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28 Days: i temi dolorosi e la dipendenza patologica – La LIBET nelle narrazioni

Un'analisi in termini Libet di Gwen, protagonista di "28 Days", commedia drammatica degli anni 2000, che tratta principalmente il tema della dipendenza

Di Alessia Malaguti

Pubblicato il 09 Mar. 2020

28 Giorni è una commedia drammatica degli anni 2000 che tratta principalmente il tema della dipendenza (alcolismo e tossicodipendenza) La protagonista è l’attrice Sandra Bullock nella veste di Gwen, scrittrice di successo che ama vivere la vita superando i limiti, perdendosi nella città di Newyork per locali, tra una festa e l’altra.

La LIBET nelle narrazioni – (Nr. 09) 28 Days

 

Accompagnata dal suo compagno Jasper, ragazzo ribelle, amante del rischio e dell’adrenalina, amante insieme a lei di una vita apparentemente appagante ma piena di eccessi non privi di conseguenze, che questo film ben esemplifica.

Assistiamo infatti a una scena del film in cui Gwen arriva ubriaca e in ritardo al matrimonio della sorella. Dopo la cerimonia balla insieme al suo fidanzato, i due sono così ubriachi da mettere in circostanze imbarazzanti gli invitati fino al punto in cui lei cade sulla torta nuziale. Poi, lasciando la festa ruba una limousine e fa un incidente.

Possiamo leggere il personaggio di Gwen in chiave LIBET (Sassaroli, Caselli e Ruggiero 2016), un modello transdiagnostico cognitivo comportamentale di concettualizzazione della sofferenza psicologica sintomatica e della vulnerabilità della persona.

Nella LIBET per tema doloroso si intende uno stato mentale appreso nella storia di vita percepito come doloroso, pericoloso, insopportabile. Per piano si intende invece la strategia mentale o comportamentale che adotta la persona nel corso della sua vita per tenersi “lontano” dal tema doloroso.

Questo episodio, accompagnato dalla seguente pena del giudice che la condanna a 28 giorni di comunità terapeutica riabilitativa in alternativa al carcere, costituisce l’invalidazione del piano. Cioè l’evento che espone Gwen al tema doloroso che ha fino a quel momento cercato di tenere a distanza.

L’inizio del percorso comunitario, la costrizione e le regole, gli altri utenti con differenti problematiche, l’assenza di alcol e sostanze, la perenne fallimentare ricerca di farmaci calmanti, nell’insieme, portano Gwen ad attraversare un momento difficile e di grande cambiamento.

Proprio in un contesto diverso dal suo, in cui il piano semiadattivo immunizzante sembrava funzionare alla perfezione, emerge il suo tema doloroso (disamore e inadeguatezza- indegnità- sono inutile, sono sbagliata) con il quale spesso è costretta a confrontarsi … “mi vergogno per quello che sono, faccio solo dei guai“.

Lo si nota in un particolare momento.. quando i sintomi di astinenza iniziano a farsi sentire, la mente le si riempe di flashback, di ricordi sfocati.

Rivive scene in cui era davvero ubriaca, inizia così ad emergere un gran senso di colpa e di vergogna. L’astinenza le permette di fare un tuffo tra vecchi ricordi che tornano a galla in una lucidità forse troppo scomoda da tollerare. In comunità rivede e rivive scene dell’infanzia: ricorda la madre perennemente ubriaca, la sorella Lily molto critica nei suoi confronti, capisce di non avere mai ricevuto supporto e di aver dovuto sempre arrangiarsi da sola; a furia di sentirlo ripetere dalla sorella ha creduto inoltre di essere inutile, sbagliata, stupida, e che combinava solo dei guai. Sentirsi così è intollerabile per lei: bere e drogarsi, annebbiare la mente le serve per poter tollerare quella frustrazione. Cerca così di ridurre al minimo il dolore che la vita le provoca.

In comunità le cose iniziano con difficoltà a cambiare, il fidanzato però non l’aiuta nel cambiamento e tenta fino alla fine di riportarla alla vita precedente, unica ancora del loro legame, ma Gwen è determinata a cambiare.

Un colloquio immaginario con Gwen

T: Cerchiamo insieme di ricostruire sinteticamente quello che ci siamo dette. Vorrei aver capito bene. Da piccolina ha imparato che non bisogna mai chiedere aiuto, soprattutto ha imparato che le emozioni giuste, che vanno bene sono quelle “positive”, bisognava ridere sempre diceva mamma giusto?

P:Sì questi ricordi mi fanno male..

T: E’ normale che facciano male.. è naturale essere vulnerabili su questo punto con la sua storia.. Mi ha anche raccontato che ha osservato ed assistito spesso a comportamenti di mamma ubriaca che l’ha messa in pericolo diverse volte, sia a Lei che a Sua sorella Lily.. E diciamo anche che ha spesso usato l’alcol e lo stordimento per affrontare le situazioni della vita in modo più divertente e semplice. Ci si ritrova?

P: Sì solo che ora ho fatto un grosso incidente per colpa dell’alcol

T: Lei ha fatto quello che poteva da piccola ma anche ora. Cerchiamo di capire insieme.. tutto quello che mi ha raccontato è assolutamente normale, doloroso, difficile da accettare ma non impossibile. Bere l’ha aiutata a vedere le cose diversamente e non fare i conti con i propri pensieri, stati ed emozioni dolorose.. Questo tipo di strategia però ha anche dei costi …come le conseguenze sulla salute e i danni che può provocare a sé e altri altri. Che ne pensa?

P: Sì mi è molto difficile capirlo ma ora in comunità sto provando.. solo che qui non c’è alcol, droghe.. non mi danno i farmaci per il dolore vorrei andarmene ma comunque non posso perchè l’alternativa è il carcere..

T: Certo la prima cosa che ci verrebbe da fare è andare via e tornare alla vita di prima..l’alcol ha un effetto inibitorio.. un pò come se fosse un anestetico.. non ci fa sentire alcune emozioni che senza alcol vivremmo forse più intensamente e le sentiremmo più dolorose. Però Lei è arrivata qui dopo quell’incidente in cui ha rischiato la vita e sta comunque riuscendo a non bere, credo che ce la possa fare perchè lo sta già facendo.

P: Sì questo è vero. Ora mi vengono in mente tanti ricordi.. ma forse sono io che non ce la posso fare a stare qui.. è un problema mio.. sarò stupida io che non riesco a starmene ferma in una stanza con i miei pensieri e ricordi

T: Lei non è stupida. da quello che mi ha raccontato se lo è sempre sentita dire da piccolina.. quindi è normale se ci sentiamo stupidi a non riuscire a stare in una situazione scomoda e difficile.. Ed è anche vero che a tutti non fa piacere stare in un posto chiuso, con tutte le regole e le costrizioni che fuori, nella vita normale non ci sono. E’ tutto difficile e lo sarebbe per chiunque. Ma penso che lei ce la possa fare. Ha affrontato tante difficoltà nella sua vita e spesso da sola. Credo quindi che ci possa riuscire.

P: Sì so di essere comunque in un contesto dove posso provare a cambiare.. vorrei però che il mio fidanzato mi capisse. Pensi, l’altro giorno si è presentato con la proposta di  matrimonio, un anello e una bottiglia di champagne! Lui non capisce che io sto cercando di cambiare davvero e che è difficile stare qui senza l’alcol e le droghe e la vita che facevamo prima. Lui non è cambiato…e non m’aiuta questo, gliel’ho spiegato mille volte da quando viene a trovarmi ma non capisce…lui non se ne rende neanche conto della vita che fa che facevamo….

T: Certo deve essere molto molto sgradevole non sentirsi capiti. Tutti quando non ci siamo sentiamo capiti proviamo tristezza o rabbia. E’ normale. Gli altri però non li possiamo cambiare. Ciò che possiamo fare è lavorare su di noi, qui, ora. Possiamo cercare di capire insieme come comunicare a Jasper che per il nostro bene ora è importante avere un supporto vicino e non alcol o sostanze. La sua vita fuori è rimasta la stessa probabilmente. Lei ha fatto quello che poteva per farglielo capire. Ed è arrivata con le sue forze fino a qui

P:Sì ma infatti io sto capendo qui, grazie a tutti gli utenti che vorrei staccarmi definitivamente dalla vita che facevo prima, non è stato sano per me. Forse anche lui non è sano per me.

T: Come pensa che la terapia possa aiutarla in questo? Cosa dovrebbe cambiare secondo lei per andare in quella direzione?

P: Continuare il mio percorso qui e lui la sua vita fuori. Sarà difficile ma non posso tornare alla vita di prima.

T: OK. Possiamo darci altri obiettivi realistici oltre a quello di portare a termine il percorso con tutte le sue difficoltà e ostacoli su cui lavorare assieme?

P: Imparare a tollerare la frustrazione di momenti difficili, saper chiedere aiuto e ascoltare gli altri e non usare sostanze come strategie per affrontare la vita.

T: Bene. quindi potremmo dire che lavoreremo per tollerare meglio stati emotivi difficili da sopportare e negativi, e saper chiedere aiuto. Le ricordo che il lavoro che faremo insieme oltre al lavoro di gruppo che le consiglio di continuare a seguire con gli altri utenti non è mirato all’eliminazione delle emozioni negative ma ad una loro migliore gestione. Posso aiutarla sulla consapevolezza: Conoscere meglio le regole o le idee che la condizionano e la fanno soffrire e riconoscerle quando si attivano.

P: Sarà difficile ma non ho alternativa

T: Le ricordo che Lei è sempre libera di scegliere quanto impegnarsi o meno. Quanto è importante per lei cambiare questi aspetti da 0 a 10?

P: all’inizio quando sono entrata 4…o meno.. ora tanto

T: Tanto come lo potremmo definire da 0 a 10? P:8 T: e quanto pensa Lei di poter cambiare?

P: penso insieme a voi di poterlo fare

T: E quanto è prioritario farlo?

P: sempre 8

T:Partiremo gradualmente insieme al lavoro che già sta facendo. Cosa ne pensa?

P: Sì tanto sono sempre qua dentro non scappo stavolta e voglio provare davvero a cambiare.

T: Le chiedo.. cosa guadagnerebbe se cambiasse e affrontasse queste fatiche? Prevede degli ostacoli?

P: Starei meglio di salute, riallaccerei i rapporti con mia sorella..potrei chiederle un confronto e scusa..come ho fatto l’altro giorno quando abbiamo parlato tanto.. Ritroverei me stessa senza alcol e droghe.. potrei chiedere aiuto nelle situazioni di difficoltà, e crederei forse  di più in me stessa che posso riuscirci.. con la calma e concentrazione come ho fatto l’altro giorno con lo zoccolo del cavallo nelle attività di ippoterapia. Alla fine ce l ‘ho fatta, mi sono fidata e ho chiesto aiuto.

T: Bene cercheremo di continuare su questa strada, insieme.

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