Il disturbo erettile sembra aver subito un notevole aumento nelle fasce di età più basse che hanno mostrato una crescita esponenziale di problemi erettili e calo della libido e della soddisfazione sessuale nei rapporti sessuali tra i giovani. Che ruolo ha la pornografia?
Nell’affrontare le disfunzioni sessuali in generale non possiamo prescindere dal modello della risposta sessuale di Kaplan. Questo modello si organizza in quattro fasi che rappresentano insieme la normale risposta sessuale: il primo stadio è l’interesse sessuale o desiderio; il secondo è lo stadio dell’attivazione o eccitazione sessuale; il terzo è quello dell’orgasmo; il quarto è quello della risoluzione.
Ogni disfunzione sessuale riflette un problema persistente del soggetto in uno di questi stadi, ad eccezione dell’ultimo per cui non esisterebbe un corrispettivo patologico.
È nel secondo stadio del modello di Kaplan che ritroviamo il disturbo erettile. Nella fase dell’eccitazione sessuale avvengono diversi cambiamenti fisici che accompagnano la sensazione soggettiva di eccitazione. Nell’uomo tali cambiamenti si manifestano visivamente attraverso l’erezione del pene (Hansell e Damour, 2007).
L’Erectile Disorder (ED) è tradotta come Disturbo Erettile, ovvero la marcata difficoltà nell’ottenere o mantenere un’erezione durante l’attività sessuale in più del 75% dei suoi rapporti sessuali. Molte ricerche, come quelle fatte da Prins, Blanker, Bohnen, Thomas e Bosch (2002) e da De Boer, Bots, Lycklama, Nijeholt, Moors, Pieters e Verheij (2004), almeno fino alla decade scorsa, hanno dimostrato come tale disturbo sia strettamente correlato all’età, ovvero che la percentuale di persone sotto i 40 anni affette da tale difficoltà era molto più bassa della percentuale delle persone più adulte.
La connessione tra età e ED era spiegata da diversi fattori, non ultimo lo stile di vita dei soggetti affetti; l’obesità, l’abuso di sostanze e l’abitudine di fumare sono stati correlati con il disturbo organico dell’erezione (Park, 2016).
Il disturbo dell’erezione è classificato o come organico o come psicogeno: nel primo caso è attribuito a determinate condizioni fisiche, come variabili neurologiche, ormonali, anatomiche, o all’effetto di un farmaco. Nel secondo caso invece si fa riferimento a condizioni psichiche che possono compromettere l’erezione del soggetto, quali quadri depressivi, esposizione a forti stress o una condizione di ansia da performance o generalizzata.
Tuttavia, tale disturbo sembra aver subito un’impennata nelle fasce di età più basse. È infatti sugli uomini sotto i 40 anni che andremo ora a focalizzarci, in quanto ricerche più recenti (Landripet e Štulhofer, 2015) hanno mostrato una crescita esponenziale di problemi erettili e calo della libido e della soddisfazione sessuale nei rapporti sessuali tra i giovani.
Parallelamente a questi dati c’è stata una crescita esponenziale dei siti pornografici e della disponibilità di contenuti pornografici dal 2006 in poi. È in quell’anno infatti che nascono le prime piattaforme online che mettono a disposizione dei propri utenti film e video pornografici di ogni genere, visibili senza la necessità di scaricarli.
A partire da queste due variabili si sta diffondendo un quesito: può il materiale pornografico modificare le nostre abitudini sessuali nella vita reale ed il modo in cui fisicamente le viviamo?
Nel 2007 il Kinsey Institute è il primo a collegare la pornografia con la crescita delle disfunzioni erettili e con il calo del desiderio sessuale tra i giovani. Inoltre l’istituto evidenzia come l’esposizione alla pornografia, se continua, porterebbe ad una rapida abitudine del soggetto ai contenuti sessuali espliciti, la quale spingerebbe lo stesso verso la ricerca di materiale sempre nuovo e progressivamente più deviante per mantenere un’alta eccitazione: nel soggetto avverrebbe quindi una sorta di specializzazione sui contenuti sessuali online che difficilmente riesce poi a ritrovare nel rapporto sessuale nella vita reale.
Avviene dunque quello che Park (2016) chiama iperattività neurologica durante l’esposizione a materiale pornografico online e contemporaneamente un’ipoattività neurologica di fronte a stimoli sessuali naturali provenienti dalla vita reale. Il soggetto in quest’ultimo caso fatica a ricavare dal rapporto sessuale con il proprio partner quei livelli di eccitazione che raggiunge quando, davanti allo schermo, sceglie autonomamente il contenuto sessuale cui prestare la sua attenzione (Park, 2016).
Uno studio del 2015 condotto in Italia, che ha coinvolto 1565 studenti all’ultimo anno della scuola secondaria di secondo grado, ha evidenziato una correlazione tra disturbi della sfera sessuale e uso di materiale pornografico online. Del totale del campione di riferimento 1492 hanno accettato di partecipare alla ricerca in forma anonima. I restanti non sono stati quindi considerati nell’elaborazione dei dati. Di 1492, 1163 studenti hanno dichiarato di consumare materiale pornografico online: il 10% di questi ha dichiarato che l’uso di questo materiale ha fatto diminuire il loro interesse sessuale nella vita reale. Andando a suddividere questi 1163 studenti in base alla frequenza di accesso ai siti web vediamo che il 43% vi accede una volta a settimana, mentre il 49% meno di una volta a settimana: in quest’ultimo gruppo il 14% ha dichiarato un’anormale risposta sessuale, mentre la percentuale arriva al 25% in studenti che accedono a questi contenuti più di una volta a settimana. Le anormalità di risposta sessuale riscontrate sono: problemi di erezione, di orgasmo prematuro e diminuzione del desiderio sessuale (Pizzol, Bertoldo, Foresta, 2016).
In un altro esperimento del 2015 su uomini sotto trattamento per ipersessualità, i quali facevano un frequente uso di materiale pornografico ed i quali dichiaravano di dedicare 7 ore o più alla settimana per masturbarsi, emerse che il 71% aveva disfunzioni sessuali e di questi il 33% riportava difficoltà di eiaculazione (Sutton, Stratton, Pytyck, Kolla, Cantor, 2015).
Caratteristiche dello stimolo: abbiamo già accennato a come lo stimolo pornografico, grazie ai siti pornografici disponibili dal 2006, sia flessibile alle scelte dei propri utenti. Abbiamo già parlato di come i soggetti siano con il tempo e con il continuo uso spinti a indirizzare le loro ricerche verso materiale sempre nuovo. Abbiamo quindi accennato a come vi sia una possibile escalation della devianza del materiale pornografico e come tutte queste caratteristiche dello stimolo siano difficili da riscontrare poi nella vita reale in una relazione sessuale con un’altra persona. In altre parole la realtà non riesce a tenere testa alla fantasia del soggetto, al suo bisogno di novità, e così delude puntualmente le sue aspettative. Ma cosa succede a livello cerebrale?
Gli stimoli sessuali online vengono rinforzati dal piacere che proviamo nell’esperienza sessuale della masturbazione. Ma come nell’uso e abuso di una sostanza che dona piacere, il nostro cervello si abitua ad un determinato stimolo quanto ad una determinata dose della sostanza. Ciò obbliga il soggetto a ricercare materiale diverso nella quantità o nella qualità per poter ritrovare sempre lo stesso grado di piacere. Questo porta il soggetto ad addentrarsi in un circolo che si autoalimenta. Attenzione però a considerare il soggetto in questione entro un vicolo cieco: la plasticità del nostro cervello ci permette, anche se con un sostanziale sforzo, di uscire da questo circuito disfunzionale. Come Norman Doidge illustra nel suo libro The Brain That Changes Itself (2007), nella stessa direzione di pensiero Bronner e Ben-Zion (2014) mostrarono come una rieducazione sulla masturbazione e sulle sue implicazioni nella vita sessuale delle persone affette da problemi di erezione e di diminuzione della libido possa giovare sul loro desiderio nonché la loro relazione sessuale. Questi due ricercatori mostrarono come dopo otto mesi di interruzione totale dell’esposizione di questi soggetti a contenuti pornografici, i loro problemi di erezione, di eiaculazione ed il loro desiderio sessuale fossero significativamente migliorati.