expand_lessAPRI WIDGET

Il congresso EABCT di Atene 3-5 settembre 2020

Report dall'edizione 2020 del Congresso annuale della Società Europea di Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale.

Di Giovanni Maria Ruggiero

Pubblicato il 08 Set. 2020

Aggiornato il 09 Set. 2020 16:01

Si è appena concluso il congresso della European Society of Behavioural and Cognitive Therapies (EABCT), il cinquantesimo della serie ma anche il primo online. La sede reale è stata Atene dove il congresso è stato organizzato dal 3 al 5 settembre, mentre quella virtuale era nei computer dei partecipanti.

L’online offre i suoi vantaggi: spostamento immediato da una presentazione all’altra invece che il pellegrinaggio nei corridoi dei congressi, disponibilità -per una settimana- di tutte le presentazioni che rimanevano registrate, e così via. D’altro canto, mancava l’esperienza del congresso come incontro tra persone in carne e ossa.

A che punto siamo con i disturbi di personalità

Molte le presentazioni della prima giornata; tra le tante privilegio le keynote di Arnoud Arntz sulla Schema Therapy (ST) e quella di Judith Beck sulla Case Conceptualization. Arnoud Arntz sta portando avanti da anni un lavoro di valorizzazione della ST, questa forma di terapia cognitiva specializzata per i disturbi di personalità. Merito di Arntz è non limitarsi a illustrare i limiti e l’efficacia della ST ma presentare ogni anno a ogni congresso EABCT una panoramica dello stato scientifico della psicoterapia dei disturbi di personalità, panoramica in cui inserisce poi i suoi dati sulla ST. In tal modo apprendiamo che la ricerca è piuttosto stagnante. Gli studi davvero affidabili sono davvero pochi (solo 9) e anche un po’ vecchiotti (risalgono a prima del 2010).

Arnoud Arntz - EABCT 2020

A voler essere poi davvero rigorosi, dice Arnzt, gli studi davvero inattaccabili sono addirittura solo 2. I risultati poi non sono trionfali. Tutte le terapie mostrano un 40% di drop-out, compresa quella dialectical behavioral therapy (DBT) che è il golden standard. Inoltre, il margine di superiorità della DBT rispetto alle altre psicoterapie è minimo e significativo soprattutto nel fornire un (piccolo) margine di minore rischio di suicidio. Ciò che poi davvero interessa è che nel gruppone delle altre terapie tutte egualmente efficaci (sia pure di una virgola di meno della DBT) c’è anche la cara vecchia cognitive behavioral therapy (CBT) classica, altrettanto efficace di una serie di terapie in genere indicate come più indicate ed efficaci della CBT nei disturbi di personalità, come la mentalization based therapy (MBT) di Fonagy o la Transference Focused Psychotherapy (TFP) di Kernberg. È uno dei meriti di Arntz avere sfatato questo mito della minore efficacia della CBT nei disturbi di personalità e di aver detto varie volte che, invece di analizzare i difetti della CBT, forse sarebbe ora di tentare un passo avanti che per ora non c’è, con l’eccezione del passettino della DBT.

Pagato questo debito alla CBT, Arntz passa poi a presentare i suoi forti dati sulla Schema Therapy, sempre più forti ogni anno che passa. All’obiezione che Arntz abbia un conflitto di interessi in quanto terapeuta ST si può rispondere che i suoi dati sembrano rigorosi e il prestigio scientifico di Arntz è indiscusso. Attendiamo che questi dati, se sono davvero così forti, ricevano il definitivo riconoscimento delle linee guida ufficiali delle varie organizzazioni sanitarie di prestigio mondiale.

Judith Beck e la concettualizzazione del caso

L’altra keynote del primo giorno è stata tenuta da Judith Beck che, seguendo una tendenza recente, ha valorizzato l’aspetto della case conceptualization nella CBT come momento chiave del trattamento. È una mossa che trova molti di noi d’accordo. La condivisione della case conceptualization è sempre di più non semplicemente uno schema astratto, ma un intervento psicoterapeutico concreto in cui si costruisce il patto terapeutico e si condivide con il paziente una ipotesi sulla sua sofferenza e sul suo funzionamento e una proposta di trattamento. In passato questo passaggio era considerato come automatico e garantito mentre oggi ci si rende conto che esso deve essere oggetto di una attenta operazione di condivisione e negoziazione esplicite. Che anche Judith Beck lo affermi con maggior forza che in passato è incoraggiante. Nella sua presentazione, inoltre, la Beck ha introdotto anche una concettualizzazione aggiuntiva delle risorse positive del paziente da condividere accanto alla formulazione del disfunzionamento.

Si parla di:
Categorie
SCRITTO DA
Giovanni Maria Ruggiero
Giovanni Maria Ruggiero

Direttore responsabile di State of Mind, Professore di Psicologia Culturale e Psicoterapia presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna, Direttore Ricerca Gruppo Studi Cognitivi

Tutti gli articoli
CONSIGLIATO DALLA REDAZIONE
EACBT 2020 - Report Day 2
Il congresso EABCT di Atene 3-5 settembre 2020 – Report dalla seconda giornata

Report dalla seconda giornata del congresso della European Society of Behavioural and Cognitive Therapies (EABCT), svoltosi dal 3 al 5 settembre

ARTICOLI CORRELATI
Jingle REBT: affrontare le credenze disfunzionali – Christmas edition

Guida ironica per affrontare le credenze disfunzionali che si nascondono sotto l’albero attraverso la REBT

Terapia di esposizione e microbiota intestinale: verso una nuova psicologia clinica integrata e di precisione 

La comunità scientifica ha iniziato a chiedersi se si possa riscontrare qualche relazione tra il microbiota e i processi di estinzione della paura

WordPress Ads
cancel