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Social delle mie brame: chi è il più bello del reame?

Vi sono ancora pareri discordanti riguardo allo sviluppo della dipendenza da internet. Tuttavia vari studi stanno portando alla luce i costrutti correlati.

Di Eleonora Fregni, Grazia Migliuolo, Luca Pelusi

Pubblicato il 06 Feb. 2020

Parallelamente alla diffusione di internet e dei social media si sta verificando una tendenza ad un uso eccessivo o inadeguato di queste tecnologie che può portare allo sviluppo di una nuova dipendenza, quella da Internet. Le numerose ricerche che si sono concentrate sull’Internet Addiction hanno evidenziato i costrutti maggiormente legati a questo fenomeno: autostima, depressione, ansia, perfezionismo e credenze metacognitive. 

 

 L’uso dei social network e internet sono entrati a far parte della nostra quotidianità. In un mondo in cui siamo costantemente connessi e perennemente online, l’impatto che questi strumenti hanno sulle nostre vite è significativo (Naskar, et al., 2016; King et al., 2018).

Parallelamente alla diffusione di internet e dei social media, che sono diventati uno strumento di comunicazione globale, si sta verificando una tendenza ad un uso eccessivo o inadeguato di queste tecnologie che potrebbe portare allo sviluppo di una nuova dipendenza, quella da Internet, i cui sintomi sono simili a quelli del disturbo da dipendenze da sostanze. Numerose ricerche si sono concentrate sulla dipendenza da Internet e hanno messo in luce che l’utilizzo della rete può indurre dipendenza psicologica e sviluppare disturbi psicopatologici (Mannino, et al., 2017).

A tal proposito, si riscontra una condizione pervasiva e morbosa con sintomi quali: craving, assuefazione, astinenza, in relazione ad abitudini incontrollabili e inarrestabili e mancanza di controllo (Caretti e La Barbera, 2005). L’utilizzo dei social media e di internet potrebbero costituire dei diversivi per la monotonia quotidiana, per la noia, la solitudine e gli stressor (Adès & Lejoyeux, 2001).

Ivan Goldberg, nel 1996, coniò il termine Internet Addiction Disorder e ne propose l’introduzione nel DSM indicando i criteri diagnostici utili al riconoscimento:

  • il bisogno di trascorrere in rete un tempo sempre maggiore e di connettersi sempre più spesso, per ottenere soddisfazione;
  • la marcata riduzione dell’interesse per ogni altra attività che non riguardi l’uso di Internet;
  • la persona sviluppa agitazione, sintomi depressivi e ansiosi, pensieri ossessivi o sogni su quello che sta accadendo in rete, se l’abuso viene ridotto o interrotto;
  • l’incapacità di interrompere o tenere sotto controllo l’utilizzo di Internet;
  • continuare a usare il web nonostante la consapevolezza di aver sviluppato comportamenti patologici che hanno delle ricadute nell’ambito sociale, psicologico e fisico, come per esempio disturbi del sonno, problemi familiari e coniugali, problemi lavorativi.

Il primo caso ufficialmente documentato di dipendenza da Internet (Internet Addiction) risale al 1996 negli Stati Uniti, quando la psicologa Kimberly S. Young descrisse la storia di una donna di quarantatré anni, la quale trascorreva fino a sessanta ore a settimana in alcune chat room, inoltre, riferiva di sentirsi parte di una “comunità virtuale”, grazie all’interazione con gli altri utenti (Young K.S., 2015). Questa storia portò la dottoressa Young a raccogliere in futuro oltre seicento casi simili, caratterizzati da problemi relazionali, finanziari, accademici, di perdita del proprio lavoro a causa del discontrollo nell’uso di Internet (Young K.S., 2015).

Le modificazioni psicologiche e fisiche dell’individuo dipendente dalla rete sono (Young, K. S. 1998):

  • perdita o impoverimento delle relazioni interpersonali;
  • modificazioni dell’umore;
  • alterazione della percezione del tempo;
  • tendenza a sostituire il mondo reale con un luogo virtuale, nel quale si cerca di costruire un proprio mondo personale;
  • sintomi fisici (tunnel carpale, dolori diffusi al collo e alla schiena, problemi alla vista) che sono la conseguenza del protrarsi di lunghi periodi di attività in rete in posizioni poco salutari e, di conseguenza, di lunghi periodi di inattività fisica.

Da un punto di vista cognitivo-comportamentale, nelle persone che sviluppano una dipendenza da Internet, sono osservabili i seguenti aspetti (Young, K. S. 2011):

  • pensieri disfunzionali su se stessi e sugli altri;
  • sentimenti soggettivi di inadeguatezza, insicurezza, bassa autostima e problemi relazionali;
  • disturbi dell’umore, d’ansia e del controllo degli impulsi.

Ad oggi, le dipendenze comportamentali rientrano nella sezione III del DSM-5 come “Condizioni che necessitano di ulteriori studi” (APA, 2013), tuttavia vi sono ancora diversi pareri discordanti riguardanti lo sviluppo dell’abuso di Internet così come quello da sostanze.

Dato il crescente interesse per l’Internet Addiction, in letteratura si trovano numerosi studi che indagano i costrutti maggiormente legati a questo fenomeno: autostima, depressione, ansia, perfezionismo e credenze metacognitive.

L’autostima è un costrutto che si sviluppa tramite un processo individuale, interattivo – relazionale, e può essere concettualizzata come uno schema cognitivo appreso man mano che gli individui interagiscono con gli altri e con l’ambiente (Bracken, 2003). L’avvento delle nuove tecnologie ha modificato l’opportunità di interazioni sociali e il contesto in cui tali interazioni hanno luogo, influenzando in modo significativo anche il concetto di sé e l’autostima (Firth et al., 2019). Le interazioni sociali online hanno dimostrato di elicitare le stesse risposte delle relazioni reali a livello neurocognitivo, coinvolgendo aree cerebrali analoghe relative alla cognizione sociale, quali ad esempio l’amigdala (Firth et al., 2019). Tali ricerche evidenziano come le relazioni sociali online sono elaborate in modo molto simile rispetto a quelle che hanno luogo offline, mettendo in luce le implicazioni significative delle interazioni tecnologicamente mediate per comprendere la socialità umana.

Se la costruzione della propria autostima si modula, sia per gli adolescenti sia per gli adulti, anche attraverso la rete, si potrebbe assistere ad un progressivo evitamento generale di contesti ed interazioni nella quotidianità e comportamenti di ritiro sociale per cui la persona “predilige” un contatto virtuale a quello reale portando alla comparsa di alcuni disagi: isolamento sociale, ansia sociale, depressione, disturbi del sonno, problemi di concentrazione, riduzione delle energie fisiche e mentali (Haw N., Samaha M., 2016).

Un altro costrutto che è stato letto in relazione alle dipendenze da internet è la depressione (Morrison C., Gore H., 2010). Per esempio, secondo uno studio di Dalbudak (2013) i fattori maggiormente in grado di predire il rischio riguardante la dipendenza da internet sono: il sesso maschile, il tempo trascorso in rete, la depressione e l’attitudine al perfezionismo.

Su questo argomento, sono state recentemente pubblicate le prime due meta-analisi, in cui sono stati analizzati i risultati di numerosi studi che hanno coinvolto oltre 27.000 utenti di Facebook residenti in Europa, Nord America e Asia (Marino et al., 2018a, Marino et al., 2018b). Tali studi evidenziano che gli utenti che utilizzano Facebook in maniera più problematica sono più a rischio di riportare segnali di distress psicologico, quali maggiori livelli di ansia e depressione. Inoltre, gli stessi mostrano livelli più bassi di felicità e soddisfazione per la propria vita (Marino et al., 2018a) e bassa autostima (Marino et al., 2018b).

Il perfezionismo è identificato come un fattore di vulnerabilità generale capace di aumentare il rischio di sviluppare una depressione, già Beck (1976) nella sua teoria classica mette in evidenza che tra le assunzioni disfunzionali tipiche delle persone con depressione si distingue una tendenza a pensare di dover essere perfetti in qualsiasi compito.

Secondo Shafran et al., 1999, il perfezionismo indica l’eccessiva dipendenza della valutazione di sé dalla risoluta ricerca di standard personali particolarmente esigenti ed auto-imposti in almeno un dominio altamente saliente, nonostante le conseguenze avverse (Shafran et al., 1999). Ciò è accompagnato dalla tendenza ad una valutazione critica del proprio comportamento (Bastiano et al., 1994; Frost et al., 1990).

Interessante è la distinzione che Hamacheck (1978) propone tra il perfezionismo positivo e il perfezionismo negativo: mentre nel perfezionismo positivo l’errore è visto come una possibilità di crescita e non si teme il giudizio negativo degli altri, nel perfezionismo negativo sono costanti la paura di fallire e la svalutazione dei risultati ottenuti; per contro si tende a sottolineare i propri errori. Questo determina un abbassamento dell’autostima perché si crede che per ottenere l’approvazione degli altri sia necessario dimostrare costantemente il raggiungimento di obiettivi sempre più elevati. Le persone che valutano il valore di sé in base alla loro capacità di evitare l’errore, di fronte ad esso possono invece sentirsi facilmente colpevoli, inefficaci e inadeguate. La crisi che ne può conseguire può avere dei connotati depressivi, in questo senso la realtà dei social media permetterebbe di tenere sotto controllo un maggior numero di variabili legati all’immagine di sé proposta e quindi di ridurre le possibilità di errore.

Questo ricerca ha come obiettivo quello di verificare in che modo i costrutti sopra descritti, quali autostima, perfezionismo patologico, ansia, depressione e capacità metacognitive si correlano e si influenzano in relazione alla dipendenza da internet.

Campione

Il campione è composto da 398 soggetti, di cui 74.4% di sesso femminile, 25.6% maschi. L’età media del campione è di 34,7 anni (d.s.= 9,9) compresa in un range dai 18 ai 70 anni. Tutti i dati sono stati raccolti in maniera anonima.

Le piattaforme social maggiormente utilizzate risultano essere Facebook, Instagram, YouTube e Whatsapp. In generale, i soggetti che hanno compilato il questionario hanno dichiarato di utilizzare principalmente i social per:

  • essere connesso con i miei amici (79.1%);
  • cercare eventi nella mia città (53,3%);
  • evadere dalla quotidianità (36,4%);
  • divertirmi (36.2%);
  • cercare un lavoro (16.1%);
  • sentirmi meno solo/a (10.1%);
  • conoscere persone nuove (7%);
  • trovare un/a partner (2%).

Il 68,1% del campione della ricerca trascorre da una a tre ore giornaliera utilizzando social media, circa il 25% dalle tre alle cinque ore (Fig.1 del poster allegato).

Il reclutamento dei soggetti è avvenuto on-line, attraverso l’utilizzo della piattaforma google moduli, ed è stato chiesto di compilare i seguenti questionari:

  • Internet Addiction Test (IAT) che indaga la dipendenza da internet;
  • Metacognition Questionnaire 30 (MCQ-30) che indaga le credenze metacognitive;
  • Multidimensional Perfectionism Scale (MPS) che indaga il perfezionismo;
  • Rosenberg Self-Esteem Scale (RSES) che valuta l’autostima;
  • Hospital Anxiety and Depression Scale (HADS) che valuta i sintomi d’ansia e di depressione.

Procedura

Per quanto riguarda le analisi statistiche, attraverso un’analisi correlazionale abbiamo preso in considerazione l’Internet Addiction Test (IAT) come variabile dipendente ed è stata correlata con l’autostima, il perfezionismo, l’ansia, la depressione e le capacità metacognitive, che costituiscono le variabili indipendenti.

Risultati

Per quanto riguarda le analisi correlazionali i soggetti che presentano una dipendenza da social network mostrano una bassa autostima, perfezionismo patologico, ansia e depressione (p<.05).

Dipendenza da Internet e social network: i costrutti correlati al fenomeno

Correlazioni tra IAT e MPS, RSES, ANX e DEP.

Inoltre, il gruppo degli uomini mostra in aggiunta, rispetto al gruppo delle femmine, una relazione positiva rispetto alla credenza positiva sul rimuginio (Fig.3 del poster allegato), cioè tendono a pensare che rimuginare possa servire (p<.05).

Inoltre, è stata effettuata un’analisi della varianza per verificare se vi fossero delle differenze di genere e non emerge nessuna differenza (p=.05).

Discussione

I soggetti che presentano una dipendenza da social mostrano perfezionismo patologico, una bassa autostima, alti livelli di ansia e depressione. Lo scopo della presente ricerca quindi viene confermato. Inoltre, il gruppo degli uomini mostra in aggiunta, rispetto al gruppo delle femmine, una relazione positiva rispetto alla credenza positiva sul rimuginio, cioè tendono a pensare che rimuginare possa servire.

Un’ipotesi di lavoro futura è quella di approfondire la relazione tra le variabili, per esempio di causa effetto o mediazione, allo scopo di aumentare la consapevolezza sul funzionamento di queste nuove dipendenze ed eventualmente ampliare le aree di trattamento.

 

POSTER DI RICERCA – SOCIAL DELLE MIE BRAME: CHI E’ IL PIU’ BELLO DEL REAME?

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Adès, J., & Lejoyeux, M. (2001). Encore plus: jeu, sexe, travail, argent. Odile Jacob.
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