Nel film Vero come la finzione non viene specificato se il protagonista soffra effettivamente di un disturbo ossessivo-compulsivo ma sicuramente i meccanismi della sua mente svelano una moderata rigidità mentale che nel tempo diviene parte integrante del suo modo di essere.
Sharon Vitarisi – OPEN SCHOOL Psicoterapia Cognitiva e Ricerca, Milano
Vero come la finzione è un film del 2016 che racconta la storia di Harold Crick, un esattore delle tasse. È ossessionato dai numeri e per questo, già dai primi minuti della pellicola, ci proietta all’interno della sua modalità di vivere le situazioni quotidiane: conta perfettamente le spazzolate che dà ai suoi denti al mattino, i passi per raggiungere la fermata del pullman che lo porta al lavoro ed esegue diverse volte dei calcoli mentali faticosi. Ad un certo punto, questa “normalità” viene interrotta da un evento inusuale. Una mattina, appena sveglio e pronto per recarsi in ufficio, inizia a sentire una voce femminile. La voce descrive esattamente tutte le azioni che Harold compie e tutte le modalità mentali che lui assume nel momento in cui fa un semplice gesto, come quello di lavarsi i denti. I maggiori intenditori di psicologia e gli esperti del settore potrebbero pensare ad un crollo psicotico di Harold, dovuto alla fatica di perpetrare a lungo tutti quei processi mentali faticosi che mette in atto ogni giorno, oppure, ad un aggravamento dei sintomi di un disturbo ossessivo-compulsivo. In realtà, si scopre che la voce nella testa del signor Crick è la voce di una famosa scrittrice di romanzi drammatici che sta raccontando la storia di un uomo qualunque, ossessionato da numeri, rigido mentalmente e nelle sue relazioni. Harold cerca in tutti i modi di scoprire la provenienza di questa voce, fino ad arrivare a conoscere di persona l’autrice di romanzi che sta raccontando in quel momento la sua storia. La voce ha finalmente un volto, la finzione diviene realtà e l’autrice e lo stesso Harold rimangono sotto shock. L’unico modo per far scomparire la voce nella testa del protagonista è quella di terminare il romanzo, ma nella mente della scrittrice l’unica fine possibile per Harold è estremamente drammatica. Nel frattempo il nostro esattore delle tasse si innamora di una pasticcera che riesce a fargli osservare, riconoscendo i suoi difetti ma anche i suoi pregi, le rigidità mentali che si era sempre imposto e a renderlo più empatico e meno egocentrato. Harold comprende cosa significa rimanere ancorato alle proprie emozioni, e che forse le modalità mentali che metteva in atto lo tenevano lontano dal provare determinate angosce, ma erano proprio quelle a determinare il suo distacco dalla vita relazionale e la sua sofferenza.
Non viene specificato se il protagonista soffra effettivamente di un disturbo ossessivo-compulsivo ma sicuramente i meccanismi della sua mente svelano una moderata rigidità mentale che nel tempo diviene parte integrante del suo modo di essere.
Il disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) è una patologia largamente diffusa. Ha come sintomi la nascita di pensieri, impulsi o immagini mentali che vengono percepite come intrusive e sgradevoli; per tenersi lontani da tali ossessioni, i pazienti sviluppano delle compulsioni, ovvero, comportamenti ripetitivi o azioni mentali che allontanano momentaneamente la persona dal disagio e dall’angoscia causate delle ossessioni.
Il trattamento elettivo per tali disturbi è la terapia cognitivo-comportamentale, ma attualmente si utilizzano approcci improntati sull’accettazione, come la Mindfulness. Tali approcci cercano spesso di combinare i protocolli da Esposizione e Prevenzione della Risposta (ERP) con le tecniche di Mindfulness.
Harold durante il film compie inconsapevolmente delle esposizioni alle situazioni stressanti sperimentando un’ansia reattiva all’assenza delle sue modalità protettive e prudenziali: le compulsioni. Rileggendo il romanzo della scrittrice e concentrandosi sulla sua voce e i suoi racconti, inizia ad osservare le sue modalità disfunzionali e prenderne sempre più consapevolezza. Arriva alla conclusione che non tutto necessita costantemente di essere controllato; gli esseri umani sono sempre esposti all’incertezza e al dubbio, in quanto esseri mortali e sottoposti a ciò che è imprevedibile. Da una parte sviluppa delle abilità osservative riconducibili alla Mindfulness e dall’altra diviene consapevole dei suoi processi mentali e dei suoi pensieri automatici che alimentano la sua sofferenza. Ridefinire e osservare in modo non giudicante le sue credenze disfunzionali è stato un fattore determinante per il signor Crick. La Mindfulness, infatti, può essere definita come “la consapevolezza che emerge prestando attenzione intenzionalmente, nel momento presente e in modo non giudicante al presentarsi dell’esperienza momento per momento” (Kabat-Zinn, 2003).
L’utilizzo della Mindfulness e del protocollo ERP sembrerebbe una svolta nel trattamento dei DOC. Esistono già in letteratura alcuni studi pilota effettuati da Strauss e colleghi (2015) condotti su una popolazione di pazienti con disturbo ossessivo compulsivo con lo scopo di definire i parametri per un trattamento definitivo che coniuga l’utilizzo di tecniche Mindfulness-based (MB) in associazione ad un protocollo di Esposizione e Prevenzione della Risposta (ERP). Nel protocollo di MB-ERP la terapia porta i pazienti a lavorare sull’astensione dal giudizio verso i pensieri intrusivi, incrementando l’accettazione nei confronti delle sensazioni fisiche e corporee provocate dall’ansia e porta ad osservare in modo consapevole i comportamenti impulsivi; come detto in precedenza, se osserviamo bene il percorso di cambiamento di Harold possiamo azzardare una sorta di fusione tra consapevolezza ed esposizione alle situazioni stressanti che il protagonista mette in atto.
Dopo un’attenta analisi della situazione, Harold diviene consapevole che il finale che la scrittrice aveva immaginato per lui fosse quello più adatto per terminare la sua storia, lasciando nel lettore un modo diverso per rileggere la sofferenza e porsi delle domande esistenziali, rimanendo conscio del fatto che non tutto possa essere spiegato e razionalizzato.
Decide così di accettare la sua sorte. Riconosce la tristezza, la paura e la rabbia relative all’ingiustizia di morire ancor prima di aver vissuto veramente la sua vita.
Il finale del film lascia nello spettatore diversi spunti di riflessione. Non posso svelarlo in questa recensione poiché si perderebbe tutta la sorpresa e il pathos che tale conclusione suscita, per cui invito voi lettori a vedere questo film e tirare le vostre conclusioni, solo dopo averlo visto. Sicuramente il tema più importante di questo film è l’accettazione e l’auto-osservazione come capacità intrinseca nell’essere umano. L’accettazione di cui parla il film non è rassegnazione. Jon Kabat Zinn, fondatore della Mindfulness, sostiene che accettare significa che prima o poi abbiamo bisogno di renderci disponibili a vedere le cose così come sono. È l’atteggiamento che pone i presupposti per un’azione più appropriata nella nostra vita, qualsiasi cosa stia avvenendo ora. Secondo l’autore diviene molto più facile agire con convinzione e con efficacia quando si ha una chiara immagine di come stanno le cose, di come funzioniamo, di cosa proviamo. Al contrario, diviene più difficile nel momento in cui la nostra visione viene influenzata da giudizi e desideri, timori e pensieri disfunzionali. Harold, con la sua storia, ci insegna proprio questo.
Vero come la finzione ci proietta all’interno di situazioni esilaranti, con umorismo, ma allo stesso tempo ci aiuta a riflettere su alcuni temi importanti come l’amore, l’accettazione e il significato della vita stessa.