Nel teatro, come nel cinema, talvolta è interessante trovare in modo naturale, senza neanche cercare, temi rilevanti di psicologia. “L’apparizione dell’idiota” di fatto sembra proprio focalizzarsi su alcuni ambiti psicologici quali il cambio di prospettiva, l’incontro col vuoto, il controllo e tanto altro che appartiene alla quotidianità dell’essere umano.
E’ proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un’altra prospettiva.
Questa citazione di Robin Williams ne L’attimo fuggente sembra racchiudere il significato dello spettacolo teatrale, tratto dall’omonimo e-book di Marcello Linfatti, L’apparizione dell’idiota.
La rappresentazione, che ha avuto luogo al Teatro delle Muse di Roma nelle serate del 17 e del 18 Settembre 2020, prende in considerazione più temi riguardanti l’intrapsichico e le relazioni interpersonali.
I vari personaggi della vicenda sembrano essere le voci interne di ciascun essere umano in lotta tra loro. Dentro ognuno di noi, infatti, coesiste la propria voce e quelle degli altri che abbiamo incamerato a modo nostro. Spesso è difficile far valere il proprio punto di vista dentro di sé, quando in gioco ci sono emozioni come la paura.
In realtà ognuno di noi ha le basi per sapere cosa è meglio e cosa no per se stesso e questo è uno dei messaggi che vengono esplicitati durante lo spettacolo, attraverso il monologo di Giangiangi. Attraverso un fiume di parole questo personaggio si libera, vomitando il suo disprezzo per le limitazioni che gli uomini si sono posti da soli per vivere.
Lo spettacolo, ambientato in un futuro distopico, mostra un nonno che racconta ad una nipote in che modo l’essere umano si sia rovinato da solo. Il primo passaggio che ha permesso questo è la difficoltà umana di restare col vuoto, che ha spinto gli uomini stessi a creare un sistema basato sul fare, da qui il termine “i facitori”,e che non permette di “stare” con le proprie emozioni. L’angoscia scatenata dal vuoto è tanto difficile da sperimentare che si preferisce avere la parvenza di mantenere il più possibile di quello che ci è dato sotto controllo.
Infatti descrive un falso vivere, che può essere tradotto in un sopravvivere, divenuto tale per la mancanza di coraggio di incontrare le proprie emozioni e prendersi la responsabilità di quello che si vuole per se stessi.
I momenti in cui appare “l’idiota”, da cui il titolo del libro e dello spettacolo, sono illuminanti e la sua voce sembra essere quella dentro di noi, mai sopita, ma nascosta bene talvolta, che combatte con la visione altrui di come si dovrebbe agire, pensare o essere.
Gli “idioti” sono coloro che non hanno smesso di guardare gli avvenimenti sotto un’altra prospettiva, di interrogarsi riguardo a quello che accade, di incuriosirsi rispetto a se stessi e al proprio modo di pensare, come lo stimolante Gregory Bateson. Aderire alle voci degli altri che abbiamo incamerato dentro di noi è forse più semplice e in alcuni casi ci permette di sopravvivere, ma non di vivere.
Questo spettacolo, similmente al libro Se incontri il Buddha per la strada uccidilo di Sheldon B. Kopp, sembra avere la funzione di entrare in contatto con le parti più autentiche di noi. Grazie al pensiero e agli studi di persone come Kopp e Bateson ci si può interrogare su quanto talvolta sia meno semplice, ma più proficuo, uscire dal tracciato per cercare la strada migliore per sé.