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Il parent training nel trattamento dell’ADHD

Il parent training permette ai genitori di bambini con ADHD di apprendere strategie per ridurre comportamenti problematici e migliorare modalità relazionali

Di Stefania Valer

Pubblicato il 12 Ott. 2020

Nelle famiglie di bambini con disturbo ADHD spesso la relazione genitore-figlio risulta difficoltosa e talvolta disfunzionale.

Stefania Valer – OPEN SCHOOL, Psicoterapia Cognitiva e Ricerca Bolzano

 

Il Parent Training è un percorso psicologico in cui i genitori apprendono strategie educative efficaci per ridurre i comportamenti problematici dei bambini con ADHD e migliorare le modalità relazionali, diventando protagonisti attivi nel trattamento del disturbo.

Il Parent Training è un intervento psicologico che offre ai genitori degli strumenti da impiegare per un’efficace gestione dei comportamenti dei propri figli. Il termine Parent Training, infatti, significa letteralmente ‘Allenamento genitori’, un’espressione che fa intuire come tale programma si focalizzi sul potenziamento delle abilità genitoriali nel rapporto genitore-figlio. È uno spazio in cui i genitori possono esercitarsi nel comprendere i comportamenti del proprio figlio e nell’impiegare atteggiamenti costruttivi ed imparare a strutturare un ambiente che favorisca l’autoregolazione, l’autonomia e la riflessività del bambino.

In particolare, obiettivo primario è quello di fornire strategie comportamentali funzionali per aiutare i genitori a gestire il comportamento del proprio bambino, ma anche il proprio comportamento in quanto adulto educante, al fine di migliorare la qualità educativa ed affettiva nella relazione con i propri figli. I genitori acquisiscono infatti nuove abilità e stili educativi relazionali, che sono alla base di uno stile genitoriale orientato al problem solving.

Il percorso di Parent Training è stato introdotto alla fine degli anni Sessanta, a partire dal lavoro di Constance Hanf (1969), un clinico interessato alla modificazione di comportamenti aggressivi, oppositivi e devianti di bambini e ragazzi. Hanf basò il suo lavoro sull’importanza dell’intervento genitoriale, riconoscendo nella famiglia una risorsa fondamentale per riuscire a favorire comportamenti positivi nel bambino (Scheriani, 2007).

Tale intervento si è rivelato molto efficace nella gestione di bambini e ragazzi con disturbi comportamentali, in particolar modo il disturbo da Deficit dell’Attenzione/Iperattività, noto anche come ADHD. L’ADHD è un disturbo del neurosviluppo, caratterizzato da sintomi pervasivi di disattenzione, iperattività, impulsività, che compromettono significativamente la quotidianità del bambino ed incidono molto sull’aspetto relazionale con famiglia, insegnanti, coetanei. In questi casi, spesso il buonsenso e la forza di volontà non sono sufficienti: occorre infatti essere consapevoli e conoscere adeguatamente le problematiche del proprio figlio, per poter mettere in pratica strategie comportamentali efficaci al fine di raggiungere specifici obiettivi, ridurre i comportamenti negativi ed aumentare quelli positivi. Genitori più riflessivi, organizzati e coerenti nelle loro richieste ed azioni, permettono un maggiore sviluppo di autonomia dei propri figli nel trovare alternative di pensiero e di comportamento (Vio, Marzocchi, & Offredi, 1999). Questo non significa che le famiglie con bambini con ADHD debbano avere uno stile di vita estremamente rigido e colmo di regole da seguire, piuttosto che sia utile ed efficace creare un ambiente strutturato che dia uno spazio e un tempo al bambino per riflettere su ciò che sta facendo (Marzocchi, et al., 2019).

I primi interventi di Parent Training con genitori di bambini con ADHD risalgono all’inizio degli anni Ottanta, alla luce di ricerche e studi che evidenziarono la natura conflittuale delle relazioni e interazioni genitore-figlio nel caso di un bambino con ADHD: soprattutto in situazioni molto richiestive da parte dei genitori, si è visto come bambini con ADHD siano meno aderenti e collaborativi alle indicazioni e regole imposte dai genitori, oppure che lo siano per un tempo minore, e manifestino più atteggiamenti oppositivi e di non compliance rispetto ai loro coetanei (McMahon & Forehand, 2003).

Nonostante i numerosi studi a riguardo, i clinici a cui si deve maggiormente lo sviluppo e l’impiego di tale approccio nel contesto del disturbo ADHD sono Russel Barkley (1998) e Karen Wells e colleghi (1996; 2000). A partire dal modello di Hanf, Barkley definì un percorso d’intervento specificamente per genitori di bambini con ADHD, formato dagli 8 ai 10 incontri con un professionista specializzato; Wells e colleghi svilupparono invece un programma di Parent Training più esteso ed intenso di 27 incontri, con un intervento focalizzato non soltanto sui genitori, ma anche sull’ambiente scolastico.

In quest’ottica, l’idea di un approccio multimodale nel trattamento per l’ADHD acquisisce sempre più valore e ad oggi risulta essere l’intervento più efficace nella terapia di tale disturbo, che implica il coinvolgimento della famiglia, della scuola e del bambino stesso, in un percorso che vede la combinazione di terapie comportamentali, interventi clinico-psicologici e terapie farmacologiche, in base alla severità del disturbo (SINPIA, 2002; MTA, 2004).

Anche nel contesto italiano sono stati sviluppati programmi di Parent Training: tra quelli di maggior riscontro vi è l’intervento proposto da Vio, Marzocchi e Offredi (1999), che si articola in un primo momento informativo e di psicoeducazione rispetto al disturbo ADHD e in un secondo momento formativo in cui si individuano i comportamenti problematici e si ricercano strategie e soluzioni strategiche ed efficaci.

Più recente è il percorso CERG (Cognitive Emotional Relational Groups) a cura di Paiano, Re, Ferruzza e Cornoldi (2014), un programma di incontri con il focus principale sugli aspetti cognitivi emozionali e relazionali che emergono all’interno del gruppo (Paiano, Re, Ferruzza, & Cornoldi, 2014).

Come funziona il parent training?

Il programma di Parent Training prevede in genere lo svolgimento di 8-12 incontri a cadenza settimanale tra genitori di bambini e ragazzi con ADHD con un Trainer specificamente formato, nella maggior parte dei casi uno psicologo. L’intervallo tra una seduta e l’altra è appositamente pensato per dare spazio e tempo alle famiglie di mettere in atto le informazioni, i consigli e le strategie apprese nei diversi incontri e riflettere, nelle sedute successive, sulle difficoltà incontrate e i risultati ottenuti. Tutti gli incontri sono volti alla raccolta di informazioni rispetto alle situazioni in cui il proprio figlio utilizza comportamenti inadeguati e alla preparazione dei genitori al cambiamento (Scheriani, 2007). Per favorire un miglior monitoraggio da parte del Trainer e per dare un’opportunità ai partecipanti di mettere in pratica e sperimentare le strategie apprese fin da subito, il Trainer è solito assegnare i cosiddetti homework, i quali vengono discussi all’inizio di ogni incontro successivo per valutarne efficacia e problematiche.

In riferimento al programma originale di Parent Training di Barkley, sono riportate in seguito le fasi e gli obiettivi del percorso (Barkley, 2006).

Step 1: Informazione ed approfondimento del disturbo

Il Trainer descrive le caratteristiche specifiche del disturbo, illustrandone cause, decorso, eventuali comportamenti a rischio, trattamenti efficaci e non. Vengono affrontati nel dettaglio sia gli elementi più comuni e maggiormente conosciuti, come l’impulsività e la disattenzione, sia quelli di cui i genitori sono, di solito, meno consapevoli, come la frustrazione, la rabbia, la vergogna, il sentirsi ‘diverso’ o ‘sbagliato’. Questo momento iniziale permette, in primo luogo, di informare correttamente ed esaustivamente i genitori rispetto al disturbo e alla sua natura, e di incrementare la loro consapevolezza in merito ad esso; in secondo luogo, una maggiore cognizione permette loro di comprendere meglio lo stato d’animo, le emozioni e i comportamenti dei propri figli.

Step 2: Comprendere la relazione genitore-figlio

In questa seduta i genitori imparano a conoscere le cause dei comportamenti negativi e dirompenti dei propri figli e ad identificarle all’interno del proprio ambiente familiare, condividendo e discutendo con il gruppo gli episodi vissuti in precedenza. Il Trainer istruisce i partecipanti al modello antecedente-comportamento-conseguenza, al fine di riconoscere e di individuare gli eventi potenzialmente scatenanti un comportamento negativo e spiega i quattro fattori coinvolti nello sviluppo dei comportamenti-problema nei bambini: caratteristiche del bambino, caratteristiche dei genitori, eventi stressanti nell’ambiente familiare, stile genitoriale.

Step 3: Migliorare le interazioni positive

Compito del Trainer in questo incontro è quello di trasmettere ai genitori l’importanza di relazionarsi positivamente con i propri figli, soprattutto durante la manifestazione di un comportamento negativo. Vengono coinvolti ed invitati alla discussione di tale competenza, a fare pratica ed esercitarsi con il gruppo, a condividere le loro esperienze.

Step 4: Estendere le interazioni positive e incrementare la compliance dei bambini

In questa fase i genitori vengono sollecitati a notare ed evidenziare i comportamenti positivi dei loro figli quando si trovano in situazioni difficili, dando loro rinforzi positivi immediati e coerenti. Vengono poi illustrate strategie per dare dei comandi e regole nella maniera più efficace: fare richieste dirette, brevi, con obiettivi raggiungibili e a breve termine.

Step 5: Utilizzare un sistema a punti o a gettoni a casa

I genitori apprendono il sistema della Token economy, un sistema a premi che prevede di rinforzare i comportamenti adeguati del bambino, per favorirne una frequenza maggiore in futuro. Ai genitori verrà chiesto di stilare una lista di premi e rinforzi che possono motivare il bambino, e una seconda lista di quei comportamenti e regole che vorrebbero che il bambino rispettasse, a cui viene assegnato un punteggio o dei gettoni quando messi in atto. I punti o gettoni guadagnati daranno la possibilità al bambino di raggiungere il premio finale. Obiettivi e ricompense della Token economy possono essere condivisi e decisi con il proprio figlio, per farlo sentire maggiormente coinvolto e responsabile in questo intervento.

Step 6: Includere le ‘sanzioni’

Quando si verificano comportamenti non adeguati, la Token economy prevede l’utilizzo di sanzioni, che consistono nel sottrarre punti o gettoni precedentemente guadagnati. All’inizio del programma, il genitore condivide con il bambino i comportamenti che gli faranno perdere punti.

Step 7: Utilizzare il Time Out

Nel caso in cui si verifichino gravi comportamenti negativi, i genitori vengono istruiti alla tecnica del Time out, che prevede che il bambino si ritiri per qualche minuto (uno per ogni anno di età) in tranquillità in uno spazio che gli permetta di allontanarsi dal comportamento non funzionale emesso, così da elaborarlo e calmarsi. Prima di iniziare, i genitori discutono e concordano con il proprio figlio i motivi che fanno scattare il Time out e il numero di segnali di avvertimento che il genitore darà al bambino, prima di utilizzarlo. Al termine del Time out, il bambino torna alla propria attività.

Step 8: Regolare il comportamento nei luoghi pubblici

In questa fase i genitori imparano ad estendere il programma anche al di fuori dell’ambiente domestico, con alcuni accorgimenti da applicare in base al contesto esterno. Il Trainer identifica insieme ai genitori, i quali a loro volta condivideranno con il proprio figlio, i luoghi in cui il bambino tende a manifestare comportamenti non funzionali.

Step 9: I comportamenti problematici a scuola e la preparazione al termine del programma

I genitori imparano ad utilizzare il sistema a premi anche a scuola, con il supporto di un feedback costante da parte degli insegnanti del bambino rispetto a comportamenti funzionali e non, condivisi precedentemente con lui. Al fine di raggiungere tale obiettivo, è importante la collaborazione tra genitori ed insegnanti, che richiede una condivisione periodica rispetto ai comportamenti-problema evidenziati e di strategie per imparare a gestirli al meglio.

Step 10: Follow-up

Si tratta di una sessione di controllo a chiusura del percorso, in cui genitori e Trainer discutono i cambiamenti ottenuti, le eventuali resistenze ancora presenti e come gestirle.

Perché fare un percorso di Parent Training

Prendersi cura di bambini con ADHD può generare nei genitori forti situazioni di stress, che rischiano di ripercuotersi sulle relazioni all’interno della famiglia e, di conseguenza, sui sintomi del disturbo stesso. Le famiglie di bambini con ADHD sono spesso caratterizzate da meno ‘calore affettivo’ (Hurt, Hoza, & Pelham, 2007) e i genitori sperimentano sensazioni di una scarsa competenza genitoriale (Jhonston & Mash, 1989; Pisterman, et al., 1992) e di povertà di strategie educative efficaci, da cui possono nascere sentimenti come il senso di colpa, la frustrazione, la rabbia.

Un aspetto importante che emerge da molteplici studi in questo campo, è la correlazione positiva tra relazioni funzionali e coerenza educativa all’interno della famiglia e una sintomatologia del disturbo meno grave, maggiore accettazione sociale e maggiori abilità sociali (Hurt, Hoza, & Pelham, 2007). La famiglia è dunque una risorsa fondamentale a cui attingere per il trattamento del disturbo ADHD (Marzocchi, et al., 2019); sulla base di ciò, il Parent Training mira a modificare quelle relazioni che risultano disfunzionali, fornendo ai genitori strumenti utili che possano far emergere le potenzialità educative che ognuno di loro possiede, ma che talvolta faticano a mettere in atto.

Infine, tale percorso offre ai genitori un’opportunità di condivisione e confronto delle proprie esperienze ed emozioni: uno spazio in cui realizzano di non essere soli, in cui scoprono nuovi lati e modi di essere dei propri figli e ne riscoprono altri, a cui ora guardano con occhi nuovi.

 

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • ADHD, il disturbo da deficit di attenzione e iperattività. (s.d.). Tratto da O.N.D.A. Osservatorio Nazionalesulla Salute della Donna. Disponibile qui.
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  • Centro per l'Età Evolutiva. (s.d.). 
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  • Vio, C., Marzocchi, G. M., & Offredi, F. (1999). Il bambino con deficit di attenzione e iperattività. Diagnosi psicologica e formazione dei genitori. Trento: Edizioni Centro Studi Erickson.
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