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Tonya Harding – “I, Tonya” (2017) – La LIBET nelle narrazioni

Partendo dal film 'I, Tonya' si propone una lettura realistica, ma non necessarimanete veridica, della pattinatrice e la concettualizzazione LIBET del caso

Di Nicola Ballarini

Pubblicato il 02 Mar. 2020

‘I, Tonya’ è un recente film di Craig Gillespie, vincitore di un premio Oscar, che narra la storia biografica di Tonya Maxine Harding, famosa ex pattinatrice olimpica statunitense.

La LIBET nelle narrazioni – (Nr. 8) Tonya Harding

 

Le vicende di vita raccontate ripercorrono un lungo arco temporale, dai 4 ai 44 anni della protagonista, e si basano su interviste fatte ai vari personaggi della pellicola. Data la natura biografica della pellicola è possibile inquadrare la personalità di Tonya in chiave LIBET, estrapolando numerosi elementi che vanno a comporre una concettualizzazione del caso.

Tonya (nome di battesimo: Tonya Maxene Price) nasce nel 1970 a Portland, in Oregon; è la quinta figlia della madre LaVona, ed è nata dal suo quarto matrimonio. Appare subito evidente allo spettatore quanto Tonya sia nata e cresciuta in un contesto socio-economico piuttosto povero e culturalmente poco stimolante; lei stessa afferma di essere nata povera e contadinotta. La situazione non migliora con il passare degli anni, dato che già all’età di 15 anni si trova costretta a ritirarsi da scuola per potere investire ogni risorsa nel pattinaggio artistico su ghiaccio, non assicurandosi dunque un’istruzione appropriata e perdendo la possibilità di coltivare rapporti amicali con i propri coetanei.

Sicuramente nemmeno l’ambiente genitoriale e famigliare è stato in qualche modo protettivo, o almeno parzialmente validante; la madre viene infatti mostrata come una donna fredda, socialmente isolata e totalmente distaccata da un punto di vista emotivo, a tratti crudele (‘un mostro’). In quasi tutte le scene in cui è presente LaVona, questa svaluta la figlia fino ad aggredirla ed abusarla in modo reiterato sin dall’infanzia, sia verbalmente sia fisicamente, dicendole frasi quali ‘sei solo una piccola perdente schifosa’; il suo unico scopo appare quello di rendere Tonya una vincente nel pattinaggio, spronandola attraverso continue critiche e rinfacciandole l’impegno economico di cui si è fatta carico per consentirglielo. Il culmine viene raggiunto quando, a seguito di una delle solite sfuriate fra le due, la madre le lancia un coltello che si conficca nel braccio di Tonya. Il padre, invece, appare come una figura genitoriale più adeguata, sebbene non affettuosa; abbandona però LaVona e Tonya quando quest’ultima è ancora una bambina, e di lui non si fa più alcun cenno durante tutto il film. La protagonista afferma di volergli bene, e che avrebbe preferito andarsene con lui, piuttosto che rimanere da sola con la madre.

Come già accennato, fin dalla prima infanzia Tonya subisce diversi abusi, come lei stessa afferma, in primis dalla madre, e poi durante l’adolescenza dal fratellastro, ‘Chris il viscido’, che la molesta sessualmente; anche a scuola viene considerata diversa, una poveraccia. Il personaggio di Tonya è rappresentato dapprima come una bambina timida e inibita, mentre da adolescente viene dipinta con una personalità fortemente rabbiosa. È a 15 anni, nel pieno dell’adolescenza, che conosce il suo primo fidanzato nonché futuro marito, Jeff. Il loro rapporto, inizialmente tenero ed affettuoso, diviene repentinamente violento; Jeff infatti inizia ad abusare fisicamente di lei, sia durante la loro convivenza sia durante il matrimonio, conclusosi per tale motivo nel 1992, dopo varie separazioni. Tonya sembra accettare da un certo punto di vista le percosse, che riceve da tutta la vita, probabilmente tramite strategie pseudorazionalizzanti o di controllo ottenuto con l’auto-attribuzione di responsabilità, con pensieri quali ‘anche mamma mi picchia e mi vuole bene, quindi forse è colpa mia’.

Leggendo il personaggio in chiave LIBET, sebbene le esperienze traumatiche infantili e adolescenziali subite da Tonya possano far subito supporre una sua sensibilità nell’area della minaccia terrifica, appare maggiormente plausibile che abbia sviluppato una vulnerabilità ascrivibile al tema doloroso del disamore; infatti il bisogno esistenziale che esplicita come per lei fondamentale è quello di essere amata. Tale bisogno è talmente importante da rendere prioritario e necessario il fatto di avere qualcuno vicino a sé, anche se negativo per la sua persona. Anche l’amore della gente spettatrice del pattinaggio è assai rilevante per Tonya, che raggiunge l’apice della felicità quando diviene la prima pattinatrice americana ad eseguire un salto triplo axel durante una competizione ufficiale; ciò l’ha fatta sentire brava, apprezzata in quanto riconosciuta come non solamente degna, ma addirittura la migliore nell’unica cosa che sa fare. Non dimentichiamo che la figura genitoriale di riferimento per Tonya è stata una madre costantemente ed inelegantemente criticista nei suoi confronti; è dunque verosimile che Tonya possa essersi sensibilizzata anche al contatto con uno stato mentale di indegnità. Durante quasi tutta la durata del film traspaiono processi di metacontrollo che sottolineano l’intollerabilità dello stato mentale del sentirsi da sola e non amabile, ad esempio quando torna a casa dal marito nonostante ciò sia assolutamente non tutelante la sua incolumità; inoltre, il fatto di essere brava le permette di ottenere un po’ di quell’amore e apprezzamento di cui necessita.

Oltre alle sopraccitate strategie di pseudorazionalizzazione, che si palesano attraverso un locus of control esternalizzato, e a strategie prescrittive che si concretizzano in auto-colpevolizzazioni (ruminazione autocritica nei momenti in cui riceve percosse), Tonya si protegge dalla minaccia di entrare in contatto con la propria sensibilità assumendo costantemente un atteggiamento rabbioso e aggressivo, con evidenti difficoltà di autoregolazione emotiva; nel corso del film la si vede spesso in collera praticamente con ogni persona con la quale si relaziona, persino con i personaggi accudenti nei suoi confronti, come ad esempio la sua allenatrice. Inoltre, utilizza le sigarette per autoregolarsi nei momenti di stress e tristezza. Quasi tutte queste strategie si configurano, secondo la concettualizzazione LIBET, in un piano semiadattivo di tipo immunizzante. Anche nei momenti di bassa minaccia, infatti, Tonya modifica il proprio stato mentale con una finalità difensiva.

Tale piano immunizzante non riesce a proteggere la protagonista nei momenti in cui rimane (o si sente) sola e non apprezzata, per esempio quando lascia il marito, quando la giuria non le assegna punteggi consoni alla sua prestazione poiché ritiene la sua immagine non adeguata a rappresentare il pattinaggio artistico americano, oppure quando il pubblico perde l’amore che ha per lei a causa dell’aggressione che Jeff architetta nei confronti di un’altra pattinatrice. È in queste occasioni che Tonya viene rappresentata con tono dell’umore depresso, che raggiunge il culmine nel momento in cui viene bandita a vita da ogni competizione della Federazione di pattinaggio degli Stati Uniti; in questa occasione Tonya riconosce di aver perso tutto ciò che la definisce come persona, ovvero la possibilità di esprimere la sua dote nel pattinare: ‘So solo pattinare, non sono niente se non posso…’.

Nel film non viene mai rappresentato un vero e proprio esordio sintomatologico, o un periodo prolungato di sofferenza dovuta ad un disturbo psichiatrico quale la depressione, ma appare evidente come vi siano situazioni che causano a Tonya uno scompenso sul versante depressivo, quando le sue strategie non risultano adattive nel proteggerla dalle proprie sensibilità. Inoltre, il fatto che Tonya abbia un locus of control tipicamente esterno rende difficile per lei sperimentare strategie cognitive e comportamentali alternative e maggiormente adattive; ciò potrebbe essere una delle variabili di mantenimento del disagio.

Una concettualizzazione del caso di Tonya in chiave LIBET, chiaramente approssimativa, realistica ma non necessariamente veridica, consente una lettura ad ampio raggio di tale personaggio. Ciò risulta fondamentale per coglierne il funzionamento e per comprendere la logicità dei comportamenti, delle emozioni e dei pensieri che il film fa trasparire; infine, nell’ottica di un’ipotetica psicoterapia, una concettualizzazione di questo tipo permetterebbe di raccogliere un’infinità di dettagli utili per il percorso terapeutico, concentrati non solamente sulla sintomatologia acuta che ha portato la persona a richiedere un aiuto, ma anche sulle vulnerabilità personologiche premorbose.

 

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