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Dexter: perché nonostante la nostra moralità a volte tifiamo per il cattivo?

Dexter: un antieroe che, sebbene uccida esclusivamente per soddisfare i propri impulsi, viene percepito dal pubblico come un vendicatore, un giustiziere

Di Catia Lo Russo

Pubblicato il 22 Dic. 2020

Dexter è uno show televisivo che pone complesse questioni morali sulla giustizia, sulla moralità e su cosa sia il bene e il male. Perché questo show è così popolare se le azioni del protagonista sono in conflitto con il codice morale dello spettatore? Perché arriviamo al punto di tifare per lui?

 

Dexter è una serie TV americana di genere thriller e poliziesca che ha un protagonista insolito: egli lavora per il dipartimento di polizia di Miami come tecnico forense nell’analisi delle tracce ematiche, tuttavia è un efferato serial killer. Il padre adottivo Harry ha riconosciuto precocemente i segnali di psicopatia in Dexter, anticipando quello che sarebbe diventato da adulto, per questo gli ha insegnato un “codice morale”: Dexter Morgan, infatti, sceglie esclusivamente vittime che hanno a loro volta commesso omicidi, ma che sono riusciti a eludere il sistema giuridico. E’ un antieroe che, sebbene uccida esclusivamente per soddisfare i propri impulsi, viene percepito dal pubblico come una sorta di “vendicatore oscuro” o di giustiziere. È evidente che tale show televisivo, pone certamente complesse questioni morali sulla giustizia, sulla moralità e su cosa sia il bene e il male.

Un recente studio ha l’obiettivo di esplorare come il pubblico ha accolto tale narrazione e ciò che ne deriva. Gli autori si basano sulle teorie del ragionamento morale (Bandura, 1999; Haidt, 2001; Zillmann 2000) e su come il pubblico legge personaggi moralmente ambigui, utilizzando il Composite Multidimensional Model Of Audience Reception (Michelle, 2007). Michelle (2007) ha descritto quattro diverse modalità di ricezione da parte del pubblico: (1) modalità di ricezione trasparente, in cui l’individuo può sospendere la propria incredulità e perdersi nel mondo immaginario del testo, sperimentando una forte emozione verso i personaggi e i temi; (2) modalità referenziale, in cui l’individuo confronta il testo con la propria vita reale per l’interpretazione; (3) modalità mediata, in cui l’individuo interpreta il testo in base alla propria cultura di produzione mediatica ed è meno coinvolto con i temi e i messaggi del testo; infine, (4) modalità discorsiva, in cui l’individuo analizza il significato del testo, assumendo una posizione ideologica rispetto al messaggio. Inoltre, gli autori hanno voluto indagare come i messaggi dei media influenzano i comportamenti del pubblico, specialmente nel caso di contenuti relativi a comportamenti considerati moralmente riprovevoli.

Bandura aveva evidenziato come il pubblico si relaziona a personaggi moralmente ambigui nella sua teoria del disimpegno morale (Bandura, 1999): gli spettatori usano la razionalità per giustificare un comportamento immorale o per ridefinirlo come morale. Ad esempio, una persona che ruba del cibo può essere vista come immorale, ma se compie tale atto per sfamare la propria famiglia, allora può essere ridefinito come morale. Al contrario, Haidt (2001) ha sviluppato la teoria dell’intuizione sociale, secondo cui i giudizi sulla moralità di basano sull’emozione provata in risposta alle “violazioni morali”. Questa teoria spiega inoltre il concetto di “ammutolimento morale”: ad esempio l’incesto consensuale è universalmente condannato, anche nel caso di assenza di vittime o danni, tuttavia il fatto di essere consensuale, ritarda nello spettatore la percezione che sia un atto deplorevole. Il modello dell’intuizione sociale è quindi “un modello a doppio processo di moralità basato sia sull’intuizione morale [emozione] sia sulla cognizione morale [ragionamento]”. Ciò è importante per capire come le persone danno giudizi che sono controintuitivi rispetto alle risposte razionali (Greene & Haidt, 2002). Zillman con la teoria della disposizione affettiva afferma che gli spettatori si identificano soltanto con quei personaggi che agiscono in accordo con il proprio codice morale (Zillman, 2000). Quindi, la moralità di un individuo funge da filtro per tutte le esperienze di intrattenimento. Haidt e Joseph (2007) hanno scoperto che esistono cinque domini morali universali: (1) danno/cura, (2) equità/reciprocità, (3) libertà/oppressione, (4) autorità/sottomissione e (5) purezza/sanità. All’interno di una cultura, gli individui che agiscono contro uno qualsiasi di questi domini universali sono giudicati come malvagi.

Il personaggio principale è in evidente conflitto con il concetto di protagonista “moralmente puro” che combatte contro un antagonista malvagio. Pertanto sorgono spontanee le seguenti domande: “Perché questo show è così popolare se le azioni del protagonista sono in conflitto con il codice morale dello spettatore?”, “Perché arriviamo al punto di tifare per lui?”.

Zenor e Granelli (2016) si propongono di esaminare come gli spettatori di Dexter danno un senso ai concetti di moralità e giustizia, chiedendo:

  1. In che modo il pubblico riesce a conciliare le norme contrastanti della morale all’interno del testo di Dexter?
  2. Le interpretazioni di Dexter da parte del pubblico rientrano in una specifica modalità di coinvolgimento?
  3. Le interpretazioni di Dexter da parte del pubblico rientrano in una teoria di impegno morale?
  4. C’è una connessione tra il modo di coinvolgimento del pubblico e il suo impegno morale con il testo?

La metodologia Q è un approccio appropriato per studiare il modo in cui i consumatori (N=54) interpretano i messaggi dei media, perché è una metodologia che studia la soggettività (Brown, 1980): è usato per discernere i punti di vista soggettivi condivisi delle persone (Michelle et al., 2012). Si tratta di uno strumento proiettivo che permette di svolgere un’analisi sia qualitativa che quantitativa, ed è destinato a studiare la “soggettività operante” o “pensieri interiori” del soggetto (Stephenson, 1953).

Dalle analisi effettuate sono emersi quattro fattori che rappresentano le posizioni del campione su Dexter:

  • Vigilante Giustificato: Dexter Morgan è visto come un eroe che utilizza i propri impulsi per fare del bene e perseguire la giustizia. Gli individui che rientrano in questa prospettiva provano ammirazione per il protagonista e ritengono che l’omicidio non è accettabile, ma che il dominio universale della giustizia è più importante del dominio universale del non danno (Haidt e Joseph 2007). Il 65% di essi ha riferito di essere vittima di un crimine, pertanto acclamano Dexter per aver fatto ciò che non possono fare nella vita reale. Questo fattore rientra nella modalità di ricezione trasparente (Michelle, 2007).

Dexter sta compiendo una buona azione per la società…. Non uccide gli innocenti

Dexter è affascinante perché usa il suo Oscuro Passeggero per uccidere quelli come lui

  • Puzzle Psicologico. Questa prospettiva assume che il fulcro della serie TV sia la complessità degli esseri umani: Dexter racconta di come il protagonista nasconda il suo alter ego, rafforzando l’idea che “non potremo mai conoscere le persone realmente”. Non condannano, né giustificano il comportamento di Dexter, ma lo vedono come una sorta di difesa dalla follia: entrano in empatia con il personaggio, anche se non lo ritengono affascinante, divertente e degno di ammirazione. Soltanto il 18% di questi soggetti ha riferito di essere vittima di un crimine. Anche se credono che le azioni del protagonista siano sbagliate, trovano divertente guardare lo spettacolo. Rientra nella modalità di ricezione referenziale.

La moralità non è semplicemente bianca o nera

Ci sono molte ragioni per cui non dovrebbe uccidere

Sono affascinato dagli assassini… e da come lo giustificano.

  • Violenza Gratuita: questi individui credono che si tratti di una gratuita celebrazione dell’omicidio, hanno descritto lo spettacolo come grottesco, contorto, raccapricciante e difficile da guardare. Le azioni del protagonista sono assolutamente condannate, non lo ammirano e lo definiscono uno psicopatico. Per loro il pensiero non può essere separato dall’azione: le sue azioni hanno violato il dominio morale universale di non nuocere. Rientra nella modalità di ricezione discorsiva.

Due torti non fanno una ragione

Sta commettendo gli stessi crimini che commettono i criminali

Dexter non avrebbe bisogno di uccidere la gente se la polizia di Miami non fosse così inetta.

  • Evasione Deviata: questa parte del campione riferisce di essere affascinata dal serial killer. Sono consapevoli che le sue azioni siano sbagliate, ma gli piace e non hanno avuto difficoltà a guardare lo show, al contrario lo ritengono emozionante. Affermano che questa serie TV rappresenta la natura primitiva dell’uomo: non si sa mai di cosa siano capaci le persone. Inoltre, credono che, quella di Dexter sia un’etica situazionale: non usa i suoi impulsi per il bene, piuttosto abusa della vendetta per giustificare l’omicidio. Questa prospettiva è moralmente distaccata e non esprime giudizi sul personaggio. Rientra nella modalità di ricezione mediata.

Posso distinguere tra intrattenimento e partecipazione effettiva. Non credo che la visione dello spettacolo si rifletta sullo spettatore

Se non avesse ucciso, non sarebbe stato un bello spettacolo.

Naturalmente, in questo studio, tre delle quattro prospettive includevano spettatori che erano fan dello show, per questo avevano una lettura positiva dei contenuti, indipendentemente dalla modalità con cui erano coinvolti. Probabilmente, se Dexter Morgan non fosse stato moralmente ambiguo, ma soltanto un vero e proprio assassino, la maggior parte della gente avrebbe respinto lo show.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Bandura, A. (1999). Moral disengagement in the perpetration of inhumanities. Personality and Social Psychology Review, 3(3), 193–209.
  • Brown, S. (1980). Political subjectivity: Application of Q-methodology in political science. New Haven, CT: Yale University Press.
  • Granelli, S., Zenor, J. (2016). Decoding “The Code”: Reception Theory and Moral Judgment of Dexter. International Journal of Communication 10, 5056–5078.
  • Greene, J., & Haidt, J. (2002). How (and where) does moral judgment work? Trends in Cognitive Sciences, 6(12), 517–523.
  • Haidt, J. (2001). The emotional dog and its rational tail: A social intuitionist approach to moral judgment. Psychological Review, 108(4), 814–834.
  • Haidt, J., & Joseph, C. (2007). The moral mind: How five sets of innate intuitions guide the development of many culture-specific virtues, and perhaps even modules. In P. Carruthers, S. Laurence, & S. Stich (Eds.), The innate mind, 3, 367–391.
  • Michelle, C. (2007). Modes of reception: A consolidated analytical framework. The Communication Review, 10(3), 181–222.
  • Stephenson, W. (1953). The study of behavior: Q-technique and its methodology. Chicago, IL: University of Chicago Press.
  • Zillmann, D. (2000). Basal morality in drama appreciation. In I. Bondebjerg (Ed). Moving images, culture and the mind, 53–63.
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