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La gelosia e il famigliare nel 1500 – Dal corpo familiare all’anima familiare

Nel presente lavoro l'autore si ripropone di analizzare il concetto di gelosia nella produzione artistica, letteraria e pittorica, a partire dal 1500

Di Mariano Indelicato

Pubblicato il 04 Feb. 2020

Dietro i matrimoni imposti dai genitori, spesso si nasconde la passione, l’amore per un terzo che produce gelosia e, quest’ultima, porta a delle vere e proprie tragedie.

 

Vittorio Cigoli, in Albero della Discendenza Clinica dei Corpi Familiari, nel tentativo di dare concretezza alla sua teoria del corpo familiare analizza i cambiamenti che si possono leggere e analizzare nella pittura di famiglia tra il 1500 e il 1900. Partendo dal presupposto che il corpo è la rappresentazione della famiglia attraverso un’immagine cui si aggiunge una storia, l’immagine di corpo familiare è mutuata da tutte le associazioni umane contraddistinte da un simbolo che, da un lato, lega tutti i membri e, dall’altro, permette di riconoscersi e di essere riconosciuti. Così come riportato da Cigoli:

San Paolo si avvale del corpo per delineare l’unità della Chiesa nelle varietà delle membra e dei doni (…) Il principio unificatore è rappresentato dal solo e unico pane che è Cristo e l’Eucarestia è intesa come atto che contrasta le divisioni tra le generazioni, i gruppi e i popoli, ma anche le proiezioni nefaste sul fratello. 

L’analisi della pittura di famiglia, in quanto rappresentazione, ci dà una dimensione dello scenario culturale entro cui opera la relazione familiare nella cultura del mondo occidentale.

Io nel presente lavoro voglio introdurre il concetto di anima familiare partendo della definizione platonica, e soprattutto di Plotino, per cui vi è un’anima universale o animus mundi che in qualche modo precede l’uomo e l’anima individuale che durante tutta la sua esistenza, in altre parole durante tutta la vita, tende a ricongiungersi a essa. Per maggiori informazioni e chiarimenti riguardanti questi concetti, che qui sarebbe lungo mettere in risalto, rimando a un altro mio lavoro in fase di pubblicazione Dalla cultura al culturale ovvero dal culturale alla cultura. Esemplificando la cultura, che potrebbe assomigliare all’animus mundi, ci precede ed è il frutto di uno scambio tra culturale, inteso come il luogo degli atti quotidiani, e la stessa cultura. In questo modo la cultura che dà origine al culturale muta in funzione di quest’ultimo e contemporaneamente il culturale si modifica in funzione della cultura. La poesia, la pittura, la produzione letteraria hanno il potere di metterci in contatto con la cultura che costituisce una sorta d’inconscio collettivo. Così come esistono una cultura e un culturale universale, vi sono una cultura e un culturale familiare, che è trasmesso lungo l’arco delle generazioni. Un’opera pittorica ci mette, sul piano simbolico, di fronte alla storia di una singola famiglia e nello stesso tempo di fronte alla cultura universale. Ancora meglio l’analisi di un’opera letteraria, raccontandoci una storia, ci permette di analizzare le relazioni familiari. Ecco perché nel presente lavoro ho scelto di analizzare la gelosia in funzione dei romanzi dal ‘500 ai nostri giorni. Per fare un esempio Gorkij individua il principio unificatore della rivoluzione d’ottobre nella vedova Pelagèja Nilovna, analfabeta, che attraverso i racconti del figlio rivoluzionario Pavel diventa emblematicamente la madre di tutti i giovani rivoluzionari.

Nel 1500 a seguito della cultura cristiana, il ruolo della donna era stato fortemente valorizzato rispetto alla cultura romana.

Anche nell’ambito pittorico è notabile questo nuovo interesse per la donna che è messa al centro della scena. Cigoli, a questo proposito, cita le opere che riguardano la Sacra Famiglia. Come il mosaico della Natività in Santa Maria Maggiore a Roma, il Polittico della Natività di Giovanni da Milano (galleria comunale di Prato), L’Adorazione dei Pastori di Correggio (Gemaldegalerie di Dresda), L’Adorazione dei Pastori di Rubens (pinacoteca comunale di Fermo), Adorazione del Bambino di Gherardo delle Notti (uffizi Firenze), Madonna con Bambino di Dirk Bouts (Metropolitan Museum of Art New York). In tutti queste opere la centro vi è Maria col bambino, e Giuseppe, quando è presente, diventa un semplice accompagnatore.

La valorizzazione della donna ha comportato immediatamente, anche dal punto di vista culturale, un’elevazione della posizione della donna che improvvisamente diventa oggetto di gelosia (Benvenuto, 2011).

Con l’affermarsi della corrente letteraria dell’amor cortese, la donna diventa oggetto dell’amore nobile e di conseguenza di gelosia. La contessa Maria de Champagne, nel De Amore di Andrea Cappellano, così risponde alla contesa tra i due non ancora amanti:

Anche un’altra ragione contrasta al marito e moglie, perciò che la diritta gelosia non si può trovare tra loro, senza la quale non può essere lo diritto amore, sì come la regola dice: chi non è geloso non può amare.

All’interno di questa corrente il matrimonio era visto come un blocco al desiderio e alla felicità dei due coniugi: più che un rapporto che legava due persone per amore era un rapporto convenzionale, nel quale uno doveva obbedire all’altro, a differenza degli amanti che si scambiano amore senza dover darsi nulla in cambio. Sempre nel De Amore la donna sognata così risponde al suo corteggiatore:

Anche un’altra cosa non piccola mi contraddice ad amare, perch’ò marito di molta gentilezza e cortesia e senno, il quale sarebbe tropo gran male a farli fallo, perch’io so che m’ama di molto grande amore e io son tenuta ad amare lui. Dunque, se m’ama così, per ragione non posso amare lui.

Ci troviamo di fronte al contrasto tra ethos e pathos. La giustizia e la lealtà del patto dichiarato fanno sì che la donna si convinca che per ragione non può che amare suo marito. Ciò che vacilla è il patto segreto. Isotta, nel Tristano e Isotta risolve la contesa trovando il vero amore in Tristano e, nello stesso tempo, facendo credere al marito di essere ancora vergine e fedele a lui così come fa la Regina Ginevra con Lancillotto nel romanzo di Chrétien de Troyes. La vita matrimoniale era tenuta in vita per i figli e, quindi, per il passaggio di stirpe.

Quante volte sentiamo dire in terapia restiamo insieme solo per i figli. Sono quelle che vengono definite le coppie in stallo: né con te, né senza di te. Sono le coppie che per motivi etici o pseudo etici assumono come reale legame di coppia solo quello genitoriale. I figli sono talmente importanti che tendono a lasciarli in tale condizione attraverso la dipendenza economica, abitativa, affettiva, professionale, etc. Così come descritto nei romanzi dell’amor cortese, l’amore va cercato altrove al di fuori della famiglia. Chiaramente non vi è spazio neanche per la gelosia: essa va cercata nel pathos che coppie di questo tipo tendono a vivere al di fuori della famiglia.

La donna descritta dagli autori dell’amor cortese inizia a scegliere l’oggetto del suo amore. Man mano questa tendenza diventa sempre più presente tant’è che:

fino al Settecento, la letteratura, il teatro e le opere popolari hanno messo in scena una donna libidinosa, che cornificava il consorte, d’altra parte, però, nell’esperienza comune, essendo considerata inferiore, essa era sorvegliata da marito, padre e fratelli, che avevano il compito di salvaguardarne l’onore (Benvenuto, 2011).

La donna, in effetti, fino all’ottocento, secolo in cui inizia a lavorare e a emanciparsi, ha un ruolo subalterno all’interno delle famiglie e doveva essere sposa e madre perfetta.

Leon Battista Alberti, architetto e letterato del ‘400, in uno scritto sulla famiglia descrive le doti morali di una sposa ideale: la dignità, la discrezione, l’onestà cui si doveva aggiungere il saper filare, cucinare e governare la casa.

Baldassare Castiglione nel ‘500, descrivendo la corte ideale, elenca le virtù domestiche che deve possedere una buona madre di famiglia; afferma che deve essere una buona padrona di casa, accogliente verso gli ospiti, e deve conoscere e saper parlare di arte e di lettere.

I matrimoni erano ancora combinati e le figlie non erano ben accette. Si racconta che il duca Alfonso D’Este, quando nacque la figlia Beatrice, vietò le feste.

Anche nella pittura si nota questo cambiamento. Se la donna nei quadri della Sacra Famiglia era messa al centro dell’attenzione, all’interno della nascente famiglia borghese fa un passo indietro ridiventando la donna che si deve sacrificare a favore della domus. Cigoli individua in un’opera di Maarten von Heemsskerck Pieter Jan Foppeszon Patrizio di Haarleem con la Famiglia il mutato contesto culturale sul ruolo della donna. In quest’opera appare dimessa, triste e pensierosa a fronte dell’austerità e lo sguardo fermo e sicuro del marito.

I matrimoni decisi dalle rispettive famiglie di origine trovano ampia enfasi nella letteratura e nei racconti popolari. Il matrimonio perdeva il pathos ovvero la straordinaria avventura dello scegliersi.

Nel 1550 a Firenze, nella sala adiacente al chiostro di Santa Maria Novella, fu rappresentata un’opera di Anton Francesco Grazzini (il Lasca) dal titolo La gelosia, che è esemplificativa del contesto in cui s’inserivano la relazione di coppia e i vissuti di gelosia. La vicenda ha per protagonista la giovane Cassandra, destinata in moglie dal padre avaro a un vecchio facoltoso, benché la donna ami riamata Pierantonio. Alla fine tutto si risolve per il meglio: i giovani amanti si sposano e il vecchio è soddisfatto di avere evitato di contrarre matrimonio con una donna da cui non sarebbe stato amato.

Ma non sempre la fine era così piacevole. La baronessa di Carini, moglie di don Vincenzo La Grua Talamanca, fu uccisa il 4 dicembre 1563 dal proprio padre insieme al proprio presunto amante Ludovico Vernagallo.

La famiglia di origine era garante del patto matrimoniale che, in effetti, non era contrattato dai membri della coppia, ma dai loro rispettivi genitori. La gelosia, quindi, non riguardava la coppia ma le rispettive famiglie di origine. Si sposavano due famiglie che mettevano insieme i loro averi e il loro prestigio piuttosto che gli effettivi sposi.

La trasmissione ereditaria dei beni e dello status è un caposaldo del famigliare. Trasmettere discendenza e trasmettere eredità di beni viaggiano accomunati (…) Le parole chiave di tale passione sono continuità familiare, onore, stima, presentabilità sociale, obbedienza. (Cigoli).

La tragedia della baronessa di Carini è l’emblema della suddetta modalità di relazione. Per tantissimi anni e ancora oggi non si ha certezza del luogo in cui possa essere stata sepolta. Le storie popolari la davano lontana dalla tomba di famiglia che si trovava nella Chiesa di San Mamiliano nel centro storico di Palermo. Anche se dalle ultime scoperte sembra che non sia così, ciò che la tradizione popolare ha voluto mettere in risalto è la rescissione del legame sia in vita (il delitto) che dopo la morte (sepoltura lontana dalla cripta di famiglia). Sempre le storie popolari raccontano che il marito della baronessa si sia risposato e abbia fatto scrivere sulla porta della stanza della defunta moglie E tutto sia nuovo. Ciò che si tentava di sanare era l’onorabilità e la presentabilità sociale della famiglia.

La gelosia trovava il suo riscontro nell’ethos piuttosto che nel pathos. Anzi quest’ultimo, per dirla ancora con Cigoli, diventa l’accidens ovvero l’avvenimento inatteso e imprevisto che mette in crisi le relazioni familiari e sociali.

Nel corso del mio lavoro di consulente all’interno delle C.T.A. (Comunità Terapeutiche Assistite nate in seguito alla chiusura dei manicomi) ho trovato una paziente che era stata ricoverata in manicomio, dichiarata pazza, perché si era innamorata dell’uomo sbagliato per la sua famiglia di origine. La paziente proveniva da una famiglia borghese molto in vista nella città di provenienza. Si era innamorata di un suo coetaneo che la famiglia non vedeva di buon occhio. Non riuscendo a interrompere la storia di amore, la famiglia decise di farla dichiarare pazza e, quindi, ricoverarla in manicomio e, addirittura, non si sa in che modo, la fece dichiarare morta. Nella sua città natale, infatti, si celebrarono i funerali. La paziente morì all’età di 90 anni scrivendo continuamente lettere alla famiglia di origine cui chiedeva aiuto e, soprattutto, esprimeva il desiderio di poter ritornare a casa.

Come per la baronessa di Carini, per garantire l’onorabilità della famiglia, si recide il legame di stirpe. Per evitare contaminazioni alla storia generazionale della famiglia si rompe il legame attraverso la dichiarazione di morte e la celebrazione di un finto funerale.

L’accidens che mette in crisi la relazione familiare e la relazione tra stirpi è il rapporto d’amore tra la paziente e un giovane ritenuto non idoneo al suo rango.

Boszormenyi-Nagi e Spark, introducendo il concetto di lealtà nei sistemi familiari, affermano che essa:

nasce da un atteggiamento del singolo al sistema, di cui egli interiorizza le ingiunzioni esplicite e inespresse e verso il quale manifesta totale obbedienza. A sua volta il sistema per la sua esistenza, dipende dai suoi membri e da essi pertanto si attende lealtà di pensiero, emozioni e motivazioni.

La baronessa di Carini e la mia paziente decidono di fare una scelta autonoma che, secondo il modello sopradetto, costituisce il conflitto di lealtà e il sistema considera tradimento i passi verso l’autonomia.

In Romeo e Giulietta, al contrario, il pathos, dopo la morte dei personaggi mette insieme due stirpi i Montecchi e i Capuleti che per secoli si erano osteggiate. L’innamoramento, che resta pur sempre un dramma, può portare risultati positivi.

Scrive ancora Cigoli:

la famiglia, si sa, ha una base contrattuale ed è cosi in tutte le culture, eppure la contrattualità può essere nemica del legame. Sia che si imponga ai figli la logica ereditaria dei padri (il loro volere), sia che il matrimonio avvenga sulla base di un mero interesse economico e/o sociale delle famiglie di origine, è il legame a soffrire e la tragedia è così dietro l’angolo.

L’ethos non regge all’urto del pathos. Dietro i matrimoni imposti dai genitori, spesso si nasconde la passione, l’amore per un terzo che produce gelosia e, quest’ultima, porta a delle vere e proprie tragedie. La gelosia non è frutto della vita di coppia ma di un difetto originario nella strutturazione del legame di coppia. La sterilità di un matrimonio imposto da esigenze familiari porta a ricercare il pathos all’esterno. La tragedia si consuma perché il sistema non può reggere quest’attacco devastante al legame di stirpe e, quindi, attraverso la morte si deve recidere il passaggio generazionale. Il messaggio insito nell’uccisione della persona che ha commesso adulterio sembra voler estirpare il legame di stirpe.

E’ da tenere presente che tutto ciò era regolato da apposite leggi e consuetudini. Da studi approfonditi sembrerebbe che il padre della baronessa di Carini si auto incolpò dell’uccisione della figlia e del suo amante, attraverso una lettera al Re di Spagna, per scagionare il genero. Una legge borbonica, infatti, consentiva al padre dell’adultera di uccidere la figlia e il suo amante, mentre al marito di uccidere solo il rivale.

Solo al padre era consentito estinguere il legame generazionale: il legame di stirpe.

Ai genitori è dato il compito di donare la vita: Il dono della vita diventa così un mezzo per legare l’altro a sé indissolubilmente. Ai genitori e specificatamente al padre, cui spesso è assegnato il compito di garantire la giustizia, è dato il compito di toglierla. La morte nella sua valenza psichica è mancanza di legame-cura, è abbandono, è rifiuto dell’altro (Cigoli 2006).

La gelosia, quindi, tende all’annullamento fisico o psichico dell’altro, anche se, come vedremo in seguito, ottiene il contrario.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Benvenuto, S. (2011). La Gelosia. Impulso naturale o passione inconfessabile,  Bologna: Il Mulino
  • Bèroul, Tristano e Isotta. Alessandria: Edizioni dell’Orso, 2013
  • Cappelano, A. (1185). De Amore. Trad. it. Insana, J., De Amore, Milano: SE, 2017
  • Carnazzi, G. (a cura di) (1987). Baldassar Castiglione. Il libro del Cortegiano. Torino: Einaudi
  • Chrétien de Troyes. Lancillotto o il cavaliere della carretta. Alessandria: Edizioni dell’Orso, 2004
  • Cigoli, V. (2006). L’albero della discendenza. Clinica dei corpi familiari. Milano: Franco Angeli
  • Cigoli, V. (2012). Il Viaggio Iniziatico. Clinica dei corpi familiari. Milano: Franco Angeli
  • Gorkij, M. (2013). La Madre. Brescia: EIR
  • Grazzini, A. (1976).  Le cene. Roma: Salerno Editrice
  • La Tona, M.(1975). La vera storia della baronessa di Carini. Palermo, Bellanca
  • Natoli, L. (1987). La baronessa di Carini. Palermo: Flaccovio
  • Platone. Fedro. Milano: Mondadori, 1998
  • Platone. Fedone. Sant’Arcangelo di Romagna: Rusconi Libri, 2008
  • Scabini, E., Cigoli, V. (2000). Il Famigliare. Legami, simboli e transizioni. Milano: Raffaello Cortina Editore
  • Scabini, E., Cigoli, V. (2012) Alla ricerca del Famigliare. Modello relazionale-simbolico. Milano: Raffaello Cortina Editore
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