L’obesità è una condizione medica caratterizzata dall’eccessivo accumularsi di grasso corporeo, con conseguenti effetti negativi sulla salute, tra cui la riduzione dell’aspettativa di vita. L’obesità rappresenta la principale causa di morte prevenibile in tutto il mondo.
L’organizzazione mondiale della sanità (OMS) identifica l’obesità tramite l’indice di massa corporea (BMI), calcolabile dividendo il peso espresso in kg per il quadrato dell’altezza in metri. Ad esempio, prendiamo il caso di una persona alta 1,73 m che pesa 73 kg, per calcolare il suo BMI dovremmo fare 73 / (1.73)² = 24,39. L’indice ottenuto da questo calcolo si interpreta nel seguente modo:
- < 19= sottopeso
- 19 – 25= normopeso
- 25 – 30=sovrappeso
- + 30= obesità
Nei casi i n cui il BMI superi il punteggio di 40 kg/m², si ricorre alla chirurgia bariatrica. Numerosi studi hanno infatti dimostrato come questo approccio riduca in maniera significativa il rischio di mortalità nei pazienti che soffrono di obesità (Janicke et al, 2014).
Nel 1997, l’organizzazione mondiale della sanità ha categorizzato l’obesità come un’epidemia globale (Caballero, 2007). Inizialmente si pensava fosse un fenomeno che riguardasse solo i paesi ricchi e industrializzati, in realtà, a partire dal 2000, si notò che la condizione era in aumento in tutto il mondo, sia nelle nazioni industrializzate che in quelle in via di sviluppo (Constantine et al., 2008).
L’impatto di questa patologia, oltre che a livello fisico, è riscontrabile anche a livello psicologico, infatti individui in questa condizione risultano avere poca autostima e un’immagine corporea negativa. E’ inoltre dimostrato come queste due componenti psicologiche siano in grado di predire l’insorgenza di un disturbo alimentare e della depressione (Harriger & Thompson, 2012).
In letteratura, possiamo osservare la presenza di meta-analisi che dimostrano l’efficacia degli attuali trattamenti chirurgici nel ridurre il peso e migliorare la condizione cardiovascolare, tuttavia ci sono pochi studi che ricercano l’impatto di questi trattamenti sull’autostima e sull’immagine corporea dell’individuo; così come poche sono le ricerche in grado di dirci se intervenire precocemente, ovvero quando l’obesità si manifesta in tenera età, può avere un impatto positivo su autostima e immagine corporea dell’individuo.
Una meta-analisi condotta nel 2019, pubblicata su Pediatric obesity, si è proposta di verificare l’impatto dei trattamenti pediatrici per l’obesità a livello psicologico, in particolare prendendo in esame le due variabile sopra riportate (autostima e immagine corporea) (Gow et al., 2019).
Per condurre la meta-analisi sono stati presi in esame 49 studi clinici, per un totale di 10471 soggetti, i risultati mostrano che il trattamento pediatrico per l’obesità porta ad un incremento sia dell’autostima che dell’immagine corporea, che si mantiene nel tempo (verificata tramite dei follow-up), e che agisce in maniera significativa anche nella prevenzione delle ricadute (Gow et al., 2019).
I risultati di questo studio sottolineano l’importanza di agire tramite la psicoterapia su questi due fattori psicologici fortemente correlati con l’obesità. I ricercatori sottolineano l’importanza di trial clinici per la conferma di questi risultati, dato che, il suddetto studio è una meta-analisi condotta su studi sperimentali che non avevano l’obbiettivo di studiare l’impatto dell’autostima e dell’immagine corporea sull’obesità (Gow et al., 2019).