Foschi e Innamorati costruiscono una storia della psicoterapia che è al contempo sia racconto in senso stretto che storia delle idee, indagando gli avvenimenti che ne hanno costellato l’evoluzione e il rapporto con i suoi presupposti filosofici
Si legge scorrevolmente la Storia Critica della Psicoterapia di Renato Foschi e Marco Innamorati. Esauriente, istruttivo e appassionante e racconta la storia della psicoterapia per quella che è: il romanzo di formazione dell’immaginario culturale del XX secolo, l’avventura spirituale dell’età contemporanea, la quest di una moderna compagnia dell’anello, una quest ora di ambiente steam punk con Freud, ora fantasy con Jung e ora science fiction con la mindfulness. Solo la terapia cognitivo comportamentale, quotidiana e borghese come una villetta con giardino di un sobborgo americano, si presta meno bene a questa avventurosa metafora.
Foschi e Innamorati costruiscono una storia della psicoterapia che è al contempo sia racconto in senso stretto che storia delle idee, indagando gli avvenimenti che ne hanno costellato l’evoluzione e il rapporto con i suoi presupposti filosofici, dando spazio al pensiero di Freud e alle sue evoluzioni, le contestazioni di Adler e Jung, le trasgressioni di Ferenczi, Rank e Reich, la nascita dell’analisi infantile, lo sviluppo dei diversi modelli psicodinamici alternativi (le relazioni oggettuali, la psicologia del sé, il modello culturale di Horney e Fromm, la Psicologia dell’Io, l’Intersoggettivismo, l’Ermeneutica, il Lacanismo, l’Analisi Relazionale). Sono presenti poi i modelli non psicodinamici, dal Cognitivismo alla Terapia Familiare alla Bioenergetica, fino all’Analisi Transazionale e alla Terapia della Gestalt. In parallelo, presenta anche l’origine autonoma del Comportamentismo e il suo successivo incontro col Cognitivismo, descrivendo le diverse evoluzioni che da questo incontro si sono generate. Ancora, il libro dà conto anche della genesi della Psicologia Umanistica e dei suoi sviluppi e anche del modello Strategico e Sistemico.
È però vero che un libro che si chiama Storia Critica della Psicoterapia senza aggettivi soffre del fatto che la parte del leone di questa storia vada ai modelli psicodinamici che da soli occupano i tre quarti del libro mentre gli altri modelli si devono accontentare delle briciole di poche decine di pagine sparse qua e là, per quanto benissimo scritte. Speriamo che la prossima edizione sia più equilibrata a favore dei modelli cognitivisti e comportamentisti, sistemici, umanistici ed esperienziali. E non perché manchino porzioni dedicate a questi modelli e non siano ben scritti. Il problema è che però i modelli non psicodinamici sono serviti con porzioni da sushi mentre i capitoli dedicati alla psicoanalisi sono pantagruelici arrosti di cinghiale.
Questo difetto del libro si lascia però perdonare dalla competenza che i due autori mostrano quando trattano gli altri modelli. Ad esempio, dal punto di vista cognitivo comportamentale, per quanto nel libro ci siano troppo poche le pagine (solo una trentina) dedicate a questo modello, non si può che rimanere ammirati da quanto dense esse siano, soprattutto quando trattano gli inizi comportamentisti, davvero erudite e istruttive. Altrettanto stupefacente è la conoscenza storica dei modelli pre-freudiani francesi, a cominciare da quello di Pierre Janet.
Vi è però un secondo difetto nella trattazione dei modelli cognitivi e comportamentali: vi sono alcune imprecisioni concettuali che riguardano la narrazione degli sviluppi storici da Beck in poi di questo modello. Questo difetto probabilmente non è imputabile ai due autori, ma più alla difettosa conoscenza storica che il modello cognitivo e comportamentale ha di se stesso.
Conoscenza difettosa che ha inquinato le fonti storiche a cui hanno attinto Foschi e Innamorati e che ha le sue ragioni. La prima è la scarsa propensione dei cognitivisti e comportamentisti per l’approfondimento storico. Mentre la psicoanalisi ha tratto beneficio dalle sue parentele umanistiche per sviluppare un acuto senso storico, reso necessario anche per comprendere i suoi numerosi scismi, l’impostazione più empirista e lo sviluppo apparentemente più lineare delle terapie cognitive e comportamentali hanno limitato la riflessione storica in questo campo. La conseguenza è l’eccesiva diffusione di narrazioni semplicistiche.
Tra le tante, ne predominano due. La prima – diffusa nei paesi anglo-sassoni – è quella che racconta l’armonica nascita del cognitivismo dal grembo del comportamentismo seguita dalla felice fioritura della cosiddetta terza onda processuale e funzionalista. Tre generazioni senza conflitti. Purtroppo si comincia a capire che non è andata così. Va detto che a questa vulgata troppo lineare Foschi e Innamorati riescono a sfuggire: essi sono consci ad esempio delle influenze psicodinamiche di Beck che col comportamentismo mai ebbe a che fare. Questa è una prova di quanto i due autori siano ottimi storici della psicoterapia.
La seconda vulgata –diffusa in Italia ma presente anche altrove- contrappone un modello cognitivo anglo-sassone che sarebbe semplicistico, ingenuamente scientista, ma al fondo rozzo e probabilmente nemmeno così efficace come esso pretenderebbe di essere, a un modello cognitivo alternativo più complesso e clinicamente realistico, ingiustamente trascurato perché meno evidence based ma provvisto di raffinate radici costruttiviste, culturalmente europeo e aperto alla felice integrazione con le forme più sofisticate di psicoterapia psicodinamica, soprattutto di impostazione relazionale. Questo vangelo alternativo si conclude insinuando che la cosiddetta “terza onda” cognitivista è in realtà la resa del rozzo modello anglo-sassone alle ragioni della complessità, inevitabilmente destinate a forgiarsi nella fucina di Mime dell’integrazione tra i modelli grazie a un impavido Sigfrido di là da venire.
A onore del forte intuito storico di Foschi e Innamorati, essi non solo riescono a sfuggire felicemente alla prima vulgata ma nutrono dei sospetti anche verso la seconda, per quanto in parte li irretisca. Dove invece non centrano del tutto il bersaglio è nella descrizione della terza onda, da loro compresa più nel suo versante integrazionista, che pure esiste. La verità è che la terza onda non cerca l’integrazione; al contrario essa è frutto del recupero concettuale del rigore funzionalista di matrice comportamentale. Questo verdiano “Torniamo all’antico e sarà un progresso” del funzionalismo cognitivo di terza onda sembra meno chiaro a Foschi e Innamorati. Sarà per la prossima edizione. Intanto, seguendo il consiglio di Verdi, torniamo ad ascoltare Palestrina.