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La diversità che ci unisce: il legame fraterno come fonte di sostegno

L'arrivo di un fratello fa nascere rivalità, gelosie e conflitti, ma può rivelarsi anche una grande risorsa. Alla scoperta dell'altro lato della medaglia.

Di Maria Obbedio

Pubblicato il 04 Ott. 2019

Quando si affronta il tema “fratelli”, sia in discorsi scientifici che non, ci si imbatte in argomenti aventi come tematica la gelosia, la rivalità e la conflittualità. Quando in una famiglia nasce un legame fraterno, nasce spesso, secondo il senso comune, anche un rapporto conflittuale. Provando ad approfondire ulteriormente la tematica è curioso e interessante analizzare anche l’altra faccia della medaglia.

Maria Obbedio – OPEN SCHOOL Psicoterapia Cognitiva e Ricerca Bolzano

 

Un legame, quando nasce, può spesso portare con sé delle conflittualità, dei disagi, ma ciò è dovuto alla diversità dei caratteri e delle esperienze dei due protagonisti del rapporto. I fratelli non si sottraggono a questa “normalità” di conflitti ed è interessante sottolineare come proprio questa diversità nel corso degli anni possa trasformarsi in una risorsa.

Il bambino nel ruolo di fratello

Quando nella famiglia nasce un secondo figlio, si ha inevitabilmente la ridistribuzione dei ruoli per la mamma e il papà, con conseguente riassetto familiare. E l’altro figlio? Quando il “primogenito” si trova nella condizione di dover accettare l’arrivo del nuovo membro della famiglia, può di conseguenza manifestare alcuni comportamenti che sono il risultato di ciò che vede e pensa. A seconda dell’età, infatti, il bambino nei suoi ambienti quotidiani quali nido, scuola, casa, assumerà diversi comportamenti volti a manifestare il disagio per la “nuova condivisione” delle attenzioni e degli spazi. Spesso, nei bambini più piccoli, capita di vedere comportamenti quali morsi, capricci, ricerca di attenzioni, che potrebbero essere interpretati come la manifestazione di un malessere interiore, difficile da spiegare e vivere in altri modi.

Il primogenito e inevitabilmente il secondogenito cercano un nuovo posto all’interno della famiglia. Entrambi si trovano nella condizione di accettarsi e condividersi. Infatti, è proprio dalla «condizione di possedere i medesimi genitori» che deriva la possibilità, per il bambino, di scorgere nel fratello, ora un complice, un alleato magnifico contro il mondo dei grandi, l’unico in grado di comprenderlo, ora un contendente verso l’amore degli stessi, qualcuno che sottrae spazi, oggetti, cure e attenzioni (Scalisi, 1995 p. 21).

Un primo elemento che pesa sulla costituzione sana o disfunzionale del rapporto è la capacità della famiglia, e quindi dei genitori, di costruire un rapporto unico e originale con ciascun singolo figlio rispettandone l’età, gli interessi, il temperamento e altre variabili. Il rapporto che il genitore crea permette così a ciascun figlio di sentirsi amato e accettato per quello che è, di conoscersi meglio ed entrare in relazione con se stesso con gli altri e col mondo. Un secondo elemento potrebbe essere il ruolo e l’identità che ciascun figlio acquisisce all’interno della famiglia. Spesso capita nelle famiglie rigide e patologiche che si strutturino alcuni ruoli, quali ad esempio “il figlio capro espiatorio” ovvero il paziente designato (Selvini Palazzoli, 1988). Ciò porterà i figli a conoscersi poco, a sperimentarsi e “sentirsi” meno e, paradossalmente, ad identificarsi unicamente in quel ruolo assegnatogli. Di conseguenza, il legame fraterno ne risentirà, ogni figlio si vedrà prigioniero di quel ruolo, un po’ come una profezia che si autoavvera, e ciò non permetterà di creare un sano e aperto legame fraterno.

La nozione di tempo, però, è fondamentale nella relazione tra fratelli e sorelle. E’ il tempo condiviso che permette la formazione dei gruppi, stabilisce i rapporti di forza, accentua o sopisce i conflitti, le discussioni e i rapporti improntati all’aggressività. Se si potesse fare la foto della veduta aerea della relazione fraterna, avremmo zone e territori con una notevole varietà di paesaggi e diversi tipi di natura. Nel corso della vita, nel rapporto tra fratelli e sorelle, intervengono diverse variabili:

  • la presenza dei genitori,
  • il tipo di legame che i fratelli stabiliscono,
  • il comportamento dei genitori nei confronti dei figli,
  • fratelli dello stesso sesso nei confronti dei fratelli di sesso opposto,
  • le differenze di età tra i fratelli
  • particolari condizioni (disabilità, malattia fisica o mentale, tossicomania oppure un talento eccezionale) di uno dei fratelli.

Tutti questi e altri temi evidenziano la particolarità del legame fraterno e le vicissitudini che questa relazione ha nella fantasia, nei sentimenti, nelle emozioni e, più di tutto, nella vita vissuta di ogni fratello.

Volgendo lo sguardo alla relazione fra fratelli è evidente che rivalità e potere, invidia e gelosia, rappresentano soltanto un aspetto, parziale, di questo rapporto, un lato della medaglia che ha la sua controparte nei sentimenti di fiducia, affetto, stima e comprensione. Eppure, per una sorta di fascino che essi esercitano, molto spesso, i sentimenti “negativi” costituiscono il focus privilegiato di attenzione nel panorama scientifico, soprattutto in quello psicoanalitico (Petri, 1994). infatti, è dal complesso di Edipo che sorgono la gelosia, la rivalità, nonché il “desiderio di sparizione” rivolto tanto al genitore dello stesso sesso, quanto ai fratelli.

Indubbiamente, come sostenuto in precedenza, le rivalità e conflitti possono crearsi all’interno del rapporto, ma la presenza di un fratello può essere anche una fonte di risorse ed è importante sottolinearne anche gli aspetti positivi. Spesso sottovalutato, è il ruolo, nella vita del “nuovo arrivato”, del fratello come rispecchiamento.

Il bebè non si rispecchia soltanto “nello sguardo della madre”, ma anche nel sorriso del fratello, nel suo abbraccio, nella sua tenerezza e nelle sue premure (Petri, 1994).

Il fratello è il primo palcoscenico sociale: rappresenta il primo scenario sociale dove il bambino inizia a capire cosa significa condividere, gestire delle emozioni tanto intense, quanto la rabbia o l’invidia, e cosa vuol dire indossare i panni di un altro per sviluppare l’empatia. Il timore di essere diversi, vissuto durante l’infanzia o nell’adolescenza, si affievolisce con il passare degli anni e, quando l’unico collegamento con la famiglia di origine rimane un fratello o una sorella e si è liberi dall’influenza esercitata dalla devozione ai genitori, si può cercare di soprassedere alle differenze.

La diversità che ci unisce

Non sempre il legame fraterno “può dividere”, anzi si potrebbe modificare quest’ultima affermazione in “la diversità che ci unisce”. L’originalità di questo rapporto nasce dalla condivisione di circa la metà del patrimonio genetico, da un comune background sociofamiliare e dall’intensità delle interazioni vissute dai protagonisti di questa relazione (Capodieci, 2003).

Il rapporto con i fratelli può risultare fondamentale nelle situazioni in cui si rende necessario un sostegno o un aiuto (Cicirelli, 1982; Troll, 1975). In età senile, ad esempio, secondo Cicirelli (1995) soltanto sapere che i fratelli sono ancora vivi può essere una potenziale fonte di sicurezza nella vecchiaia. Anche durante l’infanzia e l’adolescenza, l’importanza della fratria, è stata riconosciuta da numerosi studiosi. E’ stata, invece, sottovalutata l’influenza che questo particolare legame può esercitare sul piano affettivo, cognitivo e personologico di un individuo lungo il corso di tutta la sua esistenza.

Nell’ambito del benessere relazionale di un individuo è auspicabile che, oltre ad un buon rapporto coniugale e ad una serena relazione con i genitori e i figli, esista un affettuoso legame fraterno anche in età non più giovanile. I fratelli sarebbero i testimoni del legame familiare, nel corso degli anni diventano i portatori del bagaglio familiare, utile ai fini terapeutici. Infatti, in ambito psicologico i fratelli potrebbero portare importanti informazioni circa il vissuto dell’infanzia del paziente ad esempio. Spesso accade in terapia, che il sistema genitoriale non esista o che non sia disponibile a collaborare con i terapeuti. A questo punto il terapeuta usa altre risorse a disposizione, presenti sia dentro che fuori la famiglia (De Bernart,1992). E’ importante, alla luce di ciò, il ruolo del fratello ai fini terapeutici, poiché permette di avere una panoramica più ampia e chiara sull’assetto familiare, sui disagi vissuti e su altre variabili che hanno portato il paziente a strutturarsi secondo quella modalità.

Indubbiamente all’interno della fratria agiscono numerosi variabili: la singolarità di ogni individuo, l’ambiente esterno, l’ambiente familiare ed altre che potrebbero creare fratture nell’equilibrio delicato di questo rapporto. Ad esempio, l’assenza dei genitori potrebbe permettere ai fratelli di instaurare un rapporto molto profondo, oppure, al contrario, la rigidità genitoriale, o la triangolazione di un genitore su un fratello, potrebbe portare i fratelli ad allontanarsi e a non essere un sostegno l’uno per l’altro.

All’interno del setting terapeutico il loro ruolo però potrebbe essere prezioso. I fratelli potrebbero essere d’aiuto provando ad esempio a dare una lettura diversa dell’assetto familiare riesaminandone i ruoli, le funzioni o ancora le dinamiche familiari instauratesi nel corso degli anni. All’interno del setting, quale luogo protetto e “sicuro”, il legame ne potrebbe uscire rinforzato, rinnovato e ridisegnato, perché svincolato dai “ruoli” familiari. Inoltre, non essendoci più la necessità di passare attraverso i genitori, i quali di solito mediavano le loro relazioni, lo scambio che ne risulta avrebbe un carattere emotivo molto più intenso e profondo.

Quando i fratelli crescono, non sono più obbligati a ricoprire “quel ruolo”. Esaminando i rapporti di fratelli adulti si rivela che tali rapporti concedono più spazio per le scelte e le decisioni personali e che i rapporti fra i fratelli sono meno “obbligatori” di quelli con i genitori, gli sposi ed i bambini (rossi & rossi, 1990; scabini & cigoli, 1998). Ne risulta, quindi, che i fratelli adulti sono liberi di legare tra loro se vogliono. Stare insieme, infatti, è la grande conquista, ovvero il poter scegliere di condividere insieme il proprio presente e futuro. Questo significa incontrare il fratello oltre il ruolo di fratello.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Andolfi M., D’elia A. (2007). Le perdite e le risorse della famiglia. Milano: Raffaello Cortina Editore.
  • De Bernart R. et alt. (1992). L’importanza di essere fratelli, Firenze: Istituto di Terapia Familiare.
  • De Bernart R. (1991, novembre). Introduzione e presentazione a : DUNN J., PLOMIN R., Il Significato delle differenze nell’esperienza dei fratelli all’interno della famiglia. Terapia Familiare, 37.
  • Scabini E. (1987). L’organizzazione Famiglia tra crisi e sviluppo. Milano: Franco Angeli Editore
  • www.igorvitale.org
  • www.psychomedia.it/pm/lifecycle/elderly/capodieci.htm
  • www.slideshare.net/imartini/i-giochi-psicotici-nella-famiglia-di-selvini-palazzoli
  • www.tesionline.it/appunto/Il-legame-tra-fratelli-in-psicologia%3A-differenza-e-condivisione-/175/11
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