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Taekwondo: l’arte marziale che aumenta le prestazioni cognitive

Diversi studi hanno mostrato come il taekwondo porti a miglioramenti nelle capacità cognitive e sociali sia tra i più giovani sia in età evanzata

Di Sergio Piola

Pubblicato il 30 Apr. 2020

Esiste una correlazione ormai accertata tra aumento della performance cognitiva e arti marziali (Douris, 2015; Johnstone, 2018; Origua Rios, 2018). Le ricerche hanno evidenziato in particolare come la pratica del taekwondo sia in grado di ottimizzare alcune funzioni cognitive e incrementare la neuroplasticità, non solo nei soggetti in età giovane e adulta, ma anche tra individui al di sopra dei 70 anni.

 

Il taekwondo è un’arte marziale nata in Corea. Diffusa dal paese di origine a partire dal 1972, è divenuta disciplina olimpica dall’edizione dei Giochi di Sidney del 2000. Attualmente coinvolge 80 milioni di atleti in circa 200 paesi nel mondo.

La motivazione che spinge la ricerca ad indagare sulla relazione tra capacità cognitive e pratica del taekwondo sembra giustificata dalle particolari caratteristiche di questa disciplina sportiva. In generale l’esercizio di questo sport coinvolge l’atleta in un comportamento che enfatizza il controllo, il rispetto, l’integrità, la perseveranza, e varie funzioni cognitive quali l’attenzione sostenuta, la velocità di elaborazione, la pianificazione e il problem solving. La complessità cognitiva nella pratica del taekwondo è esemplificata dalle “poomse” (forme) che sono una serie di movimenti coreografici attuati con precisione tecnica in un determinato ordine, in un processo di apprendimento a complessità crescente che coinvolge il soggetto per molti anni.

Le ricerche che hanno esaminato gli atleti più giovani hanno mostrato un aumento significativo nei valori plasmatici dei fattori neurotrofici maggiormente correlati con i processi di plasticità cerebrale. In particolare, una serie di studi coreani (Cho et al., 20171; Cho et al., 20172; Kim, 2015) ha verificato che un training in taekwondo di sole 16 settimane, con soggetti tra 10 e 12 anni di età, è in grado di produrre un aumento significativo del livello plasmatico di BDNF (Brain-derived neurotrophic factor), IGF-1(Insulin-like growth factor-1) e VEGF (Vascular endothelial growth factor). BDNF è una neurotrofina che contribuisce alla sopravvivenza e alla differenziazione neuronale. L’IGF-1, quale mediatore dell’azione della somatotropina, promuove lo sviluppo somatico e la crescita dell’organismo. Il VEGF è un indice importante di angiogenesi. Le medesime ricerche hanno misurato le funzioni cognitive dei giovani atleti, attraverso la versione per l’età evolutiva del Test di Stroop (Golden et al., 2003) rilevando un significativo aumento della prestazione rispetto alle misurazioni nel gruppo di controllo. Il test di Stroop, che fornisce una misura della capacità inibitoria, dell’attenzione sostenuta e divisa, della velocità percettiva e di elaborazione, è generalmente un test utilizzato nell’assessment cognitivo degli atleti praticanti le arti marziali.

Una ricerca dell’Università della California (Lakes et al., 2013) ha coinvolto 600 studenti dai 12 ai 14 anni e ha rilevato, nel gruppo sottoposto a training di taekwondo rispetto al gruppo di controllo, un aumento delle prestazioni nella working memory, controllo inibitorio e flessibilità cognitiva utilizzando il Hearts & Flowers Task (Davidson, 2006). La medesima ricerca ha potuto evidenziare inoltre che gli studenti partecipanti al gruppo di training hanno esteso le capacità acquisite di controllo comportamentale e attenzionale anche al contesto scolastico e quotidiano. In accordo con questa evidenza, un altro studio (Roh et al., 2018) ha dimostrato come la pratica del taekwondo sia in grado di ottimizzare le abilità di socializzazione in giovane età.

Una ricerca recente (Kadri et al., 2019) ha evidenziato come la pratica di questo sport concorra all’aumento dell’attenzione sostenuta in soggetti giovani con ADHD (disturbo da deficit di attenzione/iperattività).

Tutti questi dati possono indicare che i miglioramenti nelle capacità cognitive e sociali promossi dal taekwondo in età evolutiva possiedano un alto valore ecologico e possano essere generalizzati ad altri contesti di vita quotidiana.

Una ricerca dell’University Hospital di Maastricht (Pons van Dijk, 2013) ha esaminato 24 soggetti tra i 41 e i 71 anni. I volontari, tutti in buona salute, hanno aderito ad un training in taekwondo della durata di 15 mesi, impegnandosi in un allenamento settimanale della durata di 1 ora. I risultati della ricerca hanno mostrato un incremento significativo delle prestazioni cognitive, rilevate all’inizio e al termine del programma. Un miglioramento significativo è stato evidenziato soprattutto nella velocità di elaborazione in relazione a compiti di controllo inibitorio.

Un altro studio (Cho et al., 2019) ha coinvolto 40 donne con un’età media di 69 anni. Il campione è stato suddiviso in un gruppo di training di taekwondo della durata di 16 settimane e in un gruppo di controllo. I risultati emersi sono in linea con quelli osservati nei bambini: un significativo aumento dei livelli plasmatici dei già citati fattori neurotrofici (BDNF, VEGF e IGN-1) e un incremento della prestazione cognitiva allo Stroop Test.

Lo stato della ricerca è ancora in una fase iniziale, tuttavia i risultati sono promettenti. Sembra che la pratica del taekwondo lavori su un piano multidimensionale: neuroplastico (incremento degli indicatori neurotrofici), cognitivo (capacità di concentrazione e controllo), fisico (flessibilità, forza e precisione), emozionale (mediazione, controllo delle emozioni) e sociale (rispetto reciproco e responsabilità individuale). Tutte queste caratteristiche rendono il taekwondo uno sport che può ritenersi indicato per rallentare i processi di neurodegenerazione fisiologica in età avanzata e per migliorare la performance cognitiva soprattutto nei soggetti più giovani.

 

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