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Gruppi di culto: caratteristiche dei membri e difficoltà ad uscirne

Un culto si sviluppa intorno alla figura di un leader carismatico che, tramite la persuasione e la manipolazione, persegue i propri scopi.

Di Giulia Mangani

Pubblicato il 17 Giu. 2020

Jonestown, Heaven’s Gate, Aum Shinrikyo, cosa hanno in comune? Sono tutti gruppi di culto finiti sulle pagine di cronaca degli anni settanta per aver indotto alla morte numerose persone. Partendo da tale fenomeno psicologi, psichiatri e sociologi si sono posti alcune domande a cui hanno cercato di dare spiegazione: quali motivazioni spingono una persona ad entrare in un gruppo di culto? Alla base vi è la presenza di un disturbo psichiatrico? Come mai una volta entrati nei gruppi di culto è così difficile uscirne?

 

Partiamo dalla definizione di culto. Per West (1980) un culto è un gruppo di persone o un movimento che viene riunito attorno ad un’idea o ad un leader carismatico tramite l’utilizzo di tecniche persuasive e manipolative che inducono a promuovere gli scopi del leader, verso cui si mostra devozione, anche a discapito degli obiettivi personali dei membri.

Caratteristiche dei culti

I gruppi di culto si costruiscono sia attorno ad un “manifesto” come un libro o una dottrina che disciplina il comportamento dei membri della cerchia sia attorno alla figura di un leader carismatico, solitamente investito di “poteri mistici” (Appel, 1983) e capace di offrire al gruppo una sorta di “ricompensa” che può riguardare la salvezza eterna così come gratificazioni materiali.

Alla base dei gruppi di culto vi è una struttura di potere organizzata gerarchicamente con precise e rigide norme di comportamento da seguire ed una condivisione di un sistema di credenze e valori, una sorta di “verità assoluta”, capace di dare risposta ai problemi della vita, di semplificare la complessità della realtà, di generare uno scopo da perseguire per cui valga la pena impegnarsi e di attribuire un significato spirituale all’esistenza rispetto a quello puramente materiale che persegue chiunque non sia parte del gruppo. Tali elementi se da una parte contribuiscono allo sviluppo di un sentimento di superiorità, di “specialità”, offrendo la sensazione di far parte di un’élite, dall’altra hanno la funzione di accrescere un senso di coesione interno, rispetto ad un fuori nemico che ha lo scopo di isolare gradualmente l’individuo dal mondo esterno e che perseguito anche attraverso l’uso di rituali catartici ed esperienze extrasensoriali provocate da droghe, ipnosi e canti; l’utilizzo di luoghi fissi di incontro in cui la comunità si riunisce per lo svolgimento di attività quotidiane e la condivisione di un linguaggio proprio e caratteristico del gruppo (Levine, 1989).

Peculiarità delle persone che si avvicinano ai culti

Studi di Levine (1989) hanno individuato alcune caratteristiche presentate dagli individui che fanno parte dei gruppi di culto come la giovane età (circa 22 anni), il genere sia femminile sia maschile, il trovarsi a vivere situazioni di stress e sofferenza psicologica, la presenza di vuoti da riempire, il bisogno di perseguire nuovi obiettivi, una cerchia ristretta di legami, la bassa autostima e la facile suggestionabilità. Tale condizione costituirebbe un fattore di vulnerabilità, su cui il gruppo farebbe leva per avvicinare l’individuo a sé, fornendo un’immagine della cerchia accogliente, promettendo salvezza e procurando uno scopo superiore da perseguire.

Motivazioni che rendono difficile abbandonare un culto

Ma veniamo ora alle quattro principali ragioni che portano una persona a restare nel culto una volta entrato a farne parte: il bisogno di appartenenza, il brainwashing, la dissonanza cognitiva e le tecniche di controllo.

Il bisogno emotivo di appartenenza ed identificazione è un bisogno innato e comune ad ogni essere umano che riguarda il sentirsi supportati e l’essere vicini emotivamente a qualcuno con cui si condividono dei valori. L’individuo che entra a far parte di un gruppo di culto sente di trovarsi in un ambiente protetto, solidale e sperimenta una sensazione di benessere psicologico e di sollievo dalle emozioni negative che rinforza la conformità alle regole del gruppo (Galanter, 1999). Tutto questo però avrebbe un prezzo: la persona viene sottoposta inconsapevolmente a un processo di persuasione graduale. Tale fenomeno fa riferimento al controverso concetto di brainwashing, che comporterebbe:

  • alterazioni della coscienza dovute all’uso di esperienze meditative, rituali di guarigione e droghe;
  • manipolazione, filtraggio o censura delle notizie;
  • mancanza di privacy in favore dell’autorità del leader;
  • induzione dello sviluppo di un tipo di pensiero bianco-nero e buono-cattivo;
  • soppressione delle risposte emotive di paura o colpa, regolatori della moralità e di ciò che è giusto o sbagliato (Zablocki 2001).

Tale processo di cambiamento che conduce ad un collasso del pensiero critico e indipendente (Lifton 1961), che elimina la tendenza al dubbio e all’incredulità e che porta a reinterpretare la propria storia di vita alterando la visione del mondo (Singer 2003), avviene facendo sì che l’individuo sperimenti la sensazione di essere uscito da un tunnel e di essere rinato spiritualmente grazie ad una propria scelta.

Conway e Siegelman (2005) a questo proposito parlano di “disturbo dell’informazione” e cioè di uno stato continuo di consapevolezza alterata frutto sia del controllo e dalla manipolazione esercitati a lungo termine sia della mancanza di sonno e di una dieta povera che ha come conseguenza una distorsione della capacità di processare informazioni, ricordare e pensare.

Oltre tali fattori, ciò che rende difficile abbandonare un gruppo di culto, anche quando l’immagine positiva di questo si è incrinata, è la dissonanza cognitiva (Festinger 1964) e cioè il bisogno di coerenza interna dell’individuo che lo porta sia ad occultare o minimizzare qualsiasi disconferma proveniente dalla realtà esterna circa la capacità salvifica del gruppo sia ad accettare qualsiasi spiegazione, anche lacunosa, capace di proteggere il culto. Tale operazione è compiuta sulla base di una valutazione costi-benefici in cui il prezzo dovuto all’abbandono del gruppo è considerato superiore del vantaggio, tenuto conto del tempo e delle energie investite e dei problemi finanziari e relazionali che ne seguirebbero (Zablocki 1998).

Infine le tecniche di controllo esercitate dai leader dei gruppi di culto inducono le persone a credere che sia sbagliato e pericoloso abbandonare il gruppo in quanto unico detentore di “verità” ed instillano il timore, per chi non rispetta le norme, di essere punito o scomunicato incrementando il senso di “impotenza appresa” e cioè la percezione di non avere controllo e potere sulla situazione (Enroth 1982).

L’insieme di questi meccanismi psicologici, unitamente alla solitudine causata dall’aver tagliato i ponti con famiglia ed affetti, impedisce all’individuo di lasciare il gruppo di culto anche quando improvvisamente, sembra risvegliarsi da un lungo sonno ed acquisisce consapevolezza delle incongruenze e delle ipocrisie del gruppo.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Appel. W. (1983). Cults in America: Programmed for paradise. Holt Rineheart e Winston, New York.
  • Ariano. F., Brindisino. F. (2016). Il fanatismo dei culti. Cognitivismo Clinico, 13 (2), p. 159-183.
  • Conway. F., Siegelman, J. (2005). Snapping: America’s Epidemic of Sudden Personality Change. Stillpoint Press, New York.
  • Enroth. R. (1982). What is a cult? InterVarasity Press, Downers Grove.
  • Festinger. L., Riecken. H. W., Schachter. S. (1964). When prophecy fails. Harper e Row, New York.
  • Galanter. M. (1999). Cults: Faith, healding and coercion. University press, Oxford, New York.
  • Levine. S. V. (1989). Life in the cults. In Galanter. M. (a cura di) Cults and New Religious Movements. A report of the American Psychiatric Association, p. 95-108. Amercian Psychiatric Association, Waschington D.C.
  • West. L. J., Singer. M. T. (1980). Cults, quacks and nonprofessional psychotherapies. Comprehensive textbook of psychiatry, 3, p. 3245-3257.
  • Zablocki. B. (1998). Exit cost Analysis: A new approach to the scientific study of brainwashing. Nova religio: the Journal of Alternative and Emergent Religiuos, 1 (2), p. 216-249.
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