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Relazioni pericolose (2017) di Claudia Moscovici – Recensione del libro

'Relazioni pericolose' è composto da tre parti, la presentazione dello psicopatico, il processo di seduzione psicopatica e come sia possibile salvarsi

Di Marta Villa

Pubblicato il 24 Set. 2020

Relazioni pericolose si propone di far conoscere le caratteristiche della psicopatia, come primo passo per difendersene.

 

L’autrice, dopo aver presentato alcuni casi di femminicidio e aver raccontato i modelli di dittature ad opera di psicopatici, nell’introduzione definisce la psicopatia come ‘la malattia della mancanza d’amore e la radice psicologica del male’, una malattia ‘patologica’, diversa dai difetti umani e peraltro incurabile. Il libro si compone di tre parti, ciascuna con un focus specifico.

La prima parte si concentra sulla presentazione dello psicopatico, partendo da due casi di cronaca di uomini che avevano ucciso le proprie mogli, per raccontare come la psicopatia sia poco conosciuta e approfondita persino dai media stessi, che non hanno saputo cogliere, durante i processi, la totale mancanza di rimorso e la finzione messa in atto nel simulare dispiacere per la condanna o per gli atti commessi; solo Koehli riesce ad accorgersi di quanto questa patologia sia profonda e esorta i colleghi giornalisti a non fermarsi all’apparente dispiacere mostrato da questi uomini. Per la descrizione della psicopatia, Moscovici parte dalla descrizione di Hervey Cleckley nella sua opera The Mask of Sanity, che dimostra come lo psicopatico sappia confondersi perfettamente nella società, anzi dimostrandosi spesso affascinante ed essendo molto intelligente, caratteristica imprescindibile per poter raggirare tutti con i suoi inganni e le sue manipolazioni; dal punto di vista clinico, questi soggetti sono ‘sani’, in quanto non presentano allucinazioni o comportamenti irrazionali, né manifestazioni psiconevrotiche: semplicemente, pensano di essere migliori degli altri, perciò i loro comportamenti profondamente negativi vengono giustificati dall’idea che, per loro, le regole morali ed etiche della società non valgano. Alla luce di questa convinzione, la loro strategia preferita per sentirsi superiori è la mendacia: mentono sempre, riguardo qualsiasi ambito della loro vita e, quando vengono scoperti, mentono ulteriormente per coprire i propri errori. Si lasciano andare a raggiri, calunnie, giochi retorici e mentali vari, tra i quali uno particolarmente preoccupante è il gaslightining, che fa dubitare la vittima delle sue stesse percezioni.

Tali menzogne servono a coprire cose ben più serie: i ripetuti comportamenti antisociali, possibili data la totale mancanza di rimorso e di vergogna che caratterizza lo psicopatico. A proposito di ciò, Moscovici racconta come un’altra caratteristica centrale sia la povertà emotiva: gli psicopatici non provano emozioni, bensì solo proto-emozioni, versioni immature e poco elaborate delle normali emozioni, spesso non contingenti alla situazione; peraltro, l’unica emozione che può realmente turbarli è la noia. Spesso la psicopatia è associata anche alla dipendenza dal sesso, che viene proposto e sperimentato in qualsiasi luogo e contesto, senza alcun ritegno; ci si spinge sempre di più verso la trasgressione, perché la noia presto coinvolge anche questo aspetto della vita di coppia. La stessa noia che preclude il raggiungimento di qualsiasi obiettivo dello psicopatico, che non è in grado di impegnarsi a sufficienza in nulla; ogni impegno iniziale è tutto parte della ‘maschera di sanità’ raccontata da Cleckley, peraltro destinata a cadere.

La seconda parte si concentra quindi sul processo di seduzione psicopatica, partendo dal caso di Drew Peterson, che è riuscito a sposarsi quattro volte e ad avere una quinta compagna, nonostante una di esse sia stata uccisa ed un’altra misteriosamente scomparsa, ad indicare come inizialmente lo psicopatico possa sembrare il fidanzato ed il marito perfetto. Carver presenta poi 20 preoccupanti campanelli d’allarme, ai quali ogni donna dovrebbe prestare attenzione: violenza fisica, coinvolgimento rapido, carattere irruente, indebolimento dell’autostima, isolamento, bastone e carota (cioè alterna cattiverie e smancerie), è sempre colpa tua (perché per lo psicopatico le regole civili non valgono), paura della rottura (cioè compiacere sempre il compagno psicopatico per evitare che la relazione finisca), limitazione degli interessi, controllo paranoico, imbarazzo in pubblico, non essere mai abbastanza (per compiacerlo), presunzione, non piace a famiglia e amici della vittima, brutte storie passate, la prova della cameriera (cioè come l’uomo tratta le altre donne, ad esempio le cameriere dei bar o ristoranti, così prima o poi tratterà la vittima), doppia reputazione, camminare sui gusci d’uovo, indifferenza verso i bisogni della vittima, dipingere la vittima come pazza. Almeno 3 di questi segnali dovrebbero far preoccupare chiunque. Ma lo psicopatico riesce a conquistare le sue prede perché inizialmente, come anticipato, è il compagno ideale; possiamo infatti distinguere tre fasi del processo di seduzione psicopatica: idealizzazione, svalutazione e scarto. Se inizialmente la donna è perfetta, una dea – e lui la sua metà perfetta, presto inizierà la svalutazione delle sue debolezze, per minare la sua autostima e renderla dipendente, in modo che non possa andarsene; finché interviene lo scarto: lo psicopatico si stufa, trova una sfida più eccitante, si annoia e quindi scarta la preda, assicurandosi però di mantenere sempre un filo legato a lei, uno spiraglio di possibilità per ritornare nella sua vita in qualsiasi momento lui voglia: si diverte a fare da giocoliere con quante più donne possibili, in quanto ciò lo fa sentire, ancora una volta, superiore rispetto agli altri. Nella seconda parte viene poi descritto il rapporto di Pablo Picasso, perfetto psicopatico, con una delle sue compagne, Francoise Gilot, raccontato nella biografia della donna stessa, che dopo anni di maltrattamenti e limitazioni è riuscita a lasciare questo amante psicopatico; e viene riportata la trama di Adolphe di Benjamin Constant, romanzo forse autobiografico e anch’esso racconta di un rapporto psicopatico, benché visto dalla parte del predatore. Le due opere presentano svariati punti in comune ed è possibile ritrovarvi ogni punto descritto nel libro finora, in maniera chiara e lampante: lo psicopatico prima idealizza, poi svaluta e tenta di limitare in ogni modo la libertà della preda, per poterla isolare e manipolare al meglio, salvo non tollerare alcuna limitazione per lui stesso (e, anzi, lamentandosi perché il fatto stesso di controllare la sua vittima lo priva della libertà). Infine, la seconda parte del libro si concentra sulle donne che amano gli psicopatici, sfatando il mito per cui siano donne deboli e vulnerabili e descrivendole invece come donne forti, affabili, spesso di successo – e quindi sfide più eccitanti per gli psicopatici – rese però totalmente dipendenti, specialmente dal punto di vista affettivo, ed isolate da famiglia e amici; inoltre, sono spesso donne tenaci, convinte quindi di poter cambiare il predatore: per tutti questi motivi è molto faticoso chiudere una relazione con uno psicopatico.

La terza parte del libro racconta come sia possibile salvarsi dalla seduzione psicopatica: poiché la psicopatia è considerata dalla psicologia una malattia incurabile, ogni tentativo di ‘cambiare’ un marito o compagno psicopatico, per quanto volenteroso, è destinato a fallire: ecco perché è necessaria l’elaborazione di un vero e proprio lutto, del compagno e della relazione idealizzate, per poter scappare definitivamente da una relazione malata. È necessario chiudere completamente tutti i contatti perché lo psicopatico è famoso per tentare di rientrare nella vita delle sue ex, quando più lo diverte, per evitare le cosiddette ‘relazioni boomerang’. Alcune donne scelgono di avvertire ‘le altre’, ma spesso non vengono ascoltate, magari perché tali ‘altre’ stanno ancora vivendo la loro perfetta luna di miele; perciò, sebbene spinta sicuramente da una buona intenzione, bisogna valutare bene di avvertire solo le donne che sarebbero in grado di aprire gli occhi e comprendere con chi hanno a che fare, onde evitare di ricevere ulteriori critiche rispetto a quelle già ricevute dallo psicopatico.

Bisogna inoltre far fronte anche alle pressioni esterne, ad esempio di famiglia e amici che non si rendono conto della vera natura dello psicopatico, che non riescono ad andare oltre la maschera di sanità già citata; oppure bisogna lottare contro credenze religiose o morali che non vedono di buon occhio il divorzio. Ma qualsiasi religione o credo non può professare di restare con un aguzzino: è necessario prendere sul serio il matrimonio, ma non a scapito della propria sicurezza (anche considerati i possibili tragici epiloghi di una relazione con uno psicopatico). In conclusione, si ricorda a tutte le donne in situazioni come queste quanto sia importante riprendere in mano la propria vita, partendo dalla costruzione (o dal recupero) di una sana autostima e dall’appoggio sulla rete sociale, superando timori di ricevere critiche e sfatando tutte le false accuse rivolte dal predatore.

Nella postfazione, Titti Damato riporta infine i casi di cronaca italiana di donne uccise da compagni-fidanzati-ex fidanzati- mariti (ed i numeri sono inquietanti), per poi riportare la legislazione relativa a questi crimini e allo stalking, insieme ad alcune indicazioni verso i centri antiviolenza. Da psicologa, poi, racconta e approfondisce il tema della psicopatologia psicopatica, appoggiandosi alle classificazioni del DSM-5 e di Robert Hare (autore della Psychopathy Check-List, che riporta i sintomi principali degli psicopatici). Damato svolge poi alcune considerazioni in merito alla situazione pandemica dei primi mesi del 2020: è tristemente noto che molte donne siano rimaste bloccate in casa coi propri aguzzini, ma da questo periodo di reclusione è possibile imparare qualcosa; se queste donne, infatti, spesso temono la solitudine e la singletudine (di solito perché il proprio valore dipende dalla valutazione altrui e temono di non poter resistere), questo periodo di blocco può essere stato un importante momento di riflessione e valutazione, di confronto con se stessi e, magari, decisivo nel prendere la decisione di troncare una relazione con una persona che, di fatto, non vuole il nostro bene, ma considera solamente i propri interessi.

Relazioni pericolose è quindi un libro estremamente interessante, che permette di far conoscere il fenomeno della psicopatia anche a chi non è formato sull’argomento: infatti, per qualunque donna (e anche uomo – perché chiunque può cadere nelle trame di uno psicopatico ed esistono, sebbene in percentuale minore, anche donne psicopatiche) la conoscenza è la migliore arma per difendersi. Saper cogliere i campanelli d’allarme ed evitare di minimizzarli, ma invece approfondirli e considerarli attentamente, è ciò che può impedire di cadere nella rete di uno psicopatico, evitando di idealizzare a sua volta lui e la loro relazione. Il libro poi è scritto in uno stile semplice e scorrevole, rendendosi perciò comprensibile a chiunque, indipendentemente dalla propria istruzione, ed è molto d’impatto, in quanto si rivolge direttamente alla donna potenzialmente vittima dello psicopatico, dandole direttamente del tu. Claudia Moscovici non smette mai di ripetere quanto siano pericolosi questi uomini, quanto siano senza scrupoli, diretti solo ai propri interessi e che intendono far male agli altri per puro divertimento, diversamente ad esempio dai narcisisti, che necessitano degli altri per confermare la propria autostima. Non c’è speranza per questi individui, non miglioreranno e non impareranno mai a prendere in considerazione l’altro o ad essere sinceri. Perciò, l’autrice si rivolge alle donne ed il messaggio è forte e chiaro: non cercate di essere tenaci, fuggite e chiudete la relazione, perché non avete alcun potere di cambiare un individuo affetto da tale patologia e non potrete far altro che uscire distrutte da una relazione del genere.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Moscovici C. (2017). Relazioni pericolose. Sonda.
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