expand_lessAPRI WIDGET

Tutti si preoccupano per il coronavirus ma io un po’ più degli altri

Il rescripting delle memorie traumatiche associate alle paure attuali, tramite Video Imagery Rescripting e Self Mirroring Therapy in TMI

Di Michela Alibrandi

Pubblicato il 09 Giu. 2020

Il caso di Alessia, una ex paziente che si ritrova in difficoltà durante l’emergenza da Covid-19: il rescripting delle memorie traumatiche associate alle paure attuali, tramite Video Imagery Rescripting e Self Mirroring Therapy in Terapia Metacognitiva Interpersonale. 

 

Sono tutti un po’ spaventati per ‘sto coronavirus, ma io esagero, possiamo parlarne? Vengo in studio perché online non ho privacy”

mi scrive una mia ex paziente: è evidentemente un’urgenza. Si siede a debita distanza, disinfetta le mani, è molto allarmata e critica verso sé stessa per questa paura.

“Che succede?”
“Ci penso in continuazione, sono sempre in cerca di informazioni, non dormo, vivo tra casa e lavoro”.

Conosco molto bene la paziente, Alessia: la terapia nel passato ha avuto buoni esiti, perché oggi lei non riesce a superare da sola questa impasse?

Probabilmente la quantità di informazioni contrastanti sul CoVid-19 e la paura diffusa fanno sì che lei non si conceda di esplorare a fondo le sue emozioni, che una parte di sé dia per scontato che la propria storia personale non c’entri nulla e che si senta totalmente impotente rispetto al controllo dell’ansia al punto da esserne schiacciata. Quasi si vergogna di chiedere aiuto, tanto è vero che, quando la rassicuro “è normale avere paura in questo momento, un po’ ne abbiamo tutti” e poi le chiedo “cosa la spaventa del coronavirus?”, lei mi risponde “ma come? con tutto quello che si sente in giro?!”. Avevo normalizzato la sua paura, ma l’idea stessa che ci fosse un residuo di paura più legata ad aspetti personali era per lei inaccettabile.

Un’affermazione cosi generalizzata non mi permette di avere accesso alle cognizioni antecedenti all’ansia, costituendo un ostacolo alla formulazione del caso. In questi casi è indicato utilizzare tecniche specifiche volte a migliorare il monitoraggio metacognitivo.

Decido di indagare, riprendendo la concettualizzazione del caso già ricostruita con la Terapia Metacognitiva Interpersonale nella precedente terapia. Nei nostri incontri Alessia era arrivata a comprendere il proprio funzionamento problematico di fronte a determinate situazioni ed aveva iniziato a modificarlo.

Lo schema interpersonale emerso spesso con lei a partire dagli episodi autobiografici recenti e collegati ad esperienze passate è questo:

Il wish (desiderio sano ed universale) è di appartenenza. A partire da questa motivazione, e dalle risposte dell’altro ai propri desideri, la persona si approccia alla realtà, fa previsioni, interpreta e filtra le informazioni, ragiona sui propri comportamenti e le conseguenze ( “procedura se…allora” e “risposta dell’altro”: in questo caso “se provo ad avvicinarmi all’altro, a un gruppo, l’altro mi rifiuterà, e mi umilierà, mi escluderanno”). La risposta dell’altro (immaginata, o reale ma interpretata alla luce dello schema), induce nella persona una “risposta del sé alla risposta dell’altro” di tipo cognitivo, emotivo e comportamentale. Nel caso di  Alessia: “se l’altro mi umilia ha ragione perché sono scema”, ansia, tristezza, evitamento della relazione; questo porta a scoprire l’immagine nucleare negativa di sé che in Alessia è: “diversa, esclusa, inadeguata”. A questo punto, come strategia di coping, Alessia ha una transizione da un sistema motivazionale ad un altro: passa al dominio del rango. Sostituisce il desiderio di appartenere e condividere a quello agonistico di prevalere.

In queste sue prime narrazioni al rientro in terapia, la parte sana dello schema non affiora. Nella terapia precedente avevo aiutato Alessia ad accedere all’idea nucleare positiva di sé come uguale agli altri e degna di essere parte di un gruppo, ma qui non riesce più a rievocarla.

Decido di esplorare lo schema attivo nei suoi timori relativi al CoVid-19 per capire se è qualcosa di già noto riferibile ai suoi schemi precedenti e per condividerlo con lei.

“Cosa può succedere se lei si ammala?”

“Non sono preoccupata per me, sono giovane e sana, così come mia sorella e tutto sommato anche i miei genitori. Stare chiusa in casa per la quarantena è quasi un piacere: per me è sempre stato più difficile stare in compagnia che da sola, almeno non devo inventarmi scuse per non uscire.

Il problema è che poi si guarisce! Magari vado in ufficio per una settimana con il coronavirus senza sintomi, senza saperlo, contagio qualcuno, poi mi ammalo e quando torno sarò allontanata dai colleghi ed additata come l’untrice”

Il tono concitato, è spaventata, si interrompe.

In questo momento non riusciamo ad accedere alla parte sana, per facilitarla decido quindi di utilizzare una tecnica esperienziale.

Scelgo la Self Mirroring Therapy, nella versione di Video Imagery Rescripting per aiutarla a comprendere le proprie emozioni “dall’interno”, tramite i neuroni specchio.

La Self Mirroring Therapy è una tecnica che si applica in seduta con il paziente che viene filmato nelle varie fasi della terapia (video 1) e poi filmato nuovamente mentre osserva e commenta il primo video (video 2). Osservandosi nel video 1, il paziente riesce a riconoscere meglio le proprie emozioni e a guardarsi con accettazione ed empatia, perché non implica più l’uso delle capacità autoriflessive, che spesso sono carenti, ma il sistema dei neuroni specchio, che viene normalmente impiegato in modo automatico e preriflessivo per comprendere le emozioni altrui ed empatizzare.

Occorre una relazione forte con il Terapeuta, che crea un clima disteso e di accettazione, ha in mente un progetto di cura e degli obiettivi sulla base dei quali seleziona e propone gli spezzoni di filmato più adatti, modula le emozioni del paziente, sottolinea gli insight e li rafforza.

“Mi racconti cosa immagina che accadrà quando tornerà in ufficio, dopo la malattia.”

“Entrerò, i colleghi mi chiederanno come sto perché hanno paura, ma non gliene frega niente di come sto davvero, e alle spalle e magari anche davanti mi diranno che sono un’untrice, che sono scema perché ho preso l’autobus e mi sono beccata il virus, la prima dell’ufficio che si è ammalata, la più scema di tutti”

L’emozione è intensa.

Decido di chiederle altri esempi di memorie autobiografiche specifiche, per riformulare e condividere lo schema interpersonale disfunzionale

 “Si ricorda quella famosa cena di Natale di cui avevamo già parlato in terapia? È la stessa emozione che avevo provato lì.”.

Me la ricordo molto bene, l’avevamo già analizzata insieme: i colleghi la invitano a cena per Natale, lei si forza di andare ma vorrebbe tanto evitare. Cerca di partecipare alla conversazione, ma nel momento in cui gli altri parlano delle loro relazioni di coppia lei immagina di dover rivelare di essere single da sempre e che sarà vittima di battutine sarcastiche e pettegolezzi così, colta dall’ansia, fugge in bagno e piange.

“L’ho provata tante volte nella mia vita, anche a scuola!”

Scegliamo un ricordo significativo della scuola per lavorarci in imagery

Chiedo quindi ad Alessia il permesso di accendere la webcam e registro il “video 1”

“Con gli occhi chiusi torni alla sua classe delle elementari, al momento in cui ha provato quelle emozioni”.

La accompagno ad immergersi nella scena fino a rivivere l’emozione e risentirla nel suo corpo.

La scrivania lascia spazio a un banco della scuola media, È verde, scrostato, con i nomi dei ragazzi e di tutte le generazioni precedenti incisi sopra con la punta del compasso, una stanza vecchia, il bosco oltre le finestre “dove vorrei nascondermi!”.

“Io sono Quellascema, parole dette così tanto spesso da diventare il mio nome.

Rientro in classe dopo qualche giorno di assenza. I banchi sono stati spostati. Sono tutti in cerchio intorno alla cattedra. Tutti tranne il mio, abbandonato in un angolo. Sono smarrita, iniziano le risatine degli altri, che presto diventano prese in giro esplicite. Non provo nemmeno a rimettere il banco vicino agli altri, me lo impedirebbero ridendo. La vergogna mi congela.”

E’ sufficiente. Qualche respiro, piedi ben poggiati a terra, torniamo nello studio e guardiamo insieme la parte del video in cui la Paziente descrive la scena della scuola. Le chiedo di guardarsi come se guardasse un’amica in difficoltà, per favorire l’accudimento.

La webcam è sempre accesa e inquadra il suo viso. Con la Self Mirroring Therapy è importante videoregistrare il viso della Paziente mentre guarda sé stessa sofferente, per cogliere il momento in cui emerge l’empatia e l’accudimento verso di sé (“video 2”). In questo caso, ho utilizzato la Self Mirroring Therapy per riscrivere le memorie traumatiche (Video Imagery Rescripting).

Nel primo video si vede una donna adulta, forte, con l’espressione della bambina spaventata. Il contrasto è molto netto per me che la osservo, a maggior ragione per lei che guarda sé stessa. Infatti si commuove e dice fra sé e sé : “forza, dai”, poi tace, ma è tutto registrato in questo secondo video.

Guardiamo insieme il video 2, per aiutarla ad approfondire quell’esortazione che si è data spontaneamente, e la registro ancora (video 3). Vedersi empatica ed amichevole nei confronti di sé stessa spaventata attiva un ulteriore cambiamento.

“I colleghi oggi non possono farmi male più di tanto, non sono quegli adolescenti crudeli, sono adulti e spesso sono stati gentili con me. Anch’io non sono più quella ragazzina impaurita, ora sono adulta, siamo tutti nella stessa situazione, sono come loro”.

Il rescripting ha permesso alla Paziente di accedere ad una parte sana, un’altra idea di sé e dell’altro, di differenziare ed assumere una distanza critica dalle proprie convinzioni disfunzionali.

Durante la Self Mirroring Therapy il sé osservante, Alessia che guarda sé stessa sofferente, diventa un nuovo “altro”, incarnato nella stessa persona. Alessia si osserva e si sente benevola nei confronti di sé stessa fragile e vulnerabile.

In questo caso la Video Imagery Rescripting ha dato maggior potenza all’esperienza, perché nel video 1 Alessia ha potuto osservare sé stessa completamente immersa in un ricordo doloroso, sofferenza che ha espresso spontaneamente ed intensamente con il proprio viso. Rivedendosi, tramite il sistema dei neuroni specchio, si attiva un “altro” diverso da quello rifiutante tipico del suo schema. Alessia diventa accudente nei confronti di sé stessa e questa esperienza appare molto più incisiva rispetto al solo ricordo narrativo. Il sistema mirror ha favorito l’empatia e le mie indicazioni e il fatto di trovarsi in una relazione di aiuto forte e stabile con me hanno aiutato Alessia a guardarsi con tenerezza e incoraggiato in lei l’autoaccudimento. La webcam ha permesso così di imprimere nel video e nell’esperienza della paziente questo importante momento (video 3).

Le lascio questa parte di video da vedere a casa, per memorizzare il contatto che ha avuto con la sua parte sana ed aiutarla a generalizzare l’esperienza.

Alla fine della seduta appare nettamente più sollevata e serena.

In questo colloquio siamo riuscite ad offrire una chiave di lettura diversa per le paure attuali, a ricostruire lo schema interpersonale attivo e ad agganciarlo alle esperienze passate della paziente, ad operare un rescripting vivo ed esperienziale, in un clima collaborativo che ha rafforzato la relazione terapeutica. Inoltre, la “testimonianza video” della propria parte sana, che le lascio da rivedere a casa, sarà una buona base di partenza per le sedute successive, più intensa e significativa del solo schema scritto.

Lo “schema incarnato”, ricostruito e messo in discussione in un’esperienza così intensa in terapia, diventa un  momento importante di condivisione e un riferimento per il futuro. Alessia ha conosciuto in seduta un cambiamento profondo nel suo modo di rapportarsi a sé stessa e agli altri, che è stato fissato nella memoria e nella webcam: l’obiettivo ora non è più scoprire un’altra sé, più sana, ma rendere stabile e generalizzare un progresso già esperito.

 

Si parla di:
Categorie
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Vinai P., Speciale M., Alibrandi M. (2016) L’integrazione della Self Mirroring Therapy nel protocollo CBT per il trattamento del disturbo ossessivo compulsivo: un caso clinico. Quaderni di Psicoterapia Cognitiva
  • Dimaggio, G., Ottavi, P., Popolo, R., Salvatore, G. (2019). Corpo, Immaginazione e Cambiamento. Terapia Metacognitiva Interpersonale. Milano: Raffaello Cortina.
  • Dimaggio, G., Montano, A., Popolo, R. & Salvatore, G. (2013). Terapia Metacognitiva Interpersonale per i disturbi di personalità. Milano: Raffaello Cortina, 2013
  • Dimaggio G., Semerari A., (a cura di), 2003, I disturbi di personalità. Modelli e trattamento. Stati mentali, metarappresentazione, cicli interpersonali, Laterza, Roma-Bari.
  • Vinai P., Speciale M., (2013) “Il colloquio nella Video-Based cognitive Therapy” in G. Ruggiero, S.Sassaroli “Il colloquio in psicoterapia cognitiva” Raffaello Cortina, Milano
CONSIGLIATO DALLA REDAZIONE
Ingannare il proprio giudice interiore con la Self Mirroring Therapy

Spesso è proprio la mancata accettazione di sé e delle proprie imperfezioni a mantenere una patologia, come per esempio quella ossessiva...

ARTICOLI CORRELATI
Si può vivere senza ansia?

Eliminare l'ansia non è possibile, ma imparare a conviverci sì. Per riuscirci è d'aiuto fare riferimento ad alcune tecniche di psicoterapia

Dipendenza affettiva e ansia da relazione
Ansia da relazione e dipendenza affettiva

Nelle relazioni sentimentali sono diversi i meccanismi disfunzionali che possono instaurarsi, tra questi la dipendenza affettiva e l'ansia da relazione

WordPress Ads
cancel