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L’impatto psicologico del COVID-19 sul paziente oncologico

Uno studio ha preso in esame l’impatto del COVID-19 sul paziente oncologico e sui familiari con un’intervista condotta dopo sette settimane di lockdown

Di Bernardo Carli

Pubblicato il 16 Dic. 2020

Nella popolazione oncologica fattori quali il ritardo o l’interruzione nelle cure, le preoccupazioni circa la contrazione del COVID-19 e le sue ripercussioni sull’ambiente circostante, sono stati alla base di una maggior prevalenza di ansia e depressione.

 

La diagnosi di cancro ed il suo trattamento causano spesso difficoltà sulla sfera psicologica, sociale e relazionale. Rispetto alla popolazione, i pazienti oncologici sembrano essere più a rischio di sviluppare disturbi come ansia e depressione (Wang et al., 2020), laddove la percentuale delle stesse può arrivare rispettivamente al 23% e 17% (Linden et al., 2012).

Numerosi studi in letteratura hanno evidenziato come la presenza di disturbi psicologici in comorbilità influisca negativamente sull’aderenza al trattamento, sul tasso di sopravvivenza e sulla qualità di vita generale, sottolineando l’importanza di una presa in cura globale del paziente oncologico.

Recentemente, l’impatto del virus COVID-19 ha comportato numerose ripercussioni sull’area psicologica e sociale delle persone, causando alti livelli di stress e problemi legati alla salute mentale, oltre che fisica. La pandemia e le conseguenti misure restrittive hanno influito inevitabilmente sull’area lavorativa, sociale e sanitaria, comportando una riorganizzazione della stessa.

Nella popolazione oncologica fattori quali il ritardo o interruzione nelle cure, preoccupazioni circa la contrazione del COVID-19 e le sue ripercussioni sull’ambiente circostante, sono stati alla base di una maggior prevalenza di ansia e depressione in tali soggetti (Chen et al., 2020).

L’incertezza per il futuro, per la progressione della malattia e l’esito delle cure mediche, già presenti prima del coronavirus (Stamataki et al., 2014) si sono scontrate con l’incertezza data dalla pandemia e dal suo decorso, ed è auspicabile, oltre che clinicamente rilevante, studiare come l’evento pandemico abbia impattato sulla qualità di vita del paziente oncologico.

Lo studio di Schellekens e Van der Lee (2020) ha preso in esame l’impatto del COVID-19 sul paziente oncologico e sui familiari attraverso un’intervista semistrutturata condotta dopo sette settimane di lockdown. La ricerca ha avuto lo scopo di evidenziare i fattori di vulnerabilità e di protezione a seguito delle misure restrittive emanate per arginare l’impatto pandemico, sia nel paziente oncologico che nel familiare.

L’intervista di 12 item su scala Likert a 5 punti ha incluso domande riguardanti la solitudine, la paura per l’infezione e la paura di morire per coronavirus, mentre l’ultima domanda (che impatto ha avuto la crisi del coronavirus sulla tua vita?) era aperta ed è stata somministrata a 233 pazienti e 41 familiari.

Attraverso un’analisi tematica le risposte sono state collocate in due grandi gruppi:

  • Paura e solitudine;
  • Sentimenti di pace e appartenenza.

Paura e solitudine

L’impatto della pandemia ha creato incertezza e uno spartiacque tra un prima e un dopo, riverberandosi su vari aspetti della vita quotidiana, sia sociali, lavorativi, psicologici che burocratici, dovendo pertanto assistere ad una riorganizzazione delle visite ospedaliere e terapie mediche.

L’analisi delle domande ha portato il 50.5% del campione in esame a sperimentare preoccupazioni riguardanti la possibilità di contrarre il virus e la paura di essere ricoverati successivamente in terapia intensiva (45.6%), mentre il 44.5% ha riportato la paura di non essere stati in grado di “dire addio” ai congiunti in caso di morte per COVID-19.

Per quanto riguarda i familiari dei pazienti oncologici, circa il 66% ha riportato la paura principale di infettare il parente malato, essendo più a rischio di conseguenti complicazioni per immunocompromissione a causa del cancro e dalle terapie mediche.

Rispetto a prima della pandemia, circa il 36% dei pazienti e il 41.4% dei familiari hanno riportato di sentirsi soli e isolati, di essere mancati contatti fisici con i congiunti e amici, non potendo essere replicati tali contatti a distanza (videochiamata o telefono).

I sentimenti di solitudine e isolamento si sono riverberati sulle paure legate al cancro, mancando, a causa delle restrizioni sociali, attività ludiche e distrazioni; a tal proposito un familiare ha riportato che l’essere stato “isolato” in casa con il partner malato, in assenza di socializzazioni con familiari e amici, ha impedito di distrarsi dall’evento cancro rimanendo questo totalizzante nella quotidianità. Sono stati inoltre riportati anche contatti più limitati con i medici di riferimento.

Nel presente studio, l’impossibilità di condurre la stessa vita antecedente la pandemia ha inciso, sia sul paziente che sul congiunto, sul sentimento di solitudine spesso lasciando poche possibilità di investimento su altre attività e relegando il supporto ed i contatti sociali in via telematica.

Sensazioni di pace ed appartenenza

Un ampio gruppo di di pazienti (45.5%) e familiari (41.5%) ha riferito di essersi sentito a proprio agio durante il periodo di lockdown nella propria casa con i congiunti, essendo diminuiti gli stimoli esterni e dilazionato i tempo passato con i propri cari. Gli autori riferiscono che la diminuzione degli impegni lavorativi o del monte di ore dedicato ad aspetti esterni ha comportato un maggiore senso di pace e di tranquillità rispetto alle preoccupazioni dei soggetti intervistati.

A tal proposito, circa il 40% dei pazienti e il 36.6% dei familiari ha riportato di essere riuscito, a seguito della pandemia e degli effetti di questa sulla quotidianità, a focalizzarsi maggiormente sulle cose importanti.

Diversi pazienti hanno riportato che essendo abituati a stare molto tempo in casa, a seguito delle restrizioni sociali e all’obbligo di passare più tempo in casa per tutti, si sono sentiti più compresi e ciò ha influito sul sentimento di appartenenza alla comunità; come riporta una paziente

Currently, also all of my colleagues are working from home. Now I am not the only one anymore who dials in (per phone/video) at meetings, and I see that as an advantage (Schellekens & Van der Lee, 2020).

Riassumendo, per alcune persone la solitudine provata durante il lockdown ha aumentato le loro paure legate al contesto oncologico, soprattutto in coloro che erano a rischio di sviluppare ansia e depressione; per altri la possibilità di passare più tempo in casa o in contatto con i familiari ha costituito un momento di pace e di rivalutazione degli aspetti importanti della propria vita.

Gli autori concludono sottolineando come, al fine di mantenere una qualità di vita soddisfacente, possa essere utile ricercare forme di contatto sociale sicure, ad esempio mantenere i contatti (fisici) con familiari o amici con le dovute precauzioni e mantenere un supporto psicologico online al fine di accompagnare la persona e sostenerla nelle difficoltà dell’iter oncologico, con le dovute attenzioni alle vulnerabilità personali e familiari.

 

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