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L’importanza delle meta credenze nel disturbo da uso di alcol

Il ruolo delle metacredenze positive e negative nel disuturbo da uso di alcol apre le porte all’uso di terapie focalizzate sui processi di pensiero.

Di Francesco Loffredo, Teana Salinelli

Pubblicato il 10 Ott. 2019

Aggiornato il 27 Nov. 2023 11:40

Nel disturbo da uso di alcol è possibile rilevare la presenza di metacredenze relative all’alcol stesso, che si distinguono in positive, quando consistono nell’aspettativa che questo permetta di ottenere effetti benefici, e negative, quando riguardano le convinzioni relative agli esiti disfunzionali legati ad esso.

 

La ricerca relativa alla psicoterapia applicata ai Disturbi da Uso di Sostanze, e specificatamente quella riguardante la dipendenza da alcol, dimostra che negli ultimi vent’anni non ci sono stati significativi miglioramenti nell’efficacia dei trattamenti suggeriti dai vari approcci (inclusa la terapia cognitivo-comportamentale): i risultati restano moderati ed instabili, con una forte presenza di sintomi residuali, tra cui rimuginiocraving e utilizzo di strategie di evitamento. Tuttavia, negli ultimi anni una serie di studi ha evidenziato una significativa relazione tra credenze metacognitive ed uso di sostanze alcoliche, suggerendo nuove prospettive terapeutiche.

Ma cosa si intende per metacognizione? E cosa sono le metacredenze (MTC) o credenze metacognitive??

La metacognizione rappresenta la conoscenza e consapevolezza del funzionamento della propria mente. Nell’ambito delle MTC, è opportuno distinguere tra MTC positive e negative: in riferimento all’alcol, le prime consistono nell’aspettativa che questo permetta di ottenere effetti benefici (automonitoraggio e regolazione del proprio stato cognitivo ed emotivo), mentre le altre riguardano le convinzioni relative agli esiti disfunzionali legati ad esso, quali l’incontrollabilità e la pericolosità.

Nella maggior parte delle culture, l’alcol è visto come il più potente sedativo. È considerato una strategia in grado di ridurre l’attivazione emotiva e cognitiva (bere mi aiuterà a pensare in modo più chiaro / ridurrà la mia ansia), ma anche per migliorare le proprie capacità mentali, la propria efficienza cognitiva (acquisire maggiore creatività o capacità di concentrazione). Entrambe rappresentano convinzioni positive che motivano l’inizio del consumo e lo mantengono. Va ricordato che l’alcol di per sé agisce a livello cerebrale, compromettendo la funzionalità esecutiva e quindi riducendo le abilità di controllo e di verifica dell’effettivo raggiungimento dei propri obiettivi, portando il soggetto in uno status di incapacità nel valutare la reale inefficacia di tale strategia di coping.

Segue l’attivazione delle metacredenze negative (non ho alcun controllo sul bere / bere danneggerà le mie capacità mentali) che innesca l’insorgenza di ulteriori emozioni negative (ansia e depressione), trigger a loro volta che inducono l’incremento della sostanza, quindi l’alimentazione ed il mantenimento di un circolo vizioso in cui prevale scarsa autoefficacia e senso di impotenza.

In uno studio del 2007 (Spada et al.) è stato osservato come nei bevitori patologici, rispetto ai soggetti di controllo, siano presenti metacredenze positive più forti, ed in particolar modo le credenze circa il bisogno di controllare i pensieri e di sfiducia nei confronti del proprio funzionamento cognitivo si sono rivelate i maggiori predittori di consumo di alcol. Anche in una serie di studi successivi (Spada 2008, 2009) è stato sempre più sottolineato il ruolo centrale delle metacredenze, e si è posto sempre più l’accento sul Modello della Funzione Autoregolatoria (Wells & Matthews, 1994), secondo cui il nucleo di tutti i disturbi psicopatologici (compreso il Disturbo da Uso di Alcol) sarebbe costituito da uno stile disfunzionale di pensiero chiamato CAS (Sindrome Cognitivo Attentiva), le cui componenti risultano essere: il pensiero ripetitivo (rimuginio o ruminazione), la fissazione attentiva (ipermonitoraggio della minaccia), i comportamenti disfunzionali (evitamento); tale modalità di pensiero sarebbe innescata e mantenuta da metacredenze positive e negative.

Uno studio più recente (Caselli 2016) ha indagato l’effetto di una diretta manipolazione terapeutica metacognitiva sulle metacredenze correlate all’alcol; i risultati mostrano che la tecnica della consapevolezza distaccata, utile per rompere il circolo vizioso del pensiero perseverante, riduce le credenze alcol correlate in misura significativamente maggiore rispetto ad una breve esposizione ad esse (tipica della terapia cbt standard).

In un ulteriore studio (Caselli 2018) è stata testata l’efficacia di un Protocollo di Trattamento Metacognitivo per il Disturbo da Abuso di Sostanze Alcoliche, e si è rilevato che questo tipo di approccio (strutturato per agire direttamente sulle credenze metacognitive) ha permesso di ridurre significativamente e rapidamente l’utilizzo settimanale di alcol ed episodi di binge drinking nei partecipanti.

Questi risultati aprono le porte all’utilizzo di terapie sempre più focalizzate sui processi di pensiero (Terapia Metacognitiva – Adrian Wells, 2000, 2013) invece che sui contenuti (cbt standard) nella cura della dipendenza da alcol: i dati raccolti fino ad ora hanno permesso di sviluppare un modello metacognitivo delle dipendenze patologiche (Spada, Caselli & Wells, 2013), ed anche specifiche tecniche di intervento utili per migliorare le proprie capacità di regolazione comportamentale e di reazione a pensieri e sensazioni disturbanti (Caselli et al., 2018).

Nello studio preliminare presentato al Forum della Ricerca in Psicopterapia (Studi Cognitivi – Riccione,  2019) sono state esaminate le credenze metacognitive positive e negative circa l’utilizzo dell’alcol, mediante il confronto tra 54 pazienti con dipendenza da alcol, e un gruppo di controllo non patologico. Inoltre, è stato indagato il ruolo delle metacredenze positive e negative come predittori del consumo problematico.

Per misurare frequenza e quantità del consumo di alcol è stato utilizzato l’Alcohol Use Disorders Identification Test, mentre per il craving è stato somministrato il Penn Alcohol Craving Scale.

Le metacredenze sono state testate attraverso due scale specifiche: Positive Alcohol Metacognitions Scale (PAM) e Negative Alcohol Metacognitions Scale (NAM). Infine, ai partecipanti è stata richiesta la compilazione dell’Hospital Anxiety And Depression Scale (HADS), questionario di misurazione dei livelli di ansia e di depressione.

Rispetto al gruppo normativo, gli alcolisti presentano, in generale, punteggi superiori nelle MTC sia positive che negative (come osservato in Spada et al., 2007) e livelli maggiori di ansia, depressione e craving.

Nello specifico, tutte le sottoscale del PAM e NAM presentano una differenza significativa nei due gruppi, fatta eccezione per quella riferita alla Dannosità (NAM): sembra quindi che entrambi i gruppi concordino nel ritenere che l’alcol determini effetti negativi sul loro funzionamento cognitivo.

Dall’analisi di regressione lineare, infine, è emerso che le MTC negative di Incontrollabilità e il craving rappresentano i fattori significativamente più predittivi del consumo problematico di alcol.

Il presente studio rimarca il ruolo chiave rivestito dal sistema di metacredenze nel determinare il livello di consumo di alcol, che nel nostro campione si è rivelato più influente anche rispetto ai livelli di ansia e depressione.

Questi risultati sembrano non solo confermare l’importanza dell’applicazione della Terapia Metacognitiva nel trattamento terapeutico dell’uso di sostanze alcoliche, come altresì dimostrato da Caselli et al. (2016), e da Spada et al., (2009), ma forniscono anche preziose indicazioni sulle specifiche meta credenze su cui focalizzare l’intervento terapeutico: se studi futuri dotati di campioni più estesi dovessero confermare quanto emerso in tale indagine pilota, la pratica clinica potrebbe arricchirsi di strumenti ulteriori al fine di ottenere risultati sempre più positivi.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Caselli, G., Martino, F., Spada, M.M., Wells., A. (2018). Metacognitive Therapy for Alcohol Use Disorder: A Systematic Case Series. Frontiers in Psychology, 9, 2619.
  • Caselli, G., Gemelli, A., Spada, M.M., Wells, A. (2016). Experimental modification of perspective on thoughts and metacognitive beliefs in alcohol use disorder. Psychiatric Research, 244, 57 – 61.
  • Spada, M.M.,Caselli,G.,Wells,A. (2013). A triphasic meta cognitive formulation for problem drinking. Clinical Psychology & Psychotherapy, 20,494–500.
  • Spada, M.M., Caselli, G., Wells, A. (2009). Metacognitions as a predictor of drinking status and level of alcohol use following CBT in problem drinkers: A prospective study. Behaviour Research and Therapy, 47, 882–886
  • Spada, M.M.& Wells, A. (2008). Metacognitive beliefs about alcohol use: Development and validation of two self-report scales. Addictive Behaviors, 33, 515–527.
  • Spada, M.M., Zandvoort, M., Wells, A. (2007). Metacognitions in Problem Drinkers. Cognitive Therapy and Research, 31, 709 – 716.
  • Wells, A. (2013). Advances in metacognitive therapy. International Journal of Cognitive Therapy, 6, 186–201.
  • Wells, A. (2000). Emotional disorders and metacognition: innovative cognitive therapy. Chichester, UK: Wiley.
  • Wells, A. & Matthews, G. (1994). Attention and Emotion. A Clinical Perspective. Hove, UK: Erlbaum.
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