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Genitori con disabilità intellettiva: come il video feedback può sostenerne il ruolo genitoriale

Il video feedback consiste nel videoregistrare interazioni genitori-figli e commentarle; sembrerebbe molto utile per genitori con disabilità intellettiva 

Di Margherita Rovida

Pubblicato il 22 Mag. 2020

I genitori con disabilità intellettiva (DI) possono incontrare maggiori e specifiche difficoltà nel crescere i propri figli e nell’interagire con loro.

 

La disabilità intellettiva, precedentemente definita ritardo mentale, è inserita dal DSM-5 (APA, 2013) tra i disturbi del neurosviluppo. La disabilità intellettiva è caratterizzata da un deficit più o meno grave delle funzioni cognitive, ad esempio del ragionamento, dell’astrazione e dell’apprendimento, e dalla difficoltà ad adattarsi autonomamente alla vita quotidiana e al contesto sociale.

Emerson e colleghi (2015) rilevano che i genitori con DI vivono spesso in condizioni di svantaggio socioeconomico: nel loro studio, svolto nel Regno Unito, hanno riscontrato che le famiglie in cui almeno uno dei genitori aveva una disabilità intellettiva, rispetto a famiglie in cui i genitori non avevano tale diagnosi, erano più povere, riportavano uno stato finanziario più basso e tendevano a vivere in un’abitazione in affitto. I genitori con DI inoltre erano più spesso disoccupati rispetto a quelli senza DI, ricevevano un minor supporto intergenerazionale ed erano più isolati socialmente.

A queste difficoltà di natura socioeconomica, si aggiungono quelle legate all’interazione con i propri figli. Secondo uno studio di Hamby, Lunkenheimer e Fisher (2019), i genitori con DI fanno più fatica a costruire un ambiente cognitivamente stimolante. Inoltre, possono aver interiorizzato degli schemi familiari di trascuratezza o possono avere difficoltà nell’accedere ad esempi positivi di parenting, proprio perché, come detto in precedenza, hanno minori contatti a loro volta con i propri genitori. I genitori con DI possono interiorizzare le credenze negative delle altre persone circa le proprie capacità di parenting. Altre difficoltà che possono incontrare sono legate invece ai deficit di pianificazione, autoregolazione e attenzione. Ad esempio, un genitore con DI potrebbe faticare nel ricordarsi di chiamare un babysitter; potrebbe non riuscire a contenere la propria rabbia o non riuscire a guardare la TV e contemporaneamente stare attento a che il proprio bambino non si faccia male. Infine i genitori con DI possono avere un bias di attribuzione ostile, cioè avere la tendenza a ricondurre la causa dei comportamenti altrui a ostilità nei propri confronti, giudicando, ad esempio, che il proprio figlio pianga apposta per indispettirli.

Wickström, Höglund, Larsson e Lundgren (2017) rilevano che i figli di genitori con DI hanno una probabilità quattro volte maggiore di ricevere a loro volta una diagnosi di DI rispetto ai loro coetanei. In aggiunta, risultano più esposti a rischio di incidenti dovuti al traffico, ad annegamento, scottature, soffocamento o avvelenamento. I figli di genitori con DI rappresentano una parte significativa dei bambini di cui si occupano i servizi sociali, poiché sono spesso soggetti a trascuratezza e, più raramente, a maltrattamento fisico o abuso sessuale (Schuengel, Kef, Hodes e Meppelder, 2017).

Nonostante le difficoltà siano presenti, uno studio olandese (Willems, de Vries, Irini e Reinders, 2007) ha concluso che il 33% dei genitori con DI da loro intervistati fosse un “genitore sufficientemente buono”, e che ciò fosse in parte predetto dalla qualità del sostegno sociale ricevuto.

A fronte di questa situazione, Hamby e colleghi (2019) hanno sottolineato l’importanza di concepire degli interventi di supporto alla genitorialità specificamente indirizzati ai genitori con DI. A tale proposito, gli autori hanno proposto l’uso del video feedback, un intervento che consiste nel videoregistrare alcune interazioni in contesti ecologici tra genitori e figli, per poi commentarle successivamente con uno psicologo. L’obiettivo è rinforzare le risorse già presenti nella relazione. L’obiettivo di Hamby e colleghi è individuare, tramite un’analisi sistematica, le caratteristiche del video feedback che possono risultare vantaggiose specificamente per i genitori con DI.

Gli autori argomentano che l’intervento con il video feedback abbia alcuni punti di forza: innanzitutto sottolineare le competenze dei genitori con DI contrasta le credenze negative sul proprio parenting che questi potrebbero aver interiorizzato e li aiuta a sentirsi genitori più capaci. Questo aumenta la motivazione ad impegnarsi in ulteriori comportamenti di parenting efficace.

Un ulteriore vantaggio è che il video feedback è un intervento adatto a chi ha difficoltà cognitive, perché ciascuna seduta è relativamente breve (dura circa un’ora), ha un obiettivo ben definito e una struttura che si ripete nelle varie sedute. Il programma comprende complessivamente circa 10 sedute, per cui si concentra in un tempo relativamente limitato; diminuisce così il rischio che le famiglie smettano di aderire al programma perché troppo prolungato nel tempo.

L’uso del video feedback insegna delle abilità concrete ai genitori e non solo concetti astratti. Ad esempio, insegna ai genitori ad etichettare verbalmente gli oggetti o le situazioni, in modo da sostenere i bambini nel processo di apprendimento del linguaggio. Attraverso la riflessione sulla relazione con i propri figli, i genitori con DI sono anche incoraggiati ad esercitare le proprie funzioni esecutive, ad esempio a prestare maggiore attenzione ai comportamenti positivi del bambino o ad aumentare il proprio autocontrollo.

L’intervento tramite video feedback sostiene anche la funzione riflessiva dei genitori, ossia la loro capacità di comprendere pensieri, emozioni, motivazioni e comportamenti dei figli. Lo psicologo, verbalizzando i possibili stati interni del bambino, aiuta il genitore a sostituire le attribuzioni ostili con altre più realistiche, funzionali e positive. In questo modo il genitore può allenarsi a darsi spiegazioni più adattive del comportamento del proprio figlio.

Un ulteriore vantaggio del video feedback è che le riflessioni su come migliorare il proprio parenting avvengono a partire da videoregistrazioni effettuate nel contesto di vita familiare normale, a casa, durante i pasti, nei momenti di gioco. Nel corso delle sedute, si possono videoregistrare svariate esperienze quotidiane, in modo da generalizzare le competenze apprese ai diversi contesti in cui devono essere messe in pratica. L’intervento, poiché parte dalla registrazione di quanto avviene effettivamente in casa, può essere adattato alle esigenze di ciascuna famiglia.

Infine, il video feedback facilita una visione positiva degli interventi di sostegno genitoriale, poiché generalmente tra chi effettua l’intervento e chi ne usufruisce si instaura una relazione positiva. Ciò aumenta le probabilità che i genitori con DI si rivolgeranno a programmi di sostegno genitoriale anche in futuro.

Gli autori sottolineano che questa modalità di intervento può presentare dei limiti, specialmente per quanto riguarda la sostenibilità economica, in quanto il video feedback prevede un rapporto uno a uno tra utente e operatore. Suggeriscono in proposito la possibilità di verificare in futuro l’efficacia del video feedback svolto in sedute di gruppo. Un’altra criticità riguarda l’assenza di dati circa gli effetti a lungo termine dell’intervento.

Sebbene con alcune limitazioni, gli interventi che utilizzano la tecnica del video feedback risultano promettenti per consentire migliori esperienze relazionali ai genitori con DI e ai loro figli.

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