expand_lessAPRI WIDGET

La malnutrizione in età geriatrica

Riconoscere e prendere in carico situazioni di malnutrizione appare sempre più importante nell'ottica di prevenire il deterioramento cognitivo nell'anziano

Di Federica Ferrante

Pubblicato il 06 Dic. 2019

Aggiornato il 08 Feb. 2024 15:05

E’ ormai noto lo stretto legame tra l’alimentazione e una buona condizione di salute. L’aumento della vita media e la speranza di poter migliorare ulteriormente sia la longevità sia la qualità della vita degli anziani, hanno fatto convergere un grande interesse scientifico e medico-sociale sui fenomeni che condizionano l’invecchiamento.

Federica Ferrante – OPEN SCHOOL Studi Cognitivi Modena

 

L’importanza e lo stretto legame del binomio “alimentazione e buona salute” è sottolineata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che considera nutrizione adeguata e salute dei diritti fondamentali per l’uomo.

L’alimentazione, infatti, è uno dei fattori che maggiormente incide sullo sviluppo, sul rendimento e sulla produttività delle persone, sulla qualità della vita e sulle condizioni psicofisiche con cui si affronta l’invecchiamento. L’aumento della vita media e la speranza di poter migliorare ulteriormente sia la longevità sia la qualità della vita degli anziani, hanno fatto convergere un grande interesse scientifico e medico-sociale sui fenomeni che condizionano l’invecchiamento.

Ultimamente vediamo un incrementarsi di interesse nei confronti delle demenze, ma le difficoltà dell’anzianità non fanno riferimento soltanto al deterioramento cognitivo. Anche l’anziano può presentare una varietà di problematiche non connesse necessariamente all’invecchiamento cerebrale.

I disturbi del comportamento alimentare sono da molti anni oggetto di attenzione crescente da parte del mondo scientifico, in virtù della loro diffusione tra le fasce più giovani della popolazione e della loro eziologia complessa.

Anche se vi sono evidenze importanti relativamente al fatto che i disturbi alimentari si sviluppano tipicamente in adolescenza e che il loro esordio in età avanzata non è comune, non si può trascurare il fatto che molti anziani abbiano evidenti problemi di alimentazione/nutrizione anche se, probabilmente, non hanno le stesse caratteristiche o manifestazioni dei più comuni Disturbi alimentari diagnosticati nei giovani.

Quando si parla di Disturbi dell’alimentazione, si compie spesso l’errore di far riferimento esclusivamente agli adolescenti. Risulta strano pensare a un anziano che possa presentare problemi nell’alimentazione e, proprio per questo, c’è poca letteratura sull’argomento. Non siamo entrati ancora nell’ottica che l’anziano può essere fragile quanto un giovane e che anche lui possa riversare le sue sofferenze nella relazione con il cibo.

Più che parlare di “disturbo del comportamento alimentare”, in ambito geriatrico sarebbe più opportuno parlare di  “malnutrizione”, uno stato in cui una carenza o un eccesso di nutrienti provoca effetti negativi sulla composizione corporea e sul funzionamento (NICE, 2006). Si possono identificare una malnutrizione per eccesso (sovranutrizione: obesità) e una malnutrizione per difetto (sottonutrizione).

Anche se una riduzione delle necessità energetiche è quasi sempre una manifestazione normale dell’invecchiamento, essa può causare la comparsa di uno stato di malnutrizione. Questa può, a sua volta, condizionare negativamente la comparsa e l’evoluzione di patologie croniche a elevata prevalenza in età geriatrica. Le complicanze della protratta ipoalimentazione possono riguardare tutti gli organi e gli apparati dell’organismo. Alcune conseguenze sono caratteristiche, come la particolare sensibilità al freddo, la fragilità delle unghia, la caduta dei capelli. Per non parlare della ridotta efficienza muscolare, della perdita della massa ossea con un conseguente maggiore rischio di fratture, dell’anemia, del declino delle funzioni cognitive, della ritardata cicatrizzazione di ferite e lesioni e sicuramente anche dell’aumentata morbilità e mortalità e della maggior durata della degenza ospedaliera e maggior incidenza di re-ospedalizzazioni (Amerio & Domeniconi, 2010).

Come cambia la regolazione del comportamento alimentare con l’invecchiamento

Tramite la vista, l’olfatto e il gusto, il cervello viene informato sulla disponibilità del cibo e sulle sue caratteristiche chimiche e fisiche. Con l’invecchiamento gli organi di senso subiscono dei cambiamenti che possono avere un impatto negativo sull’approccio al cibo.

La diminuzione delle abilità visive è imputabile ad una serie di eventi a carattere degenerativo che, con andamento progressivo e graduale e con un’alta variabilità interindividuale, riducono l’efficacia del sistema sensoriale. La diminuzione del senso del gusto e dell’olfatto, soprattutto relative all’intensità con cui si percepiscono sapori e odori, può ridurre il piacere del mangiare. Molte persone anziane lamentano il fatto che i cibi non hanno più il sapore gradevole che avevano in passato. Le modificazioni del gusto sono comunque variabili e spesso associate al massiccio utilizzo di sigarette, alla scarsa igiene orale, agli stati di malattia. Ad ogni modo, sembra che con l’invecchiamento diminuisca la capacità di identificare i sapori principali. La percezione del dolce probabilmente è più preservata rispetto alle altre.

L’ipotalamo svolge un ruolo essenziale nella regolazione del comportamento alimentare in quanto capace di ricevere numerosi segnali e inviare a sua volta stimoli capaci rispettivamente di attivare o inibire l’assunzione del cibo. Esiste una comunicazione bidirezionale tra ipotalamo-corteccia cerebrale e ipotalamo-periferia che si sviluppa attraverso impulsi afferenti sia sensoriali che umorali, grazie anche alla mediazione di neurotrasmettitori. In pratica, l’ipotalamo acquisisce una serie di informazioni dagli organi di senso. Dallo stomaco poi, giungono informazioni sullo stato di pienezza o di vacuità dell’organo. L’instaurarsi di uno stato anoressico nell’anziano sembra sia da attribuirsi principalmente all’alterazione di segnali gastrici che provoca un precoce senso di sazietà. Le persone anziane sembrano sentirsi più sazie con minori quantitativi di cibo, fenomeno che potrebbe essere causato da una diminuzione dello stimolo ad alimentarsi, mediato da diversi ormoni e neurotrasmettitori.

Accanto a questi segnali nervosi, il cervello è in grado di riconoscere dei messaggi chimici che lo aggiornano sullo stato di nutrizione del corpo e sulle sue riserve energetiche. L’ipotalamo elabora tutte queste informazioni ed emette la risposta comportamentale connessa alla ricerca del cibo o all’evitamento.

Sono riconosciute due aree ipotalamiche deputate al controllo dell’assunzione di cibo: la regione ventromediale, che è il centro della sazietà, e quella laterale che è il centro dell’appetito. Alterazioni a vari livelli di questo sistema possono verificarsi con l’invecchiamento e condizionerebbero l’instaurarsi nel soggetto anziano di una sorta di anoressia “fisiologica”, che è strettamente connessa al processo di invecchiamento, ma che, d’altra parte, rende l’anziano particolarmente vulnerabile nei confronti dello sviluppo di forme di anoressia patologica in rapporto a molteplici fattori di rischio fisici, psichici, ambientali e socio-economici.

La Fondazione Umberto Veronesi nel 2016 ha diffuso dei dati preoccupanti: un anziano su due presenta uno stato di malnutrizione e, in alcuni casi, di denutrizione con evidenti condizioni di anoressia senile. Spesso, infatti, l’anziano non si nutre in modo adeguato rispetto al suo reale fabbisogno corporeo in quanto ha una dieta monotona e/o poco varia, oltre che ridotta. A ciò si aggiungono altri problemi legati all’anzianità, come una dentizione imperfetta (mancanza di denti o protesi non più adeguate), disordini della deglutizione, presenza di patologie croniche, polifarmacologia. Tutte queste condizioni creano inappetenza che, a sua volta, può essere aggravata dallo stato di solitudine in cui vivono spesso gli anziani. La riduzione drastica di cibo, infatti, può essere causata non soltanto da difficoltà mediche, ma anche da fattori sociali (difficoltà economiche e disagi socioambientali) e soprattutto psicologici (solitudine, isolamento e alterazioni del tono dell’umore).

Malnutrizione e deterioramento cognitivo

Un’altra condizione che influenza notevolmente l’approccio al cibo è uno stato di deterioramento cognitivo. I rapporti tra dieta e decadimento cognitivo sono tutt’oggi sfumati. Tranne che in qualche caso molto circoscritto, non è possibile tracciare nelle popolazioni di anziani un collegamento diretto tra dieta e processi neurodegenerativi. D’altra parte, le abitudini dietetiche possono contribuire a definire il profilo di rischio di un individuo assieme a tutte le componenti biologiche e di comportamento che condizionano lo stato di salute. È  bene ricordare l’attenzione che bisogna rivolgere all’equilibrio dietetico dell’anziano, perché una carenza alimentare in un organismo fragile potrebbe causare uno scompenso che si riflette anche su altri sistemi e diventa generalizzato.

L’interazione tra demenza e stato nutrizionale è complessa e poco chiara. Difatti, mentre è ancora controversa la relazione causale dei fattori nutrizionali nel determinare i processi neurodegenerativi o vascolari alla base delle sindromi demenziali, è frequente il riscontro della malnutrizione come complicanza della demenza sia nelle forme moderate che severe (González-Gross, Marcos & Pietrzik, 2001; Salerno-Kennedy & Cashman, 2015). Le persone con demenza, infatti, possono arrivare al punto di avere difficoltà di comunicare che hanno fame o che non gradiscono il cibo che gli è stato dato. Essi possono comunicare le loro esigenze attraverso il loro comportamento, ad esempio, rifiutando il cibo o trattenendolo in bocca. Possono avere difficoltà a impugnare le posate o a prendere in mano un bicchiere. Possono anche avere difficoltà a trovare il cibo nel piatto e portarlo alla bocca. Una persona con demenza può non aprire la bocca e potrebbe essere necessario ricordarglielo. Tutto questo lo potrebbe portare a evitare i pasti perché sono fonte di imbarazzo, delusione o tristezza.

Le persone con la variante comportamentale della demenza frontotemporale possono andare incontro a iperalimentazione, avere dei cambiamenti nelle preferenze alimentari e sviluppare l’ossessione per cibi particolari. Possono iniziare a godere di sapori e cibi di cui non erano precedentemente appassionati o possono prendere in antipatia qualche piatto di cui sono sempre stati ghiotti. Questo può essere causa di danni a specifiche aree del cervello o di un’alterata percezione del gusto.

Nel parkinsonismo, i tremori continui possono rendere difficile anche soltanto tagliare il cibo e portarlo alla  bocca. Inoltre, possono provocare una perdita di peso a causa dell’aumentato consumo energetico.

La malnutrizione potrebbe giocare un ruolo importante nella progressione del declino cognitivo. Il riconoscimento precoce e la presa in carico di situazioni di malnutrizione o a rischio di malnutrizione rappresentano importanti interventi di prevenzione per ridurre i fattori di rischio di fragilità degli anziani con e senza demenza con atteso incremento della qualità e della speranza di vita.

 

Si parla di:
Categorie
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Barilla Center for food & nutrition (2011). Longevità e benessere: il ruolo dell’alimentazione. Disponibile al SITO;
  • Bianchetti A. & Boffelli S. (1999). Stato nutrizionale e demenza: una interazione complessa. Dementia update, 28-35;
  • Capurso A., Panza F., Solfrizzi V., Mastroianni F., Torres F., Colacicco A.M. et al. (1999). Dieta e declino cognitivo. Dementia update, 18-26;
  • Cellurale M., Ciccarelli A.L., Lombardi A., Tesone J.,  Corbi G. & Ferrara N. (2010). Funzioni cognitive: interazione attività fisica e dieta. Congresso Nazionale AIP,203;
  • Cesa-Bianci M. (2004). Psicologia dell’invecchiamento. Caratteristiche e problemi. Carocci editore;
  • Cesa-Bianci M. & Vecchi T. (a cura di) (2007). Elementi di Psicogerontologia. Milano: Franco Angeli;
  • Conner, M. & Armitage, C. J. (2002). La Psicologia a Tavola. Bologna: Il Mulino;
  • Correia CM. & Waitzberg DL (2003). The impact of malnutrition on morbidity, mortality, length of hospital stay and costs evaluated through a multivariate model analysis. Clin Nutr;22:235-9;
  • De Beni R., Borella E. (a cura di) (2015). Psicologia dell’invecchiamento e della longevità. Bologna: Il mulino;
  • Giallongo S., et al. (2005). Anziani e dieta: studio di valutazione e di intervento sullo stato nutrizionale dell’anziano istituzionalizzato. Firenze;
  • Masoero E., Govoni S. & Favalli L. (1999). Nutrizione e malattie neurodegenerative cerebrali. Dementia update, 4-17;
  • Monteleone A., Filiberti A. & Zeppegno P., (2013). Le demenze: mente, persona, società. Maggioli Editore;
  • Tozzuoli D., Ceccherini E., Pedace C., (2010). Nutrizione e malnutrizione nell’anziano. Italian Journal of Medicine, 99-104;
  • Zambianchi M., Ricci Bitti P.E., (2012). Invecchiamento positivo. Carocci Editore.
CONSIGLIATO DALLA REDAZIONE
Gli effetti del benessere psicologico sulla salute degli anziani - Immagine: 79429649
Gli effetti del benessere psicologico sulla salute degli anziani

Il benessere psicologico sembra avere un ruolo protettivo in molti disturbi della popolazione anziana, come in malattie cardiovascolari o disturbi cognitivi

ARTICOLI CORRELATI
cancel