime può fungere da deterrente per dissuadere un individuo dal commettere atti penalmente perseguibili.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Bastianello A. (2012) Il reato di stalking ex art. 612 bis c.p., in Giur. merito, p. 673 ss.
  • Curci P., Galeazzi G.M.,Secchi C. (2003), "La sindrome delle molestie assillanti", Totino, Bollati Boringhieri
  • Skinner, B.F. (1938). The behavior of organisms. New York: Appleton-Century-Crofts.
  • Massone, M. (2015) Stalking “condominiale”, condannati dopo 4 anni di torture psicologiche. Il Secolo XIX.

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