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Io, tu, noi (2019) di Vittorio Lingiardi – Recensione del libro

Io, Tu, Noi si compone di tre capitoli: con me, con te, con noi, formule che già danno l'idea di un filo tra lettore e pagine, mente aperta e parola scritta

Di Anna Angelillo

Pubblicato il 29 Gen. 2020

Aggiornato il 03 Feb. 2020 14:36

L’autore di Io, Tu, Noi, tra excursus storico-clinici e ancoraggio all’attualità, ci mostra i piani dell’anima, l’imprescindibile bisogno di narrarci per organizzarci, le nostre spinte motivazionali e le nostre strategie di difesa.

 

Sin dalla primissime frasi, questo libro ti porta a dire: ‘wow, è proprio bello!’. Questo aggettivo potrà risultare riduttivo e semplicistico: è facile dire, a maggior ragione in una recensione, che un libro è bello. Sembrava non renderne giustizia. Ma poi sono state queste stesse pagine che hanno restituito senso ad un pensiero istintivo. L’autore, nell’ultima parte, cita il concetto di “bello” di uno psicanalista e filosofo statunitense e riporta:

Ciò che noi consideriamo ‘bello’ è qualcosa che (…) tocca la nostra immaginazione: «Si crea una corrispondenza o una fusione tra l’anima di quella cosa e la nostra» (p. 101).

Ed è proprio questo, quello che è successo a chi scrive nel leggere questo libro. Ti senti toccata, connessa, avvolta da parole, concetti, atmosfere personali, relazionali, sociali attuali e profonde.

Ma andiamo con ordine. Già la copertina di questo volumetto colpisce: iconicamente viene ben rappresentato quello che è il messaggio che il libro vuole regalarti: la connessione tra dimensioni circolari che si toccano e rimangono interconnesse: tre cerchi, ‘il cerchio flessibile e insaturo dell’identità, che tocca quello della relazione, tiepido e incandescente, che tocca quello inclusivo e politico della comunità.’ (p. 139).

Facciamo ancora un passo indietro. Il libro si compone di tre capitoli: ‘Con me’, ‘Con te’, ‘Con Noi’. Già queste formule restituiscono una dinamica relazionale, un filo tra il lettore e le pagine, tra la mente aperta e la parola scritta.

L’Io è considerato la dimensione più intima e personale dove accade ‘la prima convivenza’, quella con noi stessi, con le infinte parti di noi, che dobbiamo tenere insieme per mantenere quella continuità personale, quella coerenza interna guidaniana, che ci fa percepire, appunto, un ‘Io’ unico, compatto, pieno. Ed è già dentro di noi che ha vita la prima forma di dialogo, quello interno, quello con ‘i molti che mi abitano’, che ci consente di aprirci all’altro (tu) e agli altri (noi). L’autore, tra excursus storico-clinici e ancoraggio all’attualità, ci mostra i piani dell’anima, l’imprescindibile bisogno di narrarci per organizzarci, le nostre spinte motivazionali e le nostre strategie di difesa. È un bel movimento tra tesi e orientamenti, puntuale e accessibile, che non si perde in tecnicismi, ma che tiene ferma un’intima vibrazione.

Con naturalezza scivoliamo nel ‘Tu’, alla ‘convivenza con l’altro’. Il ‘Tu’ rappresenta la relazione:

È il tu che rende l’io davvero libero – scrive l’autore – perché è nella relazione che il soggetto incontra se stesso (p. 54).

E dunque si parla di amare, di lasciarsi amare, di terapia, di attaccamento, di legami, di reciprocità, di convivenza e sessualità, di occhi e di specchi. È un capitolo che scalda il cuore.

Ed ecco che il cerchio si chiude ‘con gli altri’. C’è un bell’esempio autobiografico che l’autore riporta che ben racconta di ‘me con te’ e poi di ‘me con gli altri’ e aggiunge:

Senza un tu, forse la pienezza di me mi avrebbe tradito, la malinconia avrebbe preso il sopravvento, la commozione sarebbe diventata solitudine. […] Senza un noi, la mia vita sarebbe sempre chiusa su di me, sui miei bisogni… […] Senza un tu, l’io si svuota. Senza un noi, il tu si inaridisce.

E tra queste pagine si apre l’orizzonte verso il mondo, l’identità collettiva, le somiglianze con l’altro e le differenze, l’eguaglianza e la dignità, l’accoglienza e i muri, il restare umani, l’avere cura del mondo. È un capitolo che il cuore lo espande.

Uno sguardo inevitabilmente va al lavoro terapeutico. È nella terapia che affondiamo lo sguardo curioso sul nostro Io, su tutti i molti che sono in noi e ci alleniamo a stare ‘sull’arcipelago della nostra identità’ e il lavoro di un buon terapeuta, dice l’autore, è quello di far ‘raggiungere una fluida molteplicità’ quando il paziente si irrigidisce e ‘una solida integrazione’ quando invece si scioglie (p. 19). La terapia è ‘due persone che parlano in una stanza’, è relazione e dialogo. Ed è proprio nella relazione che nasciamo (come Bowbly ci ha insegnato) ed è nella relazione che possiamo conoscerci e crescere. Il terapeuta può essere il mio ‘Tu’ per conoscere me stesso e la mia storia. C’è una bella immagine nel libro che a parere di chi scrive disegna bene il lavoro del terapeuta, che dice:

È il lavoro del terapeuta quando, col metallo prezioso della relazione, trasforma in cicatrice le ferite del trauma: l’effrazione viene riparata e il pezzo, ora unico e irriproducibile, acquista più valore (p. 64).

Ma quant’è bello questo lavoro! E ancora, è nel lavoro terapeutico che la persona può anche tornare a percepirsi nuovamente un essere umano, quindi parte di un mondo e tornare a convivere ‘con noi’. L’autore fa riferimento, citando il lavoro di alcuni colleghi con i migranti, tanto attuale quanto difficile, alla possibilità di lavorare con queste persone affinché il dolore frammentato diventi dolore tollerabile e questo nella relazione terapeutica può trovare accoglienza:

In una relazione terapeutica ospitale, il dolore emotivo e la vulnerabilità esistenziale possono essere integrati in un’unità continua e costitutiva, in cui il paziente possa percepirsi di nuovo come un essere umano (p. 137).

E il cerchio si chiude.

Eccoci arrivati di nuovo all’immagine iniziale. L’autore nelle pagine finali si auspica che l’immagine in copertina possa essere sentita sulla e sotto la pelle del lettore. Effettivamente così è. A me è successo. Il mio Io ha vibrato, mi è subito venuto in mente un Tu da cui correre per condividerlo e sono qui a scrivere per farlo girare tra di Noi. È un libro bello perché funziona davvero.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Lingiardi V. (2019). Io, Tu, Noi. Vivere con se stesso, l'altro e gli altri. UTET.
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