Quali sono le conseguenze psicologiche per le vittime di stalking? Qual è la strategia migliore per poterle aiutare efficacemente a guarire dai segni di tale forma di violenza?
Giulia Fuse’ e Camilla de Nadai – OPEN SCHOOL Studi Cognitivi Modena
L’obiettivo di questo articolo è cercare di comprendere il fenomeno dello stalking e le dinamiche emotive esperite dalle vittime, al fine di adottare la strategia migliore per poterle aiutare efficacemente a riacquisire un benessere psicofisico.
Definizione e inquadramento dello stalking
‘Io non sono un nemico, è per amore che ti inseguo‘ sono le parole di Apollo rivolte alla sua amata Dafne, nell’opera di Publio Ovidio Nasone ‘Le metamorfosi’.
Già nei secoli scorsi sono rintracciabili atteggiamenti che riconducono allo stalking, tuttavia solo di recente il fenomeno ha trovato un nome e una precisa collocazione in ambito psicologico e psichiatrico.
Negli anni ’60 gli studiosi iniziarono ad utilizzare il termine star-stalking per riferirsi al continuo assedio di ammiratori, psichicamente disturbati, ai danni di persone famose. Ne sono stati un esempio i Beatles in Inghilterra, l’attrice Rebecca Schaeffer a Los Angeles nel 1989. Nel caso di quest’ultima, la persecuzione da parte di un fan con disturbi psichici, si concluse con l’assassinio dell’attrice.
Molti altri personaggi del cinema, della televisione e della politica, nel tempo sono stati vittime di stalking. Ricordiamo Jodie Foster, Sharon Stone, Nicole Kidman, Madonna, Steven Spielberg, la campionessa di tennis Monica Seles, e anche Michelle Hunziker.
Dopo molti casi avvenuti con eventi eclatanti e modalità comuni, lo stalking assunse una valenza sociale di primaria importanza (Curci, 2003).
Lo stalking cominciò ad evocare una sinistra immagine di persecuzione e di violenza incombente, tanto da stimolare anche il mondo del cinema a trattarlo come tema in molti film. In essi, venivano messe in scena vicende di persecuzione ossessiva e paranoide. Per citarne qualcuno tra i più famosi: Attrazione fatale (Adryan Lyne, 1987), Duel (Steven Spielberg, 1971), The bodyguard (Mick Jackson, 1992), One hour photo (Mark Romanek, 2002), A letto con il nemico (Joseph Ruben, 1991).
Nelle comunità scientifica italiana, il problema ha suscitato interesse già a partire dal 2003, ma il reato è stato introdotto con il D.L. n. 11 del 23 febbraio 2009, dedicato alle misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori. Il D.L. poi è stato convertito in legge il medesimo anno, il 23 aprile 2009, legge n° 38, prevedendo l’art. 612-bis del codice penale (Bartolini, 2009).
La definizione di stalking
Per stalking, oggi, si intende un insieme di comportamenti molesti e continui, costituiti da ininterrotti appostamenti nei pressi del domicilio o degli ambienti comunemente frequentati dalla vittima. Tali atti sono reiterati e integrati da intrusioni nella sua vita privata, alla ricerca di un contatto personale per mezzo di pedinamenti, telefonate oscene o indesiderate, invio di lettere, biglietti, posta elettronica, sms e oggetti non richiesti.
Il termine origina dal verbo ‘to stalk‘ che in inglese è usato nell’ambito della caccia ed è traducibile come ‘caccia in appostamento’, ‘pedinamento furtivo’.
Secondo alcune ricerche condotte nel 2002, affinchè si possa parlare di stalking, devono essere presenti almeno tre caratteristiche principali.
Innanzitutto deve trattarsi di una serie di comportamenti, almeno dieci intrusioni, diretti ripetutamente verso uno specifico individuo, per un periodo continuativo di alcune settimane. Se ne ipotizzano almeno quattro. Inoltre tali atteggiamenti devono essere esperiti come intrusivi e sgraditi alle vittime di stalking. Infine i medesimi devono creare, in quest’ultima, una sensazione di disagio, di paura e di ansia (Aramini, 2002).
La personalita dello stalker
Lo stalker è colui che compie ciò che oggi viene definito reato di molestie assillanti, creando ansia e paura nella vittima. Non è ancora stata stabilita una classificazione ampiamente accettata delle caratteristiche dello stalker. A partire dalle scelte teoriche e dalle necessità pratiche, esiste un gran numero di diverse classificazioni e raggruppamenti creati da esperti di diversi ambiti.
I primi a proporre una classificazione sono stati Zona, Sharma e Lane (1993). Essi hanno basato la loro rassegna su 74 fascicoli dell’Unità di gestione delle minacce del Dipartimento di Polizia di Los Angeles, che successivamente fu arricchita di altri 126 casi.
Nel 1995, Harmon, Rosner, Owens suddivisero gli stalker in base alla natura del legame di attaccamento con le loro vittime di stalking o alla tipologia della relazione con essa instaurata. Vennero considerati 48 casi seguiti presso la Criminal and Supreme Court of New York.
Gli autori descrissero due stili di attaccamento degli stalker nei confronti delle vittime:
- Attaccamento affettivo-amoroso
- Attaccamento persecutorio-irato.
Negli anni sono state fatte molte altre classificazioni, ma la più importante, risulta quella ideata da Mullen e Purcell (2000). Essi hanno considerato un campione di 145 valutazioni cliniche di casi di stalking, con un approccio multi assiale.
Il primo asse riguarda la motivazione dello stalker e il contesto in cui agisce. È infatti importante riuscire a cogliere la funzione del comportamento dello stalker, sia in termini di bisogni e desideri che cerca di soddisfare, sia in termini di comprensione delle gratificazioni come elemento di rinforzo, che possono far perpetuare il comportamento persecutorio. È fondamentale inoltre, comprendere il contesto nel quale tale condotta si manifesta, per poter meglio comprendere gli obbiettivi e le strategie dello stalker.
ll secondo asse riguarda la natura del rapporto preesistente con le vittime di stalking. Esso comprende l’analisi dei rapporti con partner precedenti, i suoi contatti professionali, i rapporti con gli amici e i conoscenti.
Il terzo asse include la diagnosi psichiatrica, all’interno della quale si distinguono due ambiti:
- Il primo racchiude il gruppo psicotico e comprende patologie quali la schizofrenia, i disturbi deliranti, le psicosi affettive e le psicosi organiche;
- Il secondo gruppo comprende le patologie non psicotiche, tra cui rientrano i disturbi di personalità, i disturbi d’ansia e i disturbi dell’umore.
Analizzando e integrando tutti e tre gli assi si possono fare previsioni riguardo:
- La durata dello stalking,
- La natura dei comportamenti di stalking,
- Il rischio di minacce e di violenze
- La risposta e la strategia di gestione.
I fattori correlati allo stalking
In un articolo pubblicato sul Journal of Criminal Justice (Patton, Nobles, Fox, 2010), emerge una relazione tra stalking e teoria dell’attaccamento. Problemi di comportamento e di personalità possono essere correlati a tali comportamenti.
Nello specifico è stata riscontrata una comorbilità tra la personalità dello stalker e disturbi di personalità di asse II cluster B (Sansone RA, Sansone LA, 2010; Evans TM, Reid Meloy J., 2011). Le caratteristiche dello stalker, pertanto, possono essere definite partendo dai modelli dell’attaccamento del bambino con la madre, proposti da Bowlby (1969, 1973).
Nello studio svolto da Patton, Nobles e Fox (2010) si cerca di determinare quale attaccamento disfunzionale possa essere associato a questi comportamenti. Dai risultati della loro ricerca emerge che l’attaccamento insicuro-ambivalente-ansioso è significativamente associato a comportamenti di stalking, mentre l’attaccamento insicuro evitante non lo è. Le tipologie di individui che presentano attaccamento di questo tipo si caratterizzano da ansia nelle relazioni e tendono a mettere in atto comportamenti che sono associati a gelosia e rabbia verso il partner; o mettono in atto comportamenti intrusivi, molesti e persecutori nei confronti dell’ex partner. Sono modi disfunzionali che rispondono all’esigenza di rispondere al conflitto relazionale.
I sintomi e i disturbi presenti nelle vittime di stalking
Sono state svolte diverse ricerche per valutare quali conseguenze si possano avere sulle vittime di stalking. Una delle prime è quella postulata da Pathè e Mullen (1997). Nella loro ricerca condotta su un campione di 100 vittime australiane di stalking, emerge che le vittime di stalking hanno riportato gravi ripercussioni a livello psicologico, lavorativo e relazionale.
Il 94% ha riferito di aver avuto notevoli cambiamenti nello stile di vita e nelle attività quotidiane; il 70% ha riferito di aver avuto una notevole diminuzione delle attività sociali; il 50% ha diminuito o persino cessato l’attività lavorativa.
Il 34% ha cambiato lavoro e il 40% residenza. Il livello di ansia è aumentato nell’80% dei casi. Molte vittime di stalking hanno riportato disturbi cronici del sonno (75%) e pensieri ricorrenti riguardanti l’evento traumatico (55%). Il 50% ha avuto disturbi alimentari, stanchezza, debolezza e cefalee. Una piccola parte, infine, ha avuto problemi di depersonalizzazione (38%), incremento di uso di alcool e nicotina (25%) e persino pensieri di suicidio (25%).
Questi dati indicano la percezione soggettiva delle vittime, e soddisfano pienamente i criteri diagnostici tipici del Disturbo Post Traumatico da Stress (PTSD).
Anche uno studio svolto in Olanda (Kamphuis et al., 2001, 2003) su un campione di 200 vittime di stalking, ha documentato l’insorgenza, nelle vittime, di sintomi psicologici rilevanti e di numerosi casi in cui si configura una diagnosi di disturbo post traumatico da stress. La gravità dei sintomi è comparabile a quella che si riscontra nei soggetti che hanno subito classici traumi, come disastri aerei, rapine a mano armata e gravi incidenti automobilistici. Le vittime di stalking, quindi, riportano una serie di disturbi conseguentemente alle molestie subite, che modificano notevolmente la qualità della loro vita.
Gargiullo e Damiani (2008) riscontrano, prevalentemente, le seguenti patologie:
- Il Post-Traumatic Stress Disorder (PTSD) conseguente a uno o più eventi di forte impatto emotivo, come ad esempio minacce di morte, gravi lesioni, atti persecutori persistenti e angoscianti. Il disturbo si manifesta attraverso sogni e ricordi invasivi ego distonici, sensazioni che l’evento traumatico si ripeta e disagio psicologico, in conseguenza a stimoli esterni o interni, che presentano caratteristiche simili all’evento traumatico. Tali sintomi possono condurre la persona a manifestare diversi comportamenti: evitare qualunque stimolo associato al trauma, con conseguenti amnesie dissociative; ridurre l’interesse per le attività sociali; avere un distacco emotivo dall’ambiente; avere un’affettività ridotta e una visione negativa del futuro.
- Il Complex Post-Traumatic Stress Disorder (C-PTSD) conseguente ad un’esposizione prolungata a un trauma cronico, ad esempio abusi fisici, abusi emozionali, abusi sessuali e maltrattamenti ripetuti nel tempo. È stato definito da Van der Kolk e Courtois (2005), un disturbo che descrive perfettamente le conseguenze dell’impatto negativo e quindi la perdita di sicurezza, di fiducia, di valore e di autostima. Include evidenti difficoltà a livello emozionale e interpersonale. I sintomi sono svariati: difficoltà nella regolazione delle emozioni, rivivere costantemente gli episodi traumatici, cambiamenti nell’auto percezione e nella percezione del proprio molestatore, alterazione nelle relazioni con gli altri e perdita di fiducia. Tutte queste problematiche sono spesso presenti nella maggior parte delle vittima di stalking (Gargiullo, Damiani, 2008).
- Somatizzazioni, ovvero disturbi fisici che non hanno alcuna base organica che possa dimostrarne l’origine; questi sono in stretto rapporto con l’ansia e il grave disagio emotivo che la vittima prova.
- Avversione sessuale: spesso episodi di stalking, con violenze fisiche o sessuali, portano la vittima ad avere un’avversione sessuale. Esse sviluppano un disturbo d’ansia caratterizzato da disgusto, paura, repulsione diminuzione della libido (desiderio sessuale). Le vittime di stalking possono mettere in campo diverse strategie disfunzionali di protezione, come ad esempio andare a letto presto, trascurare il proprio aspetto fisico, dedicare eccessivo tempo al lavoro o allo sport.
- Vaginismo: infine, può riscontrarsi un disturbo di vaginismo, per cui si contraggono involontariamente i muscoli perineali che circondano il terzo esterno della vagina, rendendo dolorose e quasi impossibili le relazioni intime.
Dal punto di vista psicologico ed emozionale, i sintomi più comunemente riportati dalle vittime di stalking sono paura, ansia, rabbia, sensi di colpa, vergogna, disturbi del sonno, reazioni depressive con sensazioni di impotenza, disperazione, paura e comparsa di ideazione suicidaria. Sul piano della salute fisica sono stati riscontrati disturbi dell’appetito, abuso di alcool, insonnia, nausea e aumento dell’uso di sigarette.
Tuttavia le vittime di stalking non sviluppano in modo deterministico un disturbo. I sintomi possono essere transitori e associati alla resilienza di un soggetto, ovvero alla sua capacità di adattarsi, a fronte di un evento traumatico.
Intervento psicoterapeutico per le vittime di stalking
Dal quadro sintomatologico descritto, si evince quanto sia importante che le vittime di stalking possano sentirsi sicure e accolte da un ambiente terapeutico empatico e non giudicante, capace di favorire la comprensione e la fiducia.
È necessario che il trattamento terapeutico avvenga parallelamente alla messa in atto di strategie pratiche anti-molestie e che si sia compiuto ogni sforzo possibile per mantenere o ristabilire il sostegno sociale delle vittime, al fine di ridurre, il più possibile, gli stress secondari che possono ostacolare la guarigione.
Attualmente non sono stati prodotti studi in merito all’efficacia dei trattamenti delle vittime di stalking, ma si è osservato che per il trattamento del Disturbo Post-Traumatico da Stress, molto simile per sintomatologia, gli interventi psicologici che hanno maggiori risultati positivi sono quelli di impronta cognitiva, in quanto evidence based (Curci et al., 2003).
Il Modena Group on Stalking è un gruppo multidisciplinare europeo, che è stato costituito nel 2003 da un gruppo di studiosi europei, tra cui psichiatri, criminologi, medici legali e giuristi, che per primo si è occupato di questo fenomeno, attraverso un’intensa attività di ricerca condotta in una prospettiva internazionale e multidisciplinare. Il centro di coordinamento ha sede presso l’Università di Modena e Reggio Emilia, ma gli studiosi provengono da diversi paesi tra cui Italia, Belgio, Inghilterra, Olanda, Slovenia e Spagna (Modena Group on Stalking, 2005).
Secondo l’approccio cognitivo comportamentale, nella prima fase della cura è importante iniziare con una psico – educazione sullo stalking, sulle probabili reazioni dello stalker e sulle prevedibili reazioni psicologiche delle vittime di stalking. Successivamente, in base alle risposte della vittima, ci si orienta in modo differente per affrontare il problema. Si cerca, quindi, di incoraggiare la vittima a richiedere un sostegno sociale e legale, a interrompere qualsiasi contatto con lo stalker e ad adottare misure preventive di protezione, come ad esempio traslocare o cambiare lavoro. In alcuni casi, si consiglia di prendere lezioni di auto-difesa, per ridurre i propri sentimenti di impotenza ed aumentare la fiducia in se stessi.
Ci si concentra, inoltre, soprattutto sull’elaborazione emotiva degli episodi di stalking. Le vittime, infatti, hanno subito una modifica delle loro precedenti convinzioni di base, riguardo la ragionevolezza e la sicurezza dell’ambiente in cui vivono e hanno messo a dura prova il loro equilibrio. Hanno un estremo senso di vulnerabilità e ansia di subire un’aggressione da un momento all’altro.
La terapia cognitiva, in questo caso, mira a ristrutturare le convinzioni patologiche che minacciano il funzionamento delle vittime di stalking, dando loro la possibilità di formarsi una visione più realistica e accettabile del proprio senso di sicurezza. Quando lo stalking è ancora in corso, i timori della vittima hanno una base reale, quindi gli strumenti cognitivi, vanno comunque forniti senza perdere di vista il problema reale della sicurezza. Può risultare utile integrare anche interventi comportamentali, come compiti di esposizione graduale e di desensibilizzazione, che possono aiutare a riprendere gradualmente le attività precedentemente abbandonate e a superare l’ansia.
La farmacoterapia può costituire un intervento aggiuntivo a quello psicologico, soprattutto nei casi in cui le vittime di stalking sviluppano sintomi psichiatrici disabilitanti. Poiché, solitamente, le vittime non hanno precedenti esperienze di disturbi psichiatrici, è estremamente importante che le dosi iniziali siano basse, per evitare effetti indesiderati che potrebbero aggravare la sofferenza. Sarebbe consigliato evitare l’uso di benzodiazepine e di altre sostanze che possano indurre dipendenza, dato il frequente protrarsi delle molestie e del relativo trattamento.
Inoltre è da considerare che l’abuso di sostanze è un rischio frequente nelle vittime di traumi e spesso questi farmaci possono peggiorare il cattivo funzionamento sociale e cognitivo delle vittime.
Importantissimo, è anche, considerare l’elevato tasso di idee suicidarie presenti nelle vittime di stalking, e quindi fare particolare attenzione alle proprietà disinibenti dei farmaci prescritti, per evitare le prescrizioni potenzialmente letali, se assunte a scopo autolesivo. I farmaci che sembrano più utili, invece, sono gli antidepressivi di nuova generazione, inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI), che sembrano efficaci anche nel trattamento del Disturbo Post-Traumatico da Stress (Friedman, 2000). Anche farmaci come il nefazodone, con proprietà di blocco serotoninergico e istaminergico, e gli antidepressivi noradrenergici e serotoninergici specifici (NaSSA) appaiono utili nel trattamento delle vittime di stalking (Curci et al., 2003).
Le vittime possono trovare beneficio, inoltre, dai gruppi di auto-aiuto, in cui vengono ridotti i sentimenti di isolamento e prevale un senso di reciproca comprensione e conferma. Nel percorso è importante anche includere il partner, se presente, e i familiari più significativi. Essi, spesso, possono essere fonte di informazioni collaterali, che permettono di sviluppare strategie migliori per affrontare il problema. Essi possono anche sostenere la vittima nelle sue esigenze di sicurezza (Curci, 2003).