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Eziologia, comorbilità e correlati della disgrafia

Da un'attenta analisi della letteratura la disgrafia risulta poco trattata ed affrontata ed è quindi utile approfondire l'argomento nella sua specificità

Di Mariasilvia Rossetti, Giulia Balerci

Pubblicato il 13 Dic. 2019

Aggiornato il 08 Gen. 2020 12:27

La disgrafia è uno dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento, riguarda prettamente gli aspetti grafo-motori e consiste nella difficoltà a riprodurre i segni grafici, causando una scrittura deformata, con forme e grandezze irregolari e tratto tremolante.

Mariasilvia Rossetti, Giulia Balerci – OPEN SCHOOL Studi Cognitivi, San Benedetto del Tronto

 

L’apprendimento da parte del bambino dell’abilità di scrittura inizia sin dai primi anni di vita con la manipolazione di oggetti, attraverso il gioco, con la produzione dello scarabocchio, necessita dell’acquisizione dei precursori motori che permetteranno di tenere in mano una penna e di attuare i movimenti consoni alla scrittura, e si consolida con i primi anni di scolarizzazione. Nelle prime fasi della scolarizzazione predomina il meccanismo di conversione fonema-grafema, il quale coinvolge le abilità verbali e non verbali, le abilità di motricità fine e l’integrazione visuo-motoria. Successivamente, quando questi processi sono automatizzati, il bambino diventa più esperto, in grado di inserire nuove parole nel suo magazzino lessicale-semantico, sia a livello di codifica che di decodifica ortografica e rappresentazionale (Mazzotta, Barca, Marcolini, Stella & Burani, 2005); si attivano, inoltre, i processi delle funzioni esecutive: pianificazione, produzione, organizzazione dei pensieri, controllo dell’attenzione e revisione del testo scritto (Longobardi, Baldi & Devescovi, 2011; Meltzer, 2011). Essendo la scrittura un processo complesso che richiede la coordinazione di pianificazione ed esecuzione motoria in aggiunta ai processi cognitivi organizzativi, delle funzioni esecutive, della memoria di lavoro e del linguaggio, è facile capire come un malfunzionamento di uno di questi fattori, che conduce ad una difficoltà nell’acquisizione delle abilità grafiche, possa significativamente interferire con la performance scolastica. Dal report del MIUR relativo agli alunni italiani a cui è stato certificato un Disturbo Specifico dell’Apprendimento, riferito all’anno scolastico 2016/2017, emerge che su 254mila studenti, circa il 17,4% presenta disgrafia (corrispondenti allo 0,7% del totale degli alunni che frequentano le scuole di ogni ordine e grado).

La disgrafia, uno dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento, intesa come una specifica difficoltà nella realizzazione manuale dei grafemi, risulta, da una approfondita analisi della letteratura internazionale, poco trattata ed affrontata, ed emergono pareri discordanti. La disgrafia riguarda prettamente gli aspetti grafo-motori e consiste nella difficoltà a riprodurre i segni grafici, causando una scrittura deformata, con forme e grandezze irregolari e tratto tremolante (Consensus Coference, 2007). Può essere considerata come un ‘sintomo della disprassia‘ (Gargano, 2013), in quanto è definita come una difficoltà nel rappresentare, programmare, ed eseguire volontariamente degli atti motori consecutivamente, impedendo al bambino di realizzare una scrittura chiara e corretta. In molti casi si possono riscontrare disturbi della scrittura anche a seguito di un Disturbo della Coordinazione Motoria (DCD), ma un disgrafico non necessariamente presenta anche il DCD (Bravar, Zoia, Borean & Carrozzi, 2006). In Italia, nel 2003, il Gruppo di Lavoro AIRIPA, nel documento Linee guida per la diagnosi dei Disturbi Specifici di Apprendimento, ha sostenuto che un problema nell’esecuzione del movimento necessario alla scrittura, non rientra nei disturbi della scrittura, ma nella categoria dei disturbi della coordinazione motoria. La Società Italiana di Neuropsicologia dell’Infanzia e dell’Adolescenza (SINPIA, 2005), afferma che la disgrafia sembra essere conseguenza di disturbi di esecuzione motoria di ordine disprassico, quando non fa parte di un quadro spastico atassico o extrapiramidale. Lafranconi (2013) sostiene che la stessa persona possa manifestare due profili eterogenei nello stesso pattern grafo-motorio: uno di tipo visuo-spaziale (conseguente a deficit visuo-spaziali e percettivi) e l’altro posturale-motorio (relativo a fattori quali il controllo motorio del tratto).

La disgrafia è un disturbo che può manifestarsi in modo isolato, oppure può co-esistere con altri disturbi di apprendimento. Stella, Franceschi, Savelli (2009) hanno analizzato la comorbilità tra la dislessia e gli altri DSA, in un campione di 90 soggetti italiani, diagnosticati come dislessici ed è emerso che per il 43,5% la dislessia si presenta in comorbilità con la disgrafia. Huau, Velay & Jover (2015) analizzando le difficoltà di scrittura in bambini con DCD, hanno rilevato che metà di loro presentava anche la disgrafia. Re, Pedron & Cornoldi (2007) hanno svolto una ricerca per esaminare la performance in compiti di scrittura, di 24 bambini con diagnosi di Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (DDAI) e 24 bambini del gruppo di controllo, dalla quale si evince che i bambini con DDAI presentano difficoltà di scrittura e sono meno esperti, in questa, riguardo i parametri di adeguatezza, struttura, lessico e grammatica, rispetto al gruppo di controllo e commettono un numero maggiore di errori. La performance di soggetti con DDAI e DCD riguardo la destrezza manuale, la qualità di scrittura e le abilità grafo-motorie, era più scarsa rispetto ai soggetti di controllo: risultato confermato anche da Capellini, Coppede & Valle (2010). Da tale studio emerge che i bambini che mostrano alterazioni della motricità fine, presentano, nella maggior parte dei casi, disgrafia, poiché sono presenti alterazioni motorie, sensoriali e percettive che influenzano le abilità grafiche. Per quanto riguarda il Disturbo dell’apprendimento non verbale (Danv), tra i criteri diagnostici per l’individuazione, vi è quello che riguarda la presenza di un profilo con cadute negli apprendimenti scolastici e in particolare nelle discipline che richiedono abilità grafo-motorie; infatti viene spesso confuso con la disgrafia (Cornoldi, 2007). Altri studi dimostrano la comorbilità con il Disturbo dello Spettro Autistico (Mayes, Breaux, Calhoun & Frye, 2019) e il Disturbo d’Ansia (Gobrial & Raghavan, 2015). Non risulta chiara quale sia la precisa eziologia di tale disturbo e, considerando questi studi sulla comorbilità, è facile intuire quanto sia fondamentale eseguire una valutazione precisa e dettagliata, che proceda per esclusione e che valuti attentamente tutti i possibili profili disfunzionali, in modo da giungere ad una diagnosi esatta del disturbo.

La disgrafia e i pattern motori

I bambini disgrafici mostrano deficit in programmi motori o nell’esecuzione motoria e sono inabili a raggiungere un processo automatizzato: questo provoca l’illeggibilità della loro scrittura, lentezza, lunghe e frequenti interruzioni e sollevamenti della penna dal foglio, mancanza di fluenza, ampia variabilità negli spazi tra le lettere e tra le parole e irregolarità nella forma delle lettere. Scrivere implica anche saper gestire le relazioni spaziali, cioè la capacità di produrre la lettera in modo tale che tocchi sul piano di appoggio della riga, e la velocità visuo-motoria, la quale implica il saper poi mantenere i giusti spazi tra le lettere e tra le parole e riuscire a produrre le giuste giunzioni tra le lettere (Kaiser, Albaret & Doudin, 2009). Uno studio di Volman, van Schendel & Jongmans (2006) ha evidenziato che il fattore che meglio predice le difficoltà di scrittura è l’integrazione visuo-motoria, piuttosto che il controllo motorio fine; inoltre, si evince che tale fattore è correlato alla qualità della scrittura prodotta, piuttosto che alla velocità di scrittura. Kushki, Schwellnus, Ilyas & Chau (2011), riguardo alla velocità di scrittura, hanno rilevato che i non disgrafici scrivono più lentamente rispetto ai disgrafici. Questo è attribuibile all’alto grado di vigilanza usato dai primi per monitorare e aggiustare la leggibilità della loro scrittura. Riguardo al parametro della velocità, altri studi mostrano il contrario, cioè che i bambini disgrafici scrivono più lentamente (Paz-Villagrán, Danna & Velay, 2014), non perché hanno movimenti più lenti, ma perché mentre scrivono effettuano più stops (momenti in cui la penna è immobile, ma resta a contatto con il foglio) rispetto agli scrittori abili, e inoltre scrivono le lettere più grandi e hanno la scrittura meno fluente, producendo, così, meno lettere, perché ‘perdono tempo’ nei sollevamenti della penna dal foglio tra la scrittura di una lettera e l’altra o tra una parola e l’altra. Nello studio condotto da Schwellnus et al., (2012), volto a valutare gli effetti della prensione della penna sulla velocità e la leggibilità del testo scritto, non emergono differenze significative tra i vari tipi di prensione della penna e l’impatto che questa ha sulla leggibilità dello scritto e sulla velocità di scrittura. Ciò che influenza negativamente la leggibilità appare essere la quantità di pressione esercitata sul foglio. Risultati opposti riguardo all’influenza del tipo di prensione della penna, invece, sono stati ottenuti da Falk, Tam, Schwellnus & Chau (2010), i quali hanno indagato la variabilità nella prensione della penna durante la scrittura, in bambini-scrittori esperti, che emerge utilizzino una prensione dinamica e in bambini-scrittori non esperti, i quali scrivono tenendo la penna con una prensione statica. Altro risultato significativo ottenuto è l’ampia variazione nella durata dell’attività di scrittura dovuta al maggior numero di pause effettuate dal gruppo non esperto, causate da una ridotta consapevolezza sensoriale che a sua volta provoca affaticamento, il quale pone delle limitazioni nell’automatizzazione della scrittura e nella variabilità del sistema motorio-fine. Il limitato repertorio di strategie motorie e la difficoltà nell’adattamento delle performance motorie sono causate dalla disfunzione neurologica presente nei bambini disgrafici (Van Hoorn, Maathuis, Peters & Hadders-Algra, 2010). Altro aspetto importante riguarda i movimenti, simmetrici e asimmetrici, del corpo che il bambino deve compiere per tenere fermo il foglio con la mano con cui non scrive mentre con l’altra tiene la penna per scrivere; tali movimenti sono resi possibili dall’integrazione bilaterale, aspetto che riguarda il controllo motorio fine. Nella scrittura sono coinvolti principalmente i movimenti asimmetrici e i bambini con difficoltà mostrano di non essere abili nel dissociare i movimenti dell’arto superiore, impiegato nella scrittura. Da tali studi non risulta chiaro quale siano i principali fattori che, se compromessi, portano a difficoltà motorie e di conseguenza al disturbo di scrittura, poiché i risultati portano a conclusioni contrastanti.

La disgrafia e i correlati neurali e cognitivi

Durante la scrittura e la ricopiatura delle lettere non sono necessari solo i movimenti fini della forza delle dita e della mano, ma, per produrre il segno grafico, occorre che la sua rappresentazione in memoria sia stata attivata e mantenuta, con l’obiettivo di venire copiata e che i movimenti manuali e visivi siano coordinati, e, infine, che gli aspetti percettivi e motori siano integrati con le strutture ortografiche della parola da scrivere (Maldarelli, Kahrs, Hunt, & Lockman, 2015). Per quanto riguarda gli aspetti neuro-anatomici implicati nella scrittura e responsabili del disturbo della disgrafia, Planton, Jucla, Roux & Démonet (2013) attraverso una meta-analisi di studi di neuro-immagine sono giunti ad identificare 12 zone corticali e sub-corticali implicate nei vari livelli del processo di scrittura, delle quali 3 si attivano durante la scrittura manuale: giro frontale superiore sinistro, solco intra-parietale sinistro e la zona anteriore del cervelletto. Pertanto un’alterazione funzionale neurobiologica in tali zone potrebbe compromettere i processi responsabili della scrittura e portare alla disgrafia. I bambini con disgrafia mostrano difficoltà nella memoria di lavoro, perché la maggior parte delle risorse cognitive sono impiegate nel livello meccanico di scrittura delle lettere o delle parole, piuttosto che nei processi cognitivi responsabili del recupero delle tracce grafiche nella memoria (Crouch & Jakubecy, 2007). Sono, inoltre, incapaci di ricordare in modo accurato le immagini visive delle lettere dell’alfabeto e mostrano difficoltà nell’organizzazione delle idee per comporre un testo scritto: questo è visibile nella mancata fluenza e nel fatto che il testo risulta essere illeggibile (Nalpon & Chia, 2009).

Dato che la rappresentazione delle lettere in memoria è essenziale, poiché essa guida i movimenti necessari per la loro riproduzione, alterazioni nella memoria a breve termine causano la disgrafia. Ciò suggerisce che i bambini con disgrafia hanno difficoltà cognitive, le quali influenzano molto di più la memoria visiva, rispetto alle abilità visuo-motorie, rinforzando l’ipotesi secondo la quale i bambini con disturbi dell’apprendimento hanno deficit nella memoria di lavoro. Con la pratica, e quando la scrittura si automatizza, il controllo motorio è basato su una rappresentazione interna dei pattern motori necessari alla produzione dei segni grafici; pertanto la qualità delle lettere scritte dipende dalle tracce depositate nella memoria (Bara e Gentaz, 2011). Uno studio recente ha rivelato che i bambini con disgrafia mostrano profili eterogenei e che diverse variabili cognitive, quali consapevolezza fonologica, memoria fonologica, elaborazione uditiva e funzione magnocellulare visiva (con alcuni problemi di attenzione visiva) concorrono allo sviluppo della disgrafia (Döhla, Willmes e Heim, 2018). Un fattore che influisce sullo sviluppo delle abilità grafiche e che contribuisce quindi alle difficoltà che portano alla disgrafia, sono le funzioni esecutive, le quali richiedono una attivazione consapevole, intenzionale e riflessiva, un costante monitoraggio, la valutazione di quanto prodotto, un adattamento continuo delle risorse e delle strategie, la motivazione per raggiungere l’obiettivo. L’intero processo di scrittura richiede a qualsiasi scrittore, attenzione, in modo tale che tutti questi processi vengano attivati in modo coordinato. Tali processi implicano: un’analisi, una presa di decisione e una pianificazione, un controllo dell’attenzione e una coordinazione delle risorse cognitive, seguite da un’applicazione flessibile di tutti i processi, in modo da aggiustare il pattern di azione in base ai cambiamenti della situazione (Graham, Harris, Olinghouse, in Meltzer, 2011). Uno studio condotto nel 2010 da Rosenblum, Aloni & Josman, con lo scopo di esplorare la relazione tra la performance di scrittura e le abilità organizzative, componenti delle funzioni esecutive, ha evidenziato difficoltà nell’organizzazione del tempo e dello spazio da parte dei bambini disgrafici, risultato che veniva poi confermato anche dalle risposte fornite dai genitori nel questionario loro somministrato, le quali indicavano difficoltà nell’organizzare i materiali e l’occorrente necessario per andare a scuola. Altre due componenti delle funzioni esecutive sono state prese in considerazione: lo shifting, l’abilità di passare da un livello all’altro, e l’updating, cioè il monitoraggio, l’aggiornamento, la codifica delle informazioni in entrata e l’abilità di sostituire quelle non rilevanti con quelle nuove. Queste due componenti implicano a loro volta un cambiamento che coinvolge la memoria di lavoro. Balioussis, Johnson & Pascual-Leone (2012) hanno indagato la relazione tra tali componenti e l’attenzione, rilevando che queste 3 componenti sono correlate alla scrittura e accrescono con l’età dei bambini e con l’aumentare della complessità della richiesta del compito da svolgere. Un recente studio, condotto nel 2018 da Rosenblum, ha rilevato che i bambini disgrafici, rispetto ai controlli, mostrano abilità di scrittura significativamente inferiori riguardo al tempo e alla leggibilità globale. I disgrafici producono lettere più grandi perché non sviluppano un controllo appropriato dello strumento scrittura che consentirebbe di ridurre la dimensione delle lettere e di produrre un testo leggibile, cosa che invece, sono in grado di fare i bambini del gruppo di controllo. Dall’analisi del materiale prodotto dai bambini disgrafici, emergono numerose lettere cancellate, riscritte o irriconoscibili. Tutto ciò indica un basso controllo da parte delle funzioni esecutive, che si ripercuote anche nelle routine giornaliere, a casa e a scuola. Gli autori sostengono che un’efficiente performance di scrittura richieda spostamenti, memoria di lavoro, pianificazione, organizzazione, monitoraggio e organizzazione del materiale, tutte componenti delle funzioni esecutive. Tali conclusioni, erano state tratte anche da Savegnago, Angriman, e Casara (2012), tramite uno studio condotto attraverso elettroencefalogramma, il quale ha riscontrato cadute nelle prove riconducibili alle funzioni esecutive, dovute ad un’anomala connettività cerebrale che si manifesterebbe clinicamente con un’alterazione delle funzioni esecutive e dell’organizzazione visuo-spaziale.

In sintesi, dai vari studi mostrati, emerge che le funzioni esecutive, se compromesse, non permettono al bambino di vigilare sul pattern motorio messo in atto. Inoltre, altro ruolo fondamentale viene attributo alla memoria di lavoro che, se compromessa, non permette il recupero dei segni grafici depositati nel magazzino ortografico, e di conseguenza ostacola il processo che porta alla produzione grafo-motoria delle parole.

La disgrafia e gli aspetti emotivo-relazionali

La disgrafia ha un impatto importante anche a livello individuale e a livello sociale (Consensus Conference, 2011); comporta, infatti, un abbassamento del livello curricolare conseguito e reazioni negative da parte degli adulti (insegnanti e familiari) che considerano il bambino come svogliato o incapace, piuttosto che valutare perché quel bambino assuma determinati atteggiamenti. Uno studio italiano (Cogno, Ragazzo & Tardivo, 2015) svolto con 100 bambini diagnosticati come DSA, ha sottolineato la presenza di difficoltà di inserimento e di socializzazione dei bambini con DSA che appaiono timidi e poco partecipativi e con frequente bisogno di incoraggiamento e conferme, rispetto al gruppo di controllo dei pari. L’abilità di scrittura influenza la performance scolastica in tre diverse modalità (Dinehart, 2014): a livello estetico, poiché una bella scrittura produce un materiale più leggibile, rispetto ad una brutta grafia; le difficoltà di scrittura sono correlate ad un calo di attenzione da parte del bambino che si concentrerà molto di più sull’attività di scrittura, piuttosto che sul contenuto di quanto deve scrivere e ciò produce anche una lentezza nella produzione scritta; infine, i bambini disgrafici vivono esperienze negative, riguardanti la frustrazione, una diminuzione del senso di efficacia e della motivazione. Da un punto di vista socio-emotivo, i bambini che si trovano a vivere tali esperienze tendono anche ad impegnarsi di meno, rispetto al gruppo dei pari, in compiti che richiedono la scrittura, esperiscono sentimenti negativi di fronte al materiale prodotto e si impegnano meno nello scopo di produrre un testo comprensibile. Ciò porta a una diminuzione dell’autostima, del senso di auto-efficacia e della motivazione da parte del bambino e, come in una spirale, ciò influenza negativamente l’adattamento scolastico, generando atteggiamenti di rimprovero da parte degli adulti significativi, i quali non fanno altro che incrementare le difficoltà, piuttosto che aiutare a fronteggiarle.

Conclusione

Le competenze grafiche sono importanti nell’apprendimento scolastico, in quanto la maggior parte del tempo trascorso a scuola e dello studio individuale a casa, viene impiegato in compiti che richiedono la scrittura, sia come canale di apprendimento che di espressione. Una compromissione o una difficoltà in tali abilità causano quindi difficoltà nell’apprendimento da parte del bambino, le quali influenzano negativamente la performance scolastica. Riteniamo sia fondamentale sin dalla scuola dell’infanzia, presentare al bambino attività motorie e grafiche per aumentare la mobilità del polso e sviluppare la manualità e la motricità fine, esercitarsi in semplici disegni grafici per poi passare, attraverso delle immagini comuni, ad identificare le forme, e alla scrittura delle singole lettere, prestando attenzione a fornire continuamente istruzioni sul corretto pattern grafo-motorio da eseguire per produrre il segno grafico in modo ottimale. Tuttavia, anche se le linee guida dell’AIRIPA sostengono che la diagnosi di disgrafia possa essere fatta solo in presenza di una scrittura completamente illeggibile, dal momento che le difficoltà nella grafia si riscontrano in un numero elevato di bambini, seppur non in presenza del disturbo di disgrafia, è necessario che vi sia una sensibilizzazione e una formazione maggiore nelle strutture educative, per ciò che concerne la calligrafia e i processi ad essa concernenti, in quanto una brutta scrittura potrebbe nascondere problematiche di altra natura e che coinvolgono anche altre abilità.

 

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