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Il consumo di sostanze psicoattive in adolescenza

Molteplici sono i contesti e gli elementi che possono contrastare o facilitare l'avvicinamento dell'adolescente alle sostanze psicoattive.

Di Giada Alberti

Pubblicato il 11 Feb. 2020

L’uso di sostanze in età adolescenziale è molto diffuso e più essere letto come uno dei comportamenti, volto alla sperimentazione, messi in atto in questo delicato momento dello sviluppo. Bisogna fare attenzione però a non sottovalutare il problema.

 

Il tema dell’abuso di sostanze occupa un posto importante nell’analisi dello sviluppo dell’essere umano e, in particolare, nell’età adolescenziale. Diversi studi in ambito epidemiologico hanno messo in luce come l’adolescenza sia l’età in cui si entra in contatto per la prima volta con le sostanze e si sperimentano la maggior parte di queste. Questo comportamento non è da considerare un fattore decisivo per la cronicizzazione del loro uso, in quanto può essere letto come una sperimentazione, così come altri comportamenti messi in atto dall’adolescente per ricercare la propria autonomia e la propria identità (Newcomb & Bentler, 1989; Passini, 2016).

Questa visione, tuttavia, non deve portare a sottovalutare il problema, in quanto il consumo di sostanze rientra tra i comportamenti a rischio che possono avere, a breve o a lungo termine, un’influenza sullo sviluppo globale dell’individuo sia dal punto di vista fisico che psicologico e sociale (Ravenna, 1997). L’incontro iniziale con le sostanze giunge, quindi, in un periodo della vita molto particolare e complesso, in cui autonomia e dipendenza entrano in conflitto e l’adolescente cerca di costruire la propria identità e di ristrutturare il proprio concetto di sé, uno dei compiti di sviluppo fondamentali nell’adolescenza (Palmonari, 2011). L’uso di sostanze può allora diventare il modo con cui il ragazzo fronteggia o evade dai momenti complessi o difficili da gestire della sua età e/o un aiuto per gestire sentimenti di inadeguatezza e stati emotivi e psicologici negativi, tra cui l’ansia e l’incertezza. Essendo, d’altronde, l’identità dell’adolescente in costruzione e ancora non ben definita, bisogna fare attenzione che l’uso di sostanze non diventi un vero e proprio elemento che definisce il Sé dell’individuo (Palaretti, Emiliani & Passini, 2012).

Ma perché gli adolescenti possono decidere di usare sostanze psicoattive? Sono diverse le motivazioni che spingono i più giovani a fare uso di sostanze psicoattive e conoscerle permette di entrare in contatto con i desideri, i bisogni e le difficoltà che si incontrano in questa fase di sviluppo. Tra le principali motivazioni che sono state collegate all’uso di droghe, Ravenna (1997) evidenzia le seguenti:

  • la facilitazione sociale: riguarda l’uso di sostanze per facilitare il rapporto con gli altri, agevolare la comunicazione e la condivisione di sentimenti ed esperienze tra coetanei. Inoltre, l’assunzione in gruppo di una certa sostanza può aumentare la percezione di similarità tra i membri del gruppo di amici, utile per la coesione del gruppo;
  • la reputazione sociale: l’avvicinamento alle sostanze non è solo connesso alla socialità, ma anche al bisogno di esprimere la propria reputazione sociale. Gli adolescenti che fanno uso di sostanze presentano agli altri, consapevolmente o inconsapevolmente, un’immagine di sé quale trasgressiva e che devia dalla norma, attribuendo a queste caratteristiche un valore positivo;
  • l’ampliamento del Sé: fondamentale nell’adolescenza, come detto in precedenza, risulta essere lo sviluppo del Sé (Palmonari, 2011); proprio per questo l’adolescente potrebbe avvicinarsi alle sostanze, in quanto esse danno la possibilità di accedere a diverse immagini di se stessi, che spesso differiscono dal Sé reale percepito come incompleto o non soddisfacente, così da avvicinarsi a modelli e Sé ideali;
  • la regolazione delle emozioni: l’uso delle sostanze può essere motivato anche dal voler regolare e controllare i propri stati emozionali, ridurre le sensazioni e le emozioni vissute come spiacevoli e fare esperienza di stati emotivi positivi;
  • la ricerca di sensazioni forti: in adolescenza risulta essere presente il bisogno di ricercare nuove sensazioni (sensation seeking) e sia una certa propensione ad assumere rischi a livello fisico e sociale, sia la ricerca del divertimento e la curiosità di sperimentare sensazioni forti e nuove per contrastare una visione del mondo come noioso e ripetitivo;
  • la riduzione di stati di disagio: l’uso di sostanze può essere motivato da un desiderio di riduzione del disagio percepito dall’adolescente che, proprio in questo periodo specifico dell’arco della vita, spesso sente di non rispondere efficacemente alle richieste dell’ambiente;
  • l’aumento delle prestazioni: le pressioni sociali e la forte competizione interpersonale potrebbero spingere l’adolescente a considerare le sostanze come un valido aiuto per migliorare le proprie prestazioni e diminuire il divario tra i propri “limiti” personali e le richieste dell’ambiente.

Emerge, dunque, che l’uso di sostanze per gli adolescenti investe diverse funzioni molte delle quali sociali e di definizione della propria identità; ciò ci porta a interpretare il comportamento dell’adolescente, seppure dannoso, come dotato di senso e di un significato.

I fattori di rischio che possono portare ad una traiettoria di abuso di sostanze sono quelli che contribuiscono all’iniziazione e alla continuazione dell’uso; i fattori di protezione sono quelli che riducono il rischio di iniziazione ed una prosecuzione dell’uso delle sostanze e che promuovono lo sviluppo sano dell’adolescente (Sussman & Ames, 2001).

La classificazione dei fattori di rischio e di protezione rispetto all’uso di sostanze psicoattive di Hemphill e colleghi (Hemphill et al., 2011) pone molta attenzione agli aspetti sociali, ampliando il modello di riferimento biopsicosociale in senso socioambientale. Ritengo sia molto utile porre l’accento su questi fattori, in quanto, soprattutto in adolescenza, l’individuo si definisce nell’interazione continua con la comunità, la famiglia, l’ambiente scolastico e il gruppo dei pari; inoltre, essa risulta essere particolarmente utile in quanto esamina i medesimi fattori, sia come rischio sia come protezione. I fattori sono visti non come indicatori singoli e separati tra loro, ma piuttosto in continua interazione:

  • fattori di rischio e di protezione comunitari: questi fattori si riferiscono all’influenza esercitata sull’adolescente dall’ambiente sociale in cui si muove, che può promuovere la salute mentale o divenire fattore di rischio;
  • fattori di rischio e di protezione familiari: le modalità relazionali nel contesto familiare possono contribuire a portare l’adolescente a trovare nelle sostanze un conforto che non viene percepito in famiglia, ma esse possono essere anche dei fattori di supporto e di protezione per lo sviluppo del benessere psicosociale dell’adolescente;
  • fattori di rischio e protezione scolastici: l’andamento scolastico e l’ambiente scuola possono indurre l’adolescente ad avvicinarsi o meno all’uso di sostanze psicoattive;
  • fattori di rischio e protezione legati ai pari: molti studi hanno sottolineato che il rapporto con il gruppo dei pari può essere uno dei più rilevanti fattori di rischio per portare all’abuso di sostanze (Van Ryzin, Fosco & Dishion, 2012). Ma anche la relazione con i pari può, d’altra parte, divenire fattore protettivo, dato che le pressioni sociali possono avere un effetto positivo ed essere utilizzate nella prevenzione;
  • fattori di rischio e protezione individuali: non solo l’ambiente e le relazioni sociali, ma anche atteggiamenti, credenze e caratteristiche di personalità possono essere fattori di rischio e di protezione (Hemphill et al., 2011).

I molteplici contesti sociali, tra cui la famiglia, così come i fattori individuali possono essere, come abbiamo visto, sia fattori protettivi che di rischio e risulta essere fondamentale proprio ai fini della prevenzione e della cura potenziare la loro funzione protettiva e cercare di limitare gli aspetti che potrebbero comportare un potenziale rischio.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Palmonari, A. (2011). Psicologia dell’adolescenza. Bologna: Il Mulino.
  • Newcomb, M. D., & Bentler, P. M. (1989). Substance use and abuse among children and teenagers. American Psyschologist, 44, 110-113.
  • Palareti, L., Emiliani, F., & Passini, S. (2012). Prevenzione all’ uso di sostanze in adolescenza. Un dibattito aperto su un tema problematico. In R. Pavarin & F. Emiliani (a cura di), Minori e sostanze psicoattive. Teorie, ricerca e modelli d’intervento. Bologna: CLUEB.
  • Passini, S. (2016). Droghe, dipendenze, eccessi. In G. Speltini (a cura di), L’età giovanile: disagio e risorse psicosociali. Bologna: Il Mulino.
  • Ravenna, M. (1997). Psicologia delle tossicodipendenze. Bologna: Il Mulino.
  • Ravenna, M. (2005). Il fascino delle droghe. In G. Speltini (a cura di), Minori, disagio e aiuto psicosociale. Bologna: Il Mulino.
  • Hemphill, S. A., Heerde, J. A., Herrenkohl, T. I., Patton, G. C., Toumbourou, J. W., & Catalano, R. F. (2011). Risk and protective factors for adolescent substance use in Washington State, The United States and Victoria, Australia: A longitudinal study. Journal of Adolescent Health, 49, 312-320.
  • Sussman, S. Y., & Ames, S. L. (2001). The Social Psychology of Drug Abuse, Buckingham. Londra: Open University Press.
  • Van Ryzin, M. J., Fosco, G. M., & Dishion, T. J. (2012). Family and peer predictors of substance use from early adolescence to early adulthood: An 11-year prospective analysis. Addictive Behaviors, 37, 1314-1324.
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