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Fuori da me. Superare il disturbo di depersonalizzazione (2016) di F. Neziroglu e K. Donnelly – Recensione del libro

"Fuori da me"con un linguaggio semplice e scorrevole fornisce un chiaro inquadramento della depersonalizzazione e degli interventi per il suo trattamento.

Di Valentina Nocito

Pubblicato il 27 Mag. 2020

Fuori da me non si presenta come un manuale di auto aiuto, ma si propone come uno strumento informativo che possa consentire a chi soffre di depersonalizzazione di riconoscere il proprio problema ed avere indicazioni operative a riguardo

 

Benché la depersonalizzazione/ derealizzazione, sia come sintomo che ancor di più come disturbo psichiatrico in sé, sia raro, diventa importante conoscerlo per sapere come risolverlo. In quest’ottica le autrici del testo, attraverso un linguaggio semplice e scorrevole, per favorire l’approccio allo stesso ai non addetti ai lavori, forniscono chiare informazioni circa cosa si intende per depersonalizzazione e, ancor di più, come orientarsi nella risoluzione del problema.

All’interno di Fuori da me le autrici forniscono una descrizione di tutta una serie di sintomi, sia da un punto emotivo che cognitivo e comportamentale, che consentono al lettore di riconoscere e dare un nome a ciò che possibilmente sta vivendo.

Ne sono esempio: il senso di vuoto, la sensazione di non riconoscersi più, di osservarsi dall’esterno, di essere insensibile o di non provare più le emozioni come si dovrebbero provare o come si provavano in passato, la sensazione di avere mente e corpo disconnessi, passare del tempo ad interrogarsi su questioni filosofiche e/o religiose come, ad esempio “perché esistiamo?”, “esistiamo veramente?”, “chi è che sta parlando in realtà?”.

Ne segue una descrizione in merito alla diagnosi differenziale (disturbo di panico, disturbo post-traumatico da stress, disturbo ossessivo-compulsivo) e a possibili cause che possono determinare tale disturbo.

Le autrici inoltre mettono in risalto come in vista di queste sensazioni anomale la persona tenderebbe a voler agire un controllo, nel tentativo paradossale di non perderlo, e a focalizzarsi su i vari sintomi, aspetti che in realtà ne esasperano e mantengono il meccanismo.

Cosa fare dunque?

Il testo, che non si presenta come un manuale di auto aiuto, si propone come uno strumento informativo che possa consentire a chi ne soffre di riconoscere il proprio problema ed avere indicazioni operative al riguardo. Fuori da me, ovviamente, non si sostituisce all’intervento di un professionista e, in merito a ciò, le stesse autrici sottolineano l’importanza di chiedere aiuto e come sia preferibile orientare la propria scelta verso una terapista cognitivo-comportamentale in quanto tale approccio, anche grazie contributi della terapia di terza generazione, consente di fornire i giusti strumenti utili alla risoluzione del problema in merito. In tal senso, un’ulteriore nota interessante all’interno del testo, è l’approfondimento e l’integrazione di diversi contributi provenienti dalla ACT (Acceptance and Commitment Therapy) della DBT (Terapia Dialettico- Comportamentale). Attraverso i contributi di tali approcci, sottolineano le autrici, il paziente potrà essere aiutato a: comprendere cosa diventa più funzionale alla risoluzione del problema, sviluppare l’accettazione e la disponibilità ad entrare in contatto con ciò che sta accadendo, riuscire attraverso la mindfulness a sviluppare la capacità di osservarsi in modo distaccato rispetto a ciò che avviene dentro di sé in termini emotivi, cercando di non identificarsi con i propri pensieri o stati d’animo, individuare i propri valori e usarli come una bussola che orienta i nostri comportamenti, comprendere l’esistenza della mente razionale ed emozionale e riuscire a creare un rapporto armonico tra le due, sviluppando anche una tolleranza alla sofferenza.

Esercizi e schede operative presenti all’interno del testo consentono al lettore di mettersi in gioco attivamente nel tentativo di rompere quel circuito ossessivo di cui spesso diventa vittima chi sperimenta tale disagio.

Un valido testo che consente di avere informazioni su un disturbo poco conosciuto; sicuramente utile a chi ne soffre, ma non per questo meno utile al professionista.

 

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SCRITTO DA
Valentina Nocito
Valentina Nocito

Psicologa e Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale

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