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Lo svincolo dalla famiglia di origine – Personaggi e tappe del viaggio

Crescere prevede un grande lavoro attraverso le varie fasi del ciclo vitale: ogni fase fa entrare in un mondo nuovo dal quale si esce con un nuovo sé.

Di Mariano Indelicato

Pubblicato il 31 Mar. 2020

Il trasloco assume il significato e le caratteristiche del viaggio iniziatico. Nelle culture arcaiche per essere riconosciuti come adulti si devono superare delle prove. Anche in questo viaggio bisogna superare molti ostacoli per raggiungere il nuovo nido.

 

Se prendiamo, ad esempio, le fasi, le tappe e i passaggi che C. Vogler (2007), sceneggiatore statunitense di Hollywood, individua, analizzando i film e i romanzi che hanno per tema l’eroe, possiamo comprendere il grande lavoro da fare durante le varie fasi di ciclo vitale. In ogni fase bisogna entrare in un mondo nuovo dalle quali si esce con un nuovo sé. In questo lavoro voglio trasportare questo modello dal mondo cinematografico al modello relazionale simbolico nella fase di svincolo dalla famiglia di origine.

Vogler nel viaggio dell’eroe distingue:

  1. Gli archetipi o personaggi principali;
  2. Le tappe del viaggio.

1. Gli archetipi o personaggi principali sono:

  • a. L’eroe che è colui che muove la storia ed ha un punto debole in cui può essere colpito.
  • b. Il mentore è colui che guida, allena e supporta l’eroe offrendogli spesso doni per incoraggiarlo a continuare il viaggio.

Se l’eroe è l’io della storia, il mentore è il suo sé che sono i genitori e il sistema generazionale. Essi dovrebbero supportare e allenare il proprio figlio ad affrontare le prove, ben sapendo che deve svolgere il viaggio da solo. Essere guida non vuol dire pianificare il futuro dei figli, ma semplicemente donargli gli strumenti necessari per poter affrontare le prove. Ritorna il tema sul valore del dono e del debito positivo. Solo se si crea un debito positivo si danno ai figli gli strumenti per poter affrontare le prove.

Le qualità simboliche (del dono) sono quelle della speranza fiducia nel legame e della giustizia nello scambio con l’altro. (Cigoli)

La mamma aquila, nel momento in cui si rende conto che il suo piccolo è pronto a volare, lo artiglia, lo porta in alto cielo e lo lascia andare. In sostanza “tocca alle generazioni precedenti garantire uno spazio fluido e di rinnovamento delle origini a quelle successive”. Andolfi individua nel padre una delle figure preminente nello svincolo dei figli:

Egli è il regista invisibile, meno coinvolto rispetto alla madre, più capace d’intervenire e di opporre la barriera del rifiuto, coltivando al tempo stesso il legame d’amore, indispensabile nel consentire lo svincolo adolescenziale attraverso il porre e garantire le regole.

Kohut (1982), come riportato da Andolfi, sostiene che

la funzione paterna esercita un compito vivificante in  grado di favorire la nascita sociale dei figli non solo offrendo un’alternativa al rispecchiamento materno ma sostenendo, anche attraverso la frustrazione, un’organizzazione del pensiero e delle prove di realtà in quanto strumenti di separazione, distacco e autonomia.

  • c. Il guardiano della soglia è colui che mette alla prova ed in qualche modo sonda la determinazione dell’eroe a portare a conclusione il viaggio.

Nel viaggio interiore rappresenta la parte nevrotica costituita da paure, ansie e demoni che dobbiamo sconfiggere ed uccidere durante il viaggio. Sono le paure che ci portiamo dietro dall’infanzia e dai rapporti con il mondo esterno ivi compresi quelli con le famiglie di origine. Come ci informa Cigoli è il luogo della lotta tra spinte generative e antigenerative. Se da un alto, come abbiamo visto in precedenza, tocca alle generazioni precedenti favorire il rinnovamento delle origini, alle generazioni successive, dall’altro, tocca

accettare e riconoscere ciò che padri e madri hanno lasciato in eredità e passare aldilà rilanciando l’azione generativa. (Cigoli)

  • d. Il messaggero è colui che comunica l’inizio del viaggio.

L’inizio può essere un avvenimento straordinario o ordinario come una fase di ciclo vitale da affrontare. L’inizio della fase di svincolo dalla famiglia di origine si pone al momento della scelta del lavoro da fare. Quasi alla fine della scuola media superiore si pone il problema del percorso di studi o meno da intraprendere in funzione del tipo di lavoro futuro che si intende svolgere. E’ la prima delle tappe da affrontare a cui seguiranno la scelta della/del compagna/o di vita, la scelta del luogo in cui vivere, la scelta del nuovo nido, etc. In passato il messaggero era l’ufficiale notificatore del comune che consegnava la cartolina rossa con la quale si veniva chiamati a svolgere il servizio di leva. Iniziava proprio in quel momento la fase di svincolo dalla famiglia di origine. Oggi potrebbe essere rappresentata dall’iscrizione e dalla scelta della sede universitaria o l’andare a lavorare fuori dal proprio contesto di vita.

  • e. Il mutaforme è l’amico che diventa nemico.

Rappresenta il combattimento che avviene durante il viaggio con le istanze non conosciute del nostro mondo interiore. Nello specifico nello svincolo dalla famiglia di origine ci si aspetta che i fratelli, ad esempio, siano insieme ad affrontare il viaggio ed, invece, si scopre che essi si trovano all’improvviso in contrasto poiché, a volte, per potersi svincolare è necessario lasciare l’altro vincolato.

  • f. L’ombra è l’antagonista dell’eroe.

Nel viaggio nel mondo interiore rappresenta la parte psicotica dell’eroe, ovvero la parte irrazionale, quella che ci invita a scappare, a cercare di sfuggire al compito. E’ la parte negativa del nostro sé, ma che, comunque, è indispensabile perché la conoscenza avviene sempre per differenza. Se non ci fossero i cattivi non avrebbero senso neanche i buoni. Essa è la sede dell’odio generazionale

di cui occorre cogliere le forme e, al contempo, le strategie per affrontarlo .. l’odio si presenta con il volto della menzogna, dell’iniquità, dell’invidia e della crudele indifferenza. (Cigoli)

Esiodo, nel narrare il mito delle età dell’uomo, colloca l’odio generazionale nell’età del ferro, caratterizzata dalla rottura dei legami tra padri e figli:

Figli diversi dai padri e padri diversi dai figli………maltratteranno i parenti appena attempati li copriranno di male parole e d’insulti, gli infami senza rispetto divino. Costoro neppure daranno il necessario per dare da vivere ai vecchi che li hanno allevati…sarà abbandonata la terra con le sue strade spaziose, agli uomini il pianto e il dolore. Contro il disastro per gli uomini non ci sarà riparo.

Svincolarsi dalla famiglia d’origine non vuol dire recidere i legami, ma, semmai, valorizzarli all’interno di una nuova storia generazionale. Le tendenze distruttive non portano verso lo svincolo, ma ad errare all’interno di tendenze malefiche e distruttive. L’ombra rappresenta le tendenze demoniache che si contrappongono al bene. Cigoli analizzando il pensiero psicoanalitico sul passaggio dannoso fa notare che essi parlano

di lutti incistati (cripta), di traumi non elaborati, di telescopage con membri di generazioni lontane, di segreti violenti, di incestuale e cosi via.

L’eroe se vuol veramente svincolarsi deve sconfiggere il male rappresentato da tutte quelle forze che si contrappongono al riconoscimento e all’accettazione della propria storia generazionale. Lo svincolo è un andare avanti non la distruzione del passato.

  • g. L’imbroglione è la spalla dell’eroe.

Rappresenta la parte goliardica, egocentrica ed infantile che spesso è necessaria e utile a rendere l’aria meno pesante, a far diventare gioco anche le prove più difficili.

2. Le tappe del viaggio vengono identificate:

Nella partenza, contraddistinta dalle seguenti fasi:

  1. Mondo ordinario: è il luogo, l’ambiente, il contesto che l’eroe lascia per avventurarsi in un nuovo mondo che una volta conosciuto non fa altro che diventare ordinario.
  2. Richiamo all’avventura: è il punto di partenza, il momento di inizio del viaggio, ma anche la fase che prestabilisce il punto di arrivo e tutte le tappe intermedie.
  3. Rifiuto del richiamo: a volte vi è molta ritrosia ad iniziare il viaggio per paura di ciò che non si conosce o per la paura di non avere gli strumenti necessari per affrontarlo.
  4. Incontro con il mentore: in cui ci si confronta con chi ha già affrontato il viaggio ed è lì per aiutarci, consigliarci, allenarci e fornirci gli strumenti necessari.
  5. Varco della prima soglia: è il momento del passaggio dal mondo ordinario al mondo speciale. Varcare la soglia vuol dire confrontarsi con i guardiani, ovvero con tutte le ansie e le paure tipiche dell’incontro con il nuovo. Varcare la soglia costituisce anche il punto di non ritorno. Una volta varcata la porta si è costretti ad andare avanti fino alle fine del percorso.

Nell’iniziazione, costituita dai seguenti passaggi:

  • Prove, nemici, alleati, in cui l’eroe sceglie gli alleati e riconosce i nemici per le prove che si troverà ad affrontare. Nel viaggio interiore valuterà le risorse di cui ha bisogno e si confronterà con i mostri interni, ovvero con le paure. In sostanza si dovrà confrontare con i debiti positivi e negativi che vengono dall’eredità generazionale. Spesso nella terapia e nella clinica si analizzano e si valutano i saldi negativi senza considerare le risorse che provengono dalla storia della nostra famiglia. E’ in essa che possiamo trovare gli strumenti, le armi per poter portare a termine il compito. In un progetto di cui sono coordinatore denominato Banca della Memoria stiamo raccogliendo e analizzando le storie di vita degli anziani. Dalle storie che riguardano la vita familiare emerge che fino a metà del secolo scorso le famiglie si riunivano quasi ogni sera a tavola o davanti al focolare domestico in cui, spesso, si raccontavano le storie della famiglia. Nella fase di fidanzamento delle figlie era questo il momento in cui il fidanzato poteva fare visita all’amorosa. Addirittura in una di queste storie emerge che la riunione di famiglia avveniva attorno alla recita del Rosario che era demandata al papà. Il fidanzato era costretto a partecipare alla recita tant’è che il capofamiglia aspettava il suo arrivo prima di iniziare. Finita la preghiera doveva lasciare la casa. Ciò che emerge dalla lettura e dalle visioni di queste storie di vita è l’estrema serenità e felicità con cui i giovani vivevano questi momenti. Eppure vivevano in contesti spesso drammatici come le due guerre mondiali o i successivi dopoguerra. La serenità, a mio modo di vedere, era dovuta alla perfetta conoscenza della storia familiare e alla certezza di trovare all’interno di essa tutte le certezze per poter affrontare i vari compiti evolutivi. Il fidanzamento e il successivo matrimonio venivano inseriti all’interno di un contesto di sacralità. D’altronde per la religione cattolica il matrimonio è un sacramento così come il battesimo, la cresima, etc. E’ una tappa da cui si deve passare per rinnovare il rapporto con Dio. Siamo chiamati a sposarci in modo da poter continuare a generare e, quindi, continuare la storia delle generazioni e delle stirpi. Solo immergendoci nella storia familiare possiamo trovare le certezze per poter affrontare il viaggio dello svincolo. Il Film l’Albero degli Zoccoli di Ermanno Olmi ci fa vedere le modalità di passaggio generazionale in 4 famiglie della bassa bergamasca alla fine del 1800. L’amore per il figlio e il tentativo di dargli un futuro diverso portano il padre Battistì a tagliare un albero per poter costruire un paio di zoccoli nuovi. Dalla visione del film emerge come le famiglie si riunivano davanti al focolare domestico a raccontarsi la loro storia. All’interno di questa storia nasce il matrimonio tra Stefano e Maddalena e la solidarietà generazionale.
  • Avvicinare la caverna più recondita, ovvero l’avvicinamento al posto pericoloso. E’ il momento in cui si deve trovare il modo per superare le proprie paure e magari scoprire che si hanno più risorse di quante si pensa di averne. Si scelgono gli alleati e si fa ricorso alle proprie risorse.
  • Prova centrale è il momento della verità in cui l’eroe si trova a combattere sapendo che il dopo non sarà mai più come prima. Si tratta di lasciare il nido che ci ha accolti, custoditi, salvati. Noi a casa nostra siamo in grado di camminare anche al buio cosa che non riusciamo a fare in un altro ambiente. Canevaro afferma che “una delle fasi più difficili nella crescita di un essere umano è il processo di autonomizzazione, elaborazione di un progetto esistenziale e inserimento creativo nella società. Distaccarci dalla organizzazione familiare che ci ha dato il nome e dalle persone con cui abbiamo accumulato migliaia e migliaia di interazioni lungo il tempo è un processo graduale che non finisce mai e che si interseca con la nostra discendenza in un movimento ciclico, auto perpetuante”. Bowen (1979), a proposito dello svincolo dalla famiglia di origine, sostiene che esso “riguarda il grado di ‘differenziazione del sé’ di una persona. Il contrario della differenziazione è dato dal livello di ‘non differenziazione’ cioè di ‘fusione dell’io”. Affinché possa avvenire il trasloco da un nido all’altro bisogna differenziare il proprio sé al fine di poter costruire un nuovo noi. Il nuovo nido ha bisogno di ancorarsi saldamente sul vecchio. Il passaggio da un nido all’altro fino a pochi anni fa avveniva con il matrimonio, oggi si va a convivere o a vivere da soli. Sono aumentate le possibilità di sperimentarsi senza l’ausilio dei genitori. Nell’attuare lo svincolo dalla famiglia di origine bisogna stabilire i confini tra il nuovo e il vecchio nido. A volte questi confini sono rigidi, soprattutto quando le famiglie di origini hanno difficoltà ad accettare l’uscita dei propri figli. Altre volte sono inesistenti ovvero vi è un passaggio continuo da un nido all’altro tanto da non riuscire a capire se il figlio sia veramente uscito di casa. Ciò avviene quando i figli hanno eccessivi sensi di colpa e, quindi, cercano di attenuare le conseguenze emotive legate allo svincolo. Le famiglie sono più propense ad accettare lo svincolo per il matrimonio: la formazione di una nuova coppia rientra nell’ordine delle cose, mentre quello per rendersi autonomo dipende dal contesto culturale. Le culture “nordiche” sono più propense non solo ad accettare, ma anzi favoriscono ed auspicano l’uscita del figlio da casa. Le culture del sud tendono a tenere il figlio per molto più tempo dentro casa. Da una ricerca condotta dal CNR nel 1999 su Giovani che non Lasciano il Nido: Atteggiamenti, speranze, condizioni all’uscita da casa risulta che il 58% dei genitori vorrebbe che il loro figlio uscisse da casa solo per sposarsi. Dell’uscita da casa si parla anche troppo poco all’interno delle famiglie: il 49% degli intervistati, infatti, afferma che non se ne mai parlato, il 29% che se ne parlato raramente, il 22% che se ne parlato qualche volta. Sempre da questa ricerca risulta che i parametri che vengono ritenuti importanti per l’autonomia sono altri come avere un reddito di un certo tipo, avere una casa, riuscire a mantenere il livello di vita attuale, etc. Nella fase di svincolo sono comprese due entità generazionali: i genitori e i figli. I genitori dovrebbero comportarsi come la mamma aquila che costringe i propri figli a volare artigliandoli e lasciandoli andare in alto nel cielo. Dovrebbero anzi prepararli a lasciare la casa dandogli tutte quelle certezze e sicurezze di cui avranno bisogno nella vita futura. Oltre alle certezze di ordine emotivo, dovrebbero anche dargli tutti gli insegnamenti di ordine pratico come imparare a cucinare, a lavare i vestiti, a pagare le bollette, ad aprirsi un conto in banca, a sbrigare le faccende domestiche etc.. Essi dovrebbero, facendo leva sulle loro risorse di coppia, superare quella che è stata definita la sindrome del nido vuoto. I figli dovrebbero imparare, come abbiamo sostenuto precedentemente, a “trasgredire” a scommettersi rinunciando, a favore della loro autonomia, a tutte le comodità della casa genitoriale. Marius, nei Miserabili, rinuncia, per la propria indipendenza, all’eredità del nonno. La differenziazione del sé non può non passare attraverso delle vere e proprie trasgressioni. Quest’ultime possono risultare funzionali come ne caso di Marius, o disfunzionali come nel caso di Adèle, la figlia di Hugo. Cancrini  scrive che “Il ciclo vitale della famiglia deve essere integrato per completezza, tenendo conto di situazioni psicopatologiche che sviluppano all’interno di altri sistemi interpersonali”. Partendo da queste considerazione egli individua quattro tipi di svincolo disfunzionale:
  1. Svincolo impossibile: che corrisponde alle situazioni di una famiglia nella quale si verifica la presenza di una forma schizofrenia di tipo ebefrenico; a livello familiare corrisponde, secondo Bowen, un tipo di famiglia secondo la capacità di differenziazione: esso riguarda la “massa indifferenziata dell’io”.
  2. Svincolo inaccettabile: con un membro appartenente alla classificazione di schizofrenia di tipo catatonica. Lo svincolo “non avviene o avviene per brevi periodi e in settori limitati”.
  3. Svincolo apparente: avviene in modo incompleto o parziale. A livello del soggetto troviamo le crisi di tipo schizoaffettivo: crisi maniacali e depressive; forme gravi di anoressia e di tossicomanie di tipo C.
  4. Svincolo del compromesso: essa si determina attraverso un progetto che appartiene alla famiglia. A livello del soggetto troviamo un disturbo psicotico di personalità: schizoide o borderline; si possono presentare con forme meno gravi di tossicomanie di tipo C o anoressia vera.
  • Adèle Hugo nel tentativo di scappare del padre pensa di trovare nelle promesse del tenente Pinson un alleato  per iniziare la sua prova cruciale. L’abbandono subito da quest’ultimo le comporta una forte angoscia con il conseguente rischio di un dissolvimento psichico a cui reagisce con veri e propri “rifugi della mente” (Cancrini, 1999). Quest’ultimi, nell’accezione di Cancrini, sono una sorta di organizzazioni mentali, veri e propri mondi immaginari, che rendono il soggetto in questione inaccessibile e lo proteggono dal confronto insostenibile con la realtà.
  • Ricompensa è il momento in cui si festeggia la vittoria. Si riconosce il nuovo sé e all’interno di esso le potenzialità che si sono scoperte. La ricompensa può essere costituita da: l’elisir, l’iniziazione, il nuovo nome, il nuovo punto di vista sulle cose, la conoscenza, la chiaroveggenza, la realizzazione di sé, la sposa. Può anche essere, come nel caso di Adèle, la follia che comunque serve a superare l’angoscia legata all’abbandono.

Nel ritorno, costituito dai seguenti passaggi:

  • La via del ritorno in cui si attraversa nuovamente la soglia per ritornare nel mondo ordinario o, meglio, per riportare all’interno di quest’ultimo ciò che si è conquistato nel mondo speciale;
  • La resurrezione in cui ci si ripresenta al mondo ordinario cambiati. E’ il momento in cui si deve dimostrare che si è in grado di mettere in pratica ciò che si è appreso.
  • Ritorno con l’elisir in cui si ritorna con nuovo sé. La storia, afferma Vogler, può avere un finale chiuso con il ritorno al punto di partenza o uno con un finale aperto. Non vi è dubbio che nel caso dei vari passaggi delle fasi di ciclo vitale rimane aperta alle nuove generazioni che faranno tesoro delle battaglie di coloro che li hanno preceduti.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Andolfi, M., Angelo, C., (1987),  Tempo e mito nella psicologia familiare,  Torino: Bollati Boringheri
  • Andolfi, M., Mascellani, A., (2010), Storie di adolescenza. Esperienza di terapia familiare,  Milano: Raffaello Cortina
  • Andolfi, M., (2015), La terapia familiare multigenerazionale. Strumenti e risorse del terapeuta, Milano Raffaello Cortina
  • Bowen, M., (1980), Dalla famiglia all'individuo. La differenziazione del sé nel sistema familiare, Roma: Astrolabio
  • Bonifazi, C., Menniti, A., Misiti, M., Palomba, R., (1999) Giovani che non Lasciano il Nido: Atteggiamenti, speranze, condizioni all’uscita da casa, CNR Report and Working Paper, pp. 1 – 88
  • Cancrini, L., La Rosa, C., (2001), Il vaso di Pandora, Roma: Carocci editore
  • Cancrini, L., (2000), L’amore nevrotico. Saggio su “Una Vita2 di Guy Maupassant, Roma: EDUP
  • Canevaro, A.,  (2011) , Il gruppo multifamiliare. Un approccio esperienziale, Roma: Armando Editore
  • Cigoli, V., Galimberti C., Mombelli, M., (1988), Il legame disperante. Il divorzio come dramma di genitori e figli. Milano: Raffaello Cortina Editore
  • Cigoli, V., (2006), L’albero della discendenza. Clinica dei corpi familiari. Milano: Franco Angeli
  • Cigoli, V., (2012), Il Viaggio Iniziatico. Clinica dei corpi familiari. Milano: Franco Angeli
  • Hugo, V., Notre dame de Paris, Roma: New Compton Editori, 1996
  • Malagodi Togliatti M., (2002) Dinamiche relazionali e ciclo di vita della famiglia, Bologna:  Il Mulino
  • Vogler, C., (2005),  Il viaggio dell’eroe,  Roma: Audino Editore
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