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Mondi psicopatologici (2018) di G. Stanghellini e M. Mancini- Recensione del libro

Mondi psicopatologici affronta l'ambito psicoterapeutico fornendo informazioni tecniche sul saper-fare ma dando spazio anche al mondo dei pazienti

Di Anna Angelillo

Pubblicato il 05 Dic. 2019

Mondi psicopatologici assomiglia ad una guida per un viaggio interiore: si divide in due parti, la prima che contiene le informazioni utili, la seconda dove ci sono alcune mappe della psiche umana da esplorare.

 

Sono mappe, appunto, e come tali servono ad orientarsi, ma non pretendono di esaurire la reale particolarità di ciascun mondo. Infatti, leit motiv del libro rimane l’unicità di ciascun essere umano, che sì, presenta tratti e sfumature categorizzabili ma che difende con forza la propria essenza speciale.

Come gli autori stessi esplicitano nella prefazione, lo scopo di questo libro è fondare la pratica dell’intervista terapeutica […] su concetti chiave come ‘soggettività’, ‘persona’, ‘mondo della vita’, ‘emozioni’, ‘valori’, ‘significato’, cura’ e ‘comprensione’ ispirandosi alla tradizione della psicopatologia fenomenologica, approccio che essi definiscono come costruito sull’esperienza individuale del paziente, sulle sue emozioni, sui suoi valori e sulla loro interazione (Prefazione, XV). Il loro monito è quello di andare oltre e sganciarsi dal colloquio clinico che miri esclusivamente a categorizzare i sintomi svuotandoli di soggettività, per spostarsi sempre più su un piano di comprensione, di ricerca di significato, di costruzione di un noi terapeutico, passando dalle emozioni e dai valori propri di ciascun paziente, riconoscendo senso e valore a ogni forma di vita (Prefazione, XX).

Il volume ha essenzialmente due grandi sezioni: la prima più tecnica, focalizzata sul saper-fare, il bagaglio che l’esploratore deve riempire consapevolmente con l’attrezzatura necessaria per avventurarsi nei mondi dei pazienti; la seconda riguarda il sapere, ciò che gli autori definiscono come una cartografia del mondo della vita in cui vivono le persone affette dai principali disturbi mentali, dell’atmosfera emotiva e della struttura dei valori con cui le loro esperienze si intrecciano (p. 188).

‘Lo zaino dell’esploratore’ contiene una serie di indicazioni per condurre un’intervista terapeutica che abbia come obiettivo la comprensione dei vissuti legati all’esperienza soggettiva psicopatologica più che la categorizzazione sterile di sintomi e la definizione di quadri clinici. Per far questo gli autori propongono un approccio che superi il razionalismo scientifico in modo da preservare una sensibilità fenomenologica e raggiungere una comprensione del significato e della situazione clinica come sentita (p. 23).

È una sezione di stampo più specialistico, che racconta appunto dei limiti di un approccio esclusivamente tecnico (vs approccio fenomenologico); troviamo qui una definizione del concetto di sintomo spaziando dal punto di vista biomedico a quello psicodinamico, fino all’idea che il sintomo è l’opportunità per il paziente di ottenere una nuova consapevolezza di sé. Il sintomo è la manifestazione di un significato a cui solo il sintomo ha dato l’opportunità di emergere (p. 51). La cassetta degli attrezzi si compone di strumenti cari alla tradizione fenomenologica, quali l’epochè (o la sospensione del giudizio), la comprensione empatica e eidetica (ossia la comprensione della più profonda essenza del fenomeno) e la comprensione dialettica, concetto che riporta all’idea del sintomo come incontro della persona con la sua alterità, che consente alla persona di mettersi in una diversa prospettiva per accrescere la conoscenza del proprio Sé, la cui costruzione è intesa come un processo narrativo e dinamico di cui ciascuno è attivo protagonista. Essi considerano in generale la patologia mentale come una crisi di dialogo (p. 66) tra la persona e la sua alterità, una sorta di rottura della continuità personale, che si manifesta attraverso il sintomo, la cui forma, decorso e esito è nelle mani attive del paziente. Viene illustrato il concetto di mondo della vita composta dalle dimensioni del corpo, l’alterità, il tempo, il Sé, lo spazio così come vissute da chi lo abita; preminente è il ruolo delle emozioni, che rivelano come il mondo è per me (p. 118), dei valori, la chiave per comprendere la forma di vita, l’essere nel mondo di una data persona (p. 152), e del bisogno di riconoscimento da parte dell’altro che si trascinano.

L’intervista terapeutica di stampo fenomenologico viene quindi intesa come ricerca di significato (p. 159) attraverso il dialogo, che diviene strumento di cura (p. 171). Il metodo proposto e esplicato è il cosiddetto metodo PHD che vede l’integrazione di tre dispositivi fondamentali: la fenomenologia – Phenomenology -, l’ermeneutica – Hermeneutics – e il pensiero psicodianamico – psycho-dynamics – (Stanghellini, 2016; 2017).

Dopo questo a tratti faticoso e lento excursus tecnico, che rimane certamente puntuale, prezioso e necessario per una piena comprensione del metodo fenomenologico, si approda finalmente nella seconda parte, quella dedicata a I mondi della vita. Questi sono intesi come il mondo del paziente, fatto di un’atmosfera psichica, un nucleo emotivo e una struttura di valori che ricoprono un ruolo fondamentale nella propria costruzione della visione del mondo (p. 189), il cui accesso da parte del clinico attraverso un’intervista terapeutica scevra di pregiudizi e mossa solo dal desiderio di un’autentica e libera conoscenza dell’altro così com’è e così come sente e vive il e nel suo mondo, diventa il primo e più importante passo per avvicinarci alla cura, in relazione e con il dialogo.

Le descrizioni che seguono riguardano il mondo delle persone fobiche, isteriche, narcisiste, borderline, paranoiche, delle persone tossicomani e di quelle affette da disturbi della nutrizione e dell’alimentazione; il mondo delle persone melanconiche, maniacali e schizofreniche. Tali quadri psicopatologici vengono proposti attraverso l’analisi e la descrizione delle esperienze e dei vissuti di ciascuna delle dimensioni che compongono i mondi della vita (tempo, spazio, corpo, altro, Sé, emozioni e vissuti). Naturalmente, come intuibile e come esplicitato anche dagli autori stessi, tale sezione è incompleta e non esaurisce tutto il panorama psicopatologico, ma al momento affronta i più gravi disturbi mentali (tralasciando le forme più sfumate e vicine alle esperienze psicopatologiche quotidiane) offrendone dei prototipi che fungano da faro, mantenendoci ancorati al concetto che ciascuna persona, per quanto possa attraversare e sostare in tali mondi, conserva sfumature esistenziali tipiche e individuali, preziose e imprescindibili nella pratica clinica terapeutica.

Mondi psicopatologici è un volume prezioso e uno strumento di lavoro di grande spessore e fresca accessibilità, che apre ad un panorama teorico-clinico nuovo, differente seppur con tanti punti di contatto con l’approccio costruttivista, che aggiunge conoscenza e può permetterci di allargare – se accolto e integrato – i nostri orizzonti teorici e pratici.

 

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Stanghellini G. & Mancini M. (2018). Mondi psicopatologici: Teoria e pratica dell’intervista psicoterapeutica. Edra-Masson.
  • Stanghellini, G. (2016). Phenomenological psychopathology and care: From person centered dialectical psychopathology to the PHD method for psychoterapy. In Stanghellini G., Aragona, M. (eds.), An experiential approach to psychopathology: what is it like to suffer from mental disorders, 361-378. New York: Springer.
  • Stanghellini, G. (2017). Noi siamo un dialogo. Antropologia, psicopatologia e cura. Milano: Raffaello Cortina Editore.
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