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“Il tutto è superiore alla semplice somma delle parti”: il gruppo come strumento in terapia

Terapia di gruppo: il gruppo è uno spazio nuovo in cui si crea un clima di dialogo e scambio, nel quale ciò che l’altro “porta” diventa facilmente proprio

Di Maria Obbedio

Pubblicato il 13 Nov. 2020

La psicoterapia di gruppo è un tipo di terapia che potremmo definire peculiare, nella quale un gruppo non troppo nutrito di persone si riunisce, sempre sotto la direzione generale di uno psicoterapeuta, per aiutarsi non solo individualmente ma anche reciprocamente.

Maria Obbedio – OPEN SCHOOL, Studi Cognitivi Bolzano

 

Che cos’è la terapia di gruppo?

Nata all’inizio del ‘900, oggi la terapia di gruppo è indubbiamente un’efficace forma psicoterapeutica. Ma in cosa consiste esattamente? Si ha terapia di gruppo quando si ha reciprocità, scambievolezza e confronto tra i componenti. È proprio quest’aspetto a gettare le basi per il raggiungimento di un risultato terapeutico e curativo. Il gruppo, infatti, è sia un complesso di individualità distinte tra loro che un “organismo” unico, il quale facilita importanti procedimenti di cambiamento. Durante le sedute, i singoli condividono le loro esperienze personali. Il principio di base è ritrovarsi insieme e parlare in modo sincero e naturale, sempre sotto la direzione generale del terapeuta. I vari gruppi si distinguono tra loro in base allo scopo che si prefiggono: alcuni si concentrano ad esempio più sul miglioramento delle abilità sociali, altri invece cercano di procurare ai pazienti i mezzi per affrontare situazioni critiche quali fobie, ansia, pensieri negativi etc. Aspetto importante da non sottovalutare è che i diversi componenti del gruppo sono tutti allo stesso modo protagonisti, attori principali della terapia, del loro e altrui cambiamento.

Quali sono i benefici della psicoterapia di gruppo?

I vantaggi della psicoterapia di gruppo sono svariati. Ad esempio:

  • Uguaglianza

Nel gruppo tutti sono uguali e il terapeuta, nonostante la sua posizione, lascia molto spazio e molta libertà ad ognuno, convertendosi in una voce del gruppo che non sta al di sopra di questo. Esso funge da mediatore e conduttore, rileggendo e dando chiarezza al contributo di ogni singolo.

  • Non sentirsi giudicati

È uno degli elementi più rilevanti. Nessuno viene giudicato. Appoggio e cooperazione devono essere sempre reciproci e corrisposti.

  • Sentimento di appartenenza al gruppo

Il gruppo condivide regole che occorre rispettare per portare avanti in modo sereno la terapia e facilitare il cambiamento. Affinché vi sia un lavoro di gruppo occorre dare tempo perché si crei fiducia e anche quel grado di confidenza tale dal creare il “noi”. Il gruppo non è solo un’insieme di individui. Il gruppo è un’identità. Il gruppo è il “noi”.

  • Imparare dagli errori degli altri

Stare attento alle storie altrui, alle loro preoccupazioni, alle loro soluzioni può essere uno spunto di riflessione per risolvere i nostri problemi.

  • Possibilità di sperimentare un luogo sereno e sicuro

Nessuno è obbligato a parlare, se non si sente pronto. Approccio questo importante per consentire al singolo di sperimentare un senso di sicurezza e serenità.

Poniamo che i componenti di un determinato gruppo si riuniscano, come terapeuti avremo di fronte persone verosimilmente diverse tra loro, che avranno tuttavia in comune almeno un fattore: aver chiesto aiuto per un problema.
 Ognuno potrà quindi veder riflesso in tutti gli altri componenti una doppia difficoltà:

  • difficoltà personale;
  • difficoltà nel convivere con questa difficoltà, sopratutto nel momento delle ricadute/scivolate.

Il fatto di vedere che una persona del gruppo – una volta che si sia costituita la necessaria confidenza e fiducia di base – trova il modo di avvicinarsi anche solo di un passo al superamento della difficoltà in questione, spontaneamente, genera, per motivi che potrebbero probabilmente essere letti in maniera diversa a seconda dell’orientamento teorico di chi osserva il fenomeno, una reazione a catena per cui ogni altro membro, con i propri tempi e mezzi psicologici, trova il modo di compiere quello stesso passo, ed alla fine il gruppo nel suo complesso riparte da un nuovo livello evolutivo.
 Una caratteristica del gruppo è la dialettica individuo/gruppo, mantenuta sempre attiva: esiste dunque un “discorso” che attiene all’individuo, un “discorso” che attiene al gruppo in quanto tale e una continua interdipendenza tra i due “discorsi”. 
Vi è quindi un’attenzione per la comunicazione e per il “processo gruppale”, attraverso la centralità sul qui ed ora e sul lì ed allora.

Il gruppo non agisce solo a livello verbale, ma anche non verbale: col tempo vi è un recupero della corporeità, dell’espressività essenziale ed utile per interagire con l’ambiente esterno.

Il gruppo offre ai suoi partecipanti la possibilità d’intravedere, nel tempo, nuove modalità di “lettura” della realtà e una rinnovata mobilità psicologica, proprio perché il gruppo terapeutico si colloca sul confine tra le diverse appartenenze dell’individuo: famiglie di origine, gruppi e culture di appartenenza, mondo sociale. Prendendosi cura del vissuto individuale, il gruppo terapeutico amplia gli scenari precedentemente angusti e promuove la ricerca di nuovi codici di accesso alla realtà sociale e individuale.

Gruppo e alcol

La psicoterapia di gruppo è da molto tempo considerata il trattamento d’elezione della dipendenza (Cooper, 1987; Flores, 1988). In essa, i noti fattori terapeutici, come la profusione di speranza, l’universalità, l’altruismo, il sostegno, la catarsi e le esperienze di apprendimento interpersonale (Yalom, 1995), contribuiscono in larga misura al doppio compito con cui ogni soggetto dipendente viene a confrontarsi nel trattamento, ossia il separarsi dalla sua sostanza d’abuso e il fondare un legame col gruppo dei soggetti dipendenti in fase di recupero.

Numerosi lavori scientifici sostengono l’efficacia della terapia di gruppo nel paziente alcolista, sia sotto forma di gruppi di discussione che di gruppi a orientamento psicodinamico, cognitivo-comportamentale o interazionale (Mullan,1963; Bogani,1984; Sierra, 1978; Vannicelli,1982; 1987; 1995; Bersani et all,2003). A questi contributi si aggiungono una serie di studi che dimostrano l’efficacia dell’associazione della terapia di gruppo con altre tecniche di trattamento per il paziente alcolista (Alfano, Thurstin, 1989).

Nello specifico, rimanendo sulla tematica del gruppo terapeutico, l’ingresso in un gruppo prevede un periodo variabilmente lungo, ma significativo, di lavoro individuale e una diagnosi intesa in senso ampio; in questo periodo viene effettuata una valutazione rispetto al possibile inserimento di un soggetto in uno specifico gruppo. Non accade per caso, non avviene con facilità, l’inserimento di un membro viene analizzato e valutato accuratamente per valutarne ad esempio motivazione all’ingresso, disponibilità ecc., questo perché l’ingresso di un nuovo membro ha un impatto molto importante sia per l’individuo che entra e sia per il gruppo che accoglie.

La prima fase, o meglio, il primo compito del conduttore di un gruppo è il coinvolgimento: potrebbe apparire un concetto scontato, ma non è da sottovalutare; è compito del conduttore creare un clima favorevole sia dove la comunicazione possa essere autentica e significativa e sia dove il paziente possa riconoscere il gruppo come un luogo sicuro, “speciale”. Il gruppo è formato non solo da persone, ma da storie, vissuti, ragion per cui emergono al suo interno non solo aspetti “positivi” legati alla possibilità di conoscere/si, ma anche “negativi”: esso conduce il soggetto a scontrarsi con i suoi limiti, ad evidenziare le proprie vulnerabilità.

Tappa fondamentale questa, per la quale anche l’aiuto del gruppo è necessaria, poichè in realtà è il gruppo stesso a operare questo primo cambiamento nel paziente. Il terapeuta cerca “solo” di incanalare idee, vissuti, ma lascia spazio al gruppo perché esso sia attivo. Nelle prime fasi, infatti, il gruppo assume le caratteristiche di “spazio contenitore e trasformativo” del singolo. Il gruppo attraverso la coesione e il senso di appartenenza dei suoi membri, si rivela come uno spazio fisico e mentale contenitivo: ognuno, al suo interno, è libero dal giudizio degli altri, può esprimersi liberamente e sentirsi al sicuro. Il gruppo è un contenitore che svolge la funzione di “schermo protettivo”, dove sentirsi accolti, ascoltati e stabili: è un’occasione di sviluppo che consente di affrontare le vulnerabilità determinate dalla dipendenza. L’esperienza gruppale può fornire la ripresa di un’area relazionale alternativa alle scene modello distruttive e reattive che costellano il passato di questi pazienti. Il gruppo aiuta il soggetto a creare una “nuova narrazione”, un vero e proprio racconto storico (alla cui formazione il soggetto partecipa come attore) che permette uno sguardo diverso nei confronti di un passato mortifero e doloroso. E’ questa una delle potenzialità trasformative del gruppo: l’incontro tra i partecipanti e il conduttore permette la costruzione di relazioni più sane, volte alla sperimentazione di modelli nuovi di comportamento.

Gli elementi strutturali di base di un gruppo terapeutico creano molti importanti confini: la costituzione di uno specifico spazio gruppale permette di distinguere tra il “dentro” e il “fuori” del gruppo, evidenziando il senso di appartenenza e la differenziazione tra ciò che è del gruppo e ciò che non lo è. E’ importante sottolineare che nello spazio fisico gruppale si esprime anche uno spazio psicologico collettivo, influenzato dalle esperienze personali dei membri del gruppo e del clima dominante nell’hic et nunc della singola seduta.

Le norme di gruppo sono parte integrante del dispositivo gruppale e sono necessarie per una partecipazione positiva alla terapia di gruppo. Le norme riflettono non solo le regole di comportamento da adottare durante gli incontri di gruppo, bensì le aspettative implicite ed esplicite dei membri su come dovrebbero funzionare gli incontri stessi.

Nel corso dell’anno il gruppo cresce, cambia, evolve: non solo a livello numerico, si potrebbero notare ad esempio periodi nei quali vi è un “ricambio” di partecipanti, incontri con pochi partecipanti o viceversa con una grande affluenza, ma sopratutto matura a livello di vissuti, storie, esperienze portando/si ad una fase evolutiva nuova. Sì, il gruppo non è un’entità ferma, immutabile ma è in continuo movimento.

Ragion per cui ne esistono di diverse tipologie: tra questi, per citarne alcuni, troviamo comunità terapeutiche, centri diurni, gruppi di auto-aiuto. Il ruolo dei “conduttori” non è quello di dirigere il Gruppo, ma di accompagnarlo; non è quello di spingerlo, ma di facilitarlo nel suo processo di comunicazione. In questo senso, vengono definiti più correttamente “facilitatori” o “agevolatori” del Gruppo. Pertanto, il loro ruolo è quello di favorire un clima psicologico di sicurezza, pienamente accettante e non giudicante, in cui si realizzino gradualmente la libertà di espressione e la riduzione degli atteggiamenti difensivi. Nei gruppi di auto-aiuto però, i partecipanti anziani “che ci sono passati e ci sono riusciti”, possono guidare i nuovi arrivati sia in un percorso gruppale che individuale.

Le caratteristiche peculiari di questi gruppi Self-help sono :

  • condivisione del problema comune: tutti i membri hanno un problema di dipendenza da sostanze;
  • parità tra partecipanti: non vi sono conduttori professionisti. Il ruolo di leader viene assunto, a turno, da “membri anziani” che costituiscono un nucleo stabile. Gli “anziani” creano un rapporto personale con i nuovi chiamato “sponsorship” ed esprimono un impegno continuativo nel gruppo;
  • coesione del gruppo: il clima gruppale è sempre molto intenso e carico emotivamente. L’atmosfera è quella dell’accoglienza e dell’accettazione;
  • autonomia: l’autonomia del gruppo è percepita come fattore indispensabile al suo buon andamento.

Certo, un percorso evolutivo, a qualunque tipologia appartenga, non è sicuramente scevro da momenti di sofferenza, scoraggiamento, rabbia, frustrazione, ricadute nelle proprie “vecchie e malsane” modalità. 
Una possibile risposta, tuttavia, è che l’orientamento positivo, in senso evolutivo, del gruppo lo trasforma contemporaneamente in un contenitore degli affetti negativi che vengono così non negati, ma anzi accolti, rielaborati e reintegrati in un sentimento collettivo, non più solo patrimonio di uno specifico individuo, ma vissuto e risultato dello sforzo complessivo di tutto il gruppo. Allora la stessa ricaduta, con la messa in atto di un comportamento “vecchio e malsano” verrà rielaborata e riletta sotto forma di scivolata, meno colpevolizzante e giudicante. Questo avviene perché il gruppo stesso assume ben presto, nella mente dei suoi partecipanti, la forma di uno spazio nuovo. Uno spazio nuovo in cui si crea un clima di dialogo e di scambio, nel quale ciò che l’altro “porta” diventa facilmente proprio e viceversa.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Alfano, A.;Thurstin, A.(1989) :"Program evaluation Research in ongoing Alcoholism Treatment : A Summary of Tuscalosa VA Project ". Int.J.of the Addictions, 24 ( 4 ), pp. 303-314.
  • Bersani, N. , Ferret, D. , Paroni, D., Clerici, M. (2003) Psicoterapia di Gruppo in un contesto rezidenziale di Doppia Diagnosi. En Lungo il Confine, a cura di Antonio Mosti, Massimo Clerici. Ed. Franco Angeli, Milano, 288-300.
  • Bogani, E. (1984) Psicoterapia de Grupo en el Alcoholismo.En Drogalcohol, Vol I X ,año num 2. pp. 65-77.
  • Cooper, D.E. (1987). The role of group psychotherapy in the treatment of substance abusers. American Journal of Psychotherapy, 41: 55-67.
  • Flores, P.J. (1988). Group Psychotherapy with Addicted Populations. New York: The Haworth Press.
  • Mullan, H. (1963). Group Psychotherapy with the alcoholic. Current Psychiatric Therapies.Vol III . Masserman , J . Ed .
  • Sierra, E.( 1978) :Estudio observacional sobre grupos de discusión en enfermos alcohólicos .En Drogalcohol, Vol III núm.4 pp.193-203.
  • Vannicelli, M.(1995) :Group Psychotherapy with Substance Abusers and Family members .En Psychotherapy and Substance Abuse, A practitioners's Handbook .Ed A.Washton, pp. 337-335.
  • Vannicelli, M.(1982):Group Psychotherapy with alcoholics : special techniques. Journal of Studies on Alcohol, 40, 457-471.
  • Vannicelli, M.(1987):Treatment of Alcoholic Couples in Outpatient Group Therapy.Group,Vol 11, Num 4, Winter.
  • Yalom, I. D. (1995). Theory and practice of group psychotherapy. New York: Basic Books.
  • Hands ONLUS. Centro Consulenza e Interventi per problemi di Alcol, Gioco d'azzardo e Farmacodipendenza.
  • Colli, M. La Psicoterapia di Gruppo dell’Alcolismo. Psychiatry online Italia.
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