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Una breve rassegna degli effetti psicologici conseguenti all’epidemia di Covid-19

Alcuni studi si sono proposti di indagare il disagio psicologico nella popolazione generale della Cina durante l'epidemia di COVID-19.

Di Claudio Lombardo

Pubblicato il 01 Apr. 2020

Aggiornato il 27 Apr. 2020 15:28

L’epidemia di COVID-19 ha causato gravi minacce alla salute fisica e alla vita delle persone. Ha anche innescato una vasta gamma di problemi psicologici, come disturbo da panico, ansia e depressione.

 

Alcuni studi hanno indagato il disagio psicologico nella popolazione generale della Cina durante l’epidemia di COVID-19. Al centro di tali disagi c’è la minaccia dell’integrità della società e del senso di sicurezza percepita. Emergenze come queste ci hanno fatto comprendere che la nostra società necessità di una riconfigurazione al termine di questa epidemia.

I punti focali riguardano:

  1. l’attenzione volta a gruppi vulnerabili come i giovani, anziani, donne e lavoratori migranti;
  2. potenziamento dell’accessibilità alle risorse mediche e al sistema di servizio sanitario pubblico;
  3. pianificazione strategica a livello nazionale e coordinamento per il primo soccorso psicologico;
  4. potenziamento del sistema di telemedicina e supporto psicologico on-line;
  5. miglioramento del sistema di prevenzione e intervento, compreso il monitoraggio epidemiologico, lo screening e un intervento mirato finalizzato a prevenire il disagio psicologico prevenendo ulteriori problemi di salute mentale.

L’insorgenza di malesseri, difficoltà e sofferenze (letteratura scientifica “in calce”) si riferiscono alle sensazioni di solitudine, negazione, ansia, depressione, insonnia e disperazione, che possono ridurre l’aderenza al trattamento. Possiamo distinguerli in base alle condizioni o alla circostanza vissuta, essenzialmente:

  1. infetti;
  2. possibili infetti (con alta probabilità di essere stati contagiati);
  3. individui sani che temono l’infezione;
  4. soggetti in quarantena;
  5. giovani;
  6. anziani o soggetti con salute precaria.

 Dato che l’approfondimento dei singoli punti precitati richiede una lunga dissertazione, in linea generale, i vissuti psicologici più frequenti, riferiti soprattutto ai casi 2 e 3, riguardavano sintomi ossessivo-compulsivi, come controllo ripetuto della temperatura e la sterilizzazione compulsiva di ogni cosa con cui si è venuto a contatto. Nei casi 4, la rigorosa quarantena e il non-contatto obbligatorio hanno causato più frequentemente, nei confronti di questi soggetti, rifiuto sociale, perdite finanziarie, discriminazione e stigmatizzazione. Altri sintomi notati sono stati l’aumento dell’aggressività (anche nei casi 3), ansia e tendenze suicide. L’incertezza circa il proprio stato di salute è una variabile che, in questi periodi, innesca profondi sensi di insicurezza. Paradossalmente, nei giovani (casi 5), che tendono ad ottenere una grande quantità di informazioni dai social media, può facilmente innescarsi uno stato psicologicamente stressante. Dal momento che la mortalità più alta si è verificata nei casi 6 durante l’epidemia, non è inatteso che gli anziani hanno avuto maggiori probabilità di essere colpiti psicologicamente. Allo stesso modo, le persone con l’istruzione più elevata tendevano ad avere una maggiore angoscia, probabilmente associata all’alta autoconsapevolezza della loro salute.

 

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