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Il sintomo e il suo significato in Psicoanalisi

Nell'ottica della psicoanalisi il sintomo è il prodotto di una pulsione, la quale non ha trovato completo soddisfacimento nel suo bisogno di scarica.

Di Flavia La Gona

Pubblicato il 03 Giu. 2020

La psicoanalisi considera l’angoscia come il prodotto di una pulsione, la quale, non essendo soddisfatta, viene automaticamente rimossa. La sua funzione è necessaria al fine della produzione della rimozione e dunque della costituzione del sintomo.

 

In ambito medico, il termine sintomo deriva dal greco e significa “circostanza”. Ciò è consolidato nel sapere solito, come l’espressione o il segnale di un’anomalia o, meglio, di un diverso funzionamento di un organo, di un apparato o di un sistema di comportamenti. Esso, seppur spesso confuso con il “segno” che rappresenta l’evidenza tangibile di un evento patologico, è la conseguenza di una serie di processi alterati che sono alla base di tali anomalie.

In campo psicoterapico il sintomo si connota di significati differenti e con letture che possono cambiare a seconda dei diversi codici teorici di un modello di intervento. Al di là di questi, esso ha un ruolo estremamente importante perché è un alleato del campo clinico che orienta lo psicoterapeuta nelle proprie scelte, per formulare una diagnosi e per comprendere quale processo alterato il sintomo sta comunicando.

Freud cita una definizione nel suo testo Inibizione, sintomo e angoscia: “Il sintomo sarebbe il risultato e sostituto di una soddisfazione pulsionale che non ha avuto luogo”.

Il segno indica che dobbiamo prendere in considerazione il dominio del significante e del linguaggio, mentre la soddisfazione fa riferimento a quel che Lacan chiama godimento. Si deduce che il sintomo è il prodotto di una pulsione, la quale non ha trovato completo soddisfacimento nel suo bisogno di scarica. Ciò ha portato il soggetto, a sua volta, a subire in un certo senso l’angoscia.

Nelle svariate cornici teoriche, il sintomo ha una funzione comunicativa e, il più delle volte, si traduce come portavoce di un determinato malessere che richiama l’attenzione verso la sua esistenza, oppure, è la comunicazione di una modalità di pensiero che ha smesso di adattarsi, o la conseguenza di un processo che sta evidenziando la sua incapacità di portare adeguatamente a termine il proprio compito evolutivo e, ancora, il campanello di allarme di un meccanismo psicologico che si è semplicemente inceppato.

Il sintomo, dunque, è espressione piena dell’organismo che si esprime principalmente attraverso la sofferenza di chi lo ospita. Quando in psicopatologia un sintomo, qualunque esso sia (una compulsione, un’ossessione, un attacco di panico, un’attacco bulimico, una difficoltà sessuale, una fobia e così via..), fa il suo esordio, l’approccio terapeutico verso quest’ultimo cambia a seconda del codice di lettura che, a sua volta, decide come interpretare il tipo di comunicazione.

L’angoscia, termine tratto dalla psicopatologia, è una problematica centrale della filosofia moderna con Kierkegaard, Sartre, Heidegger.

Freud ne afferma la funzione di causare la rimozione ed utilizza la definizione di nevrosi d’angoscia, per designare la fobia.

Nel Seminario X L’angoscia, Lacan opera un vero e proprio viraggio. Qualcosa di altro ordine, il reale, è afferrato non da un concetto ma da un affetto: l’angoscia.

L’angoscia è il prodotto di una pulsione, la quale, non essendo soddisfatta, viene automaticamente rimossa. Infatti, l’angoscia, di per sé non può mentire. La sua funzione è necessaria al fine della produzione della rimozione e dunque della costituzione del sintomo. Lo schema, sotto riportato:

pulsione → angoscia → rimozione → sintomo

Tale schema, in particolare, afferma che la pulsione, ovvero il “godimento del corpo” è rapportato al “desiderio dell’Altro”, produce un affetto (angoscia), il quale, facendo “segnale”, determina la rimozione della pulsione (del significante della pulsione, del rappresentante della pulsione), il cui ritorno è il sintomo.

Ci si chiede quale forma abbia il reale e come entri nella pratica clinica. E’ una questione che interessa Lacan infatti, sin dall’inizio della sua ricerca. Nel Seminario X L’angoscia, il reale non è più una zona poco conosciuta, da cui siamo separati per la legge del principio del piacere, ma è un oggetto al centro di noi stessi, inaccessibile. Questo oggetto, ritenuto una sua invenzione, Lacan, lo denomina oggetto piccolo a. Che cosa è l’oggetto piccolo a? Un pezzo di reale. Non ha più contorni poco chiari, bensì è una piccola parte nel cuore del nostro piccolo mondo interiore. Per quale motivo lo chiama così, oggetto piccolo a? Il reale, non ha difatti un nome ben preciso. Lacan, fa dunque dell’angoscia, non più un fenomeno immaginario, come la paura, ma un segno tangibile del reale.

Nel sintomo, il soggetto si esprime in tutta la sua totalità, come nell’arte, riscoprendo il proprio senso di sé, accettando un vivo cambiamento in lui e nella sua espressione. Fondamentale che egli, prima di giungere in modo consapevole a tale lavoro, debba sentirsi rispettato dall’analista e far in modo che quest’alleanza con l’analista lo aiuti a costruirsi una ‘stampella’ sul suo sintomo, al fine di mettere in atto un attivo cambiamento. Poiché i rapporti umani curano l’Altro che si pone in ascolto, si presuppone sia un ascolto partecipato dallo sguardo. In tal modo, si possono cogliere gesti e movimenti non verbali, poiché le parole da sole non bastano a guidare un’analisi, né la si può ritenere completa.

Per quanto concerne il ruolo della società moderna in cui viviamo, il sintomo è il prodotto alienato di una “patologia della normalità”. Infatti, l’assenza di sintomi si paga al caro prezzo di un soffocamento delle più autentiche aspirazioni, una mancata autorealizzazione e della perdita di integrità della propria identità. Il presentarsi di una malattia psicosomatica o di una nevrosi può significare che, nonostante tutto, è in atto un processo vitale di protesta che, in realtà, conduce alla piena consapevolezza del sé.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Lacan J. (2007). Il Seminario. Libro X. L’angoscia, Einaudi, Torino.
  • Freud S. (1926). Inhibition, symptôme et angoisse , Paris, Quadrige/ PUF, 1993.
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