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Il dono, dal culturale alla cultura

Il culturale dà significato alle relazioni, la cultura dà significazione alla produzione culturale inserendola all’interno dei fenomeni antro-poietici..

Di Mariano Indelicato

Pubblicato il 24 Set. 2019

Per culturale indichiamo il processo attraverso il quale un individuo apprende ed elabora i valori, i simboli, i temi, le arti, le scienze di un determinato contesto. Con cultura indichiamo il complesso del sapere letterario, artistico e scientifico proprio di un popolo o di un’epoca

 

Ho, nei precdenti articoli, più volte fatto riferimento al sistema sociale, simbolico e culturale come significanti delle azioni soggettive. Ho più volte accennato che il riconoscersi, la costruzione o la percezione dell’identità, l’appartenere sono da riferire al luogo dell’altro che altro non è che uno spazio simbolico determinato dal sistema culturale. Abbiamo, in sostanza, tenuto da sfondo, mettendo in primo piano il soggetto, il culturale. Nell’analizzare queste relazioni e rapporti possiamo fare riferimento agli studi della gestalt sulla percezione delle figure e dello sfondo, tenendo conto che le figure tendono ad emergere mentre allo sfondo tendiamo a non dare importanza. Allo stesso modo il culturale emerge rispetto alla cultura poiché:

  • È più piccolo e i suddetti studi ci informano che le forme più piccole si leggono come figure e quelle più grandi come sfondo. Il culturale essendo più limitato tende ad emergere nella nostra razionalità, mentre la cultura rimane sullo sfondo come una sorta di inconscio collettivo;
  • Il culturale, essendo di immediata lettura, si presenta più nitido e definito rispetto alla cultura, viene percepito come figura mentre la cultura, essendo aperta, come sfondo;
  • Il culturale, presentandosi come forma semplice, viene percepito come figura; al contrario, la cultura essendo più elaborata e ingarbugliata viene letta come sfondo;

Ciò che emerge, in particolare, dagli studi della Gestalt è che per figura si intende quell’elemento – o insieme di elementi – delimitato da un contorno che, all’interno di un’immagine, attira la nostra attenzione. Per sfondo si intende la parte dell’immagine che avvolge la figura, e che ci appare più lontana e indefinita.

Non vi è dubbio che il soggetto rispetto alla cultura si presenti come una figura più piccola, con una forma chiusa, più semplice, simmetrica, convessa e molto legata al basso. L’ultimo dei paradigmi dell’organizzazione percettiva, inoltre, ci dà una indicazione chiara ovvero il soggetto tende ad essere legato alla terra mentre il culturale guarda di più verso il cielo. Eppure la figura del soggetto non potrebbe emergere se non come partecipante ed effetto dello sfondo. Infatti, il soggetto non è fuori dal quadro ma ne è una parte costituente e, quindi, la sua difficoltà è di non potersi leggere dal di fuori in maniera oggettiva. Al contrario, egli è inserito, anche se si stacca, all’interno dello sfondo il quale ne delinea i contorni, lo avvolge, lo descrive, lo ritaglia, lo differenzia.

La cultura che fa da sfondo come ci indica Ida Magli (1982), è

uno strumento biologico perché è il prodotto dell’attività encefalica; senza di essa la specie umana non avrebbe potuto sopravvivere; nelle sue espressioni però ha assunto significati e dimensioni tali che l’uomo non si accorge di usarla e quindi l’assume come sua natura al punto da non riconoscerla e da non poterla pensare in forme diverse (1982).

Ciò, vuol dire che, in senso antropo-poietico, la cultura fa rinascere il soggetto mettendolo al centro della scena. E’ la cultura che, da un lato lo plasma e, dall’altro, gli permette, elaborando il materiale incorporato, di compiere le necessarie trasformazioni ed evoluzioni culturali.

Questa distinzione la troviamo nell’utilizzo del nome e del suo aggettivo. Per culturale indichiamo il processo attraverso il quale un individuo apprende ed elabora i valori, i simboli, i temi, le arti, le scienze di un determinato contesto. Con cultura, così come riportato nel dizionario italiano Garzanti, indichiamo “il complesso del sapere letterario, artistico e scientifico proprio di un popolo o di un’epoca: la cultura greca, romana; la cultura europea del Settecento; la cultura moderna; uno studioso di cultura classica”. E’ attraverso la inizializzazione prevista dai riti antropo-poietici che attraversiamo il culturale per entrare dentro la cultura. E’ l’essere culturale che ci lega alla cultura. Sono le azioni e le trasformazioni culturali che ci rendono partecipi e protagonisti della cultura personale, familiare, della stirpe, del sistema sociale, della comunità, di un’epoca, dell’intera storia umana. Possiamo ipotizzare, seguendo Scabini e Cigoli che tratteremo più avanti, che l’inconscio, in senso lacaniano, sia il luogo della cultura.

La cultura non è solo il sapere e, quindi, non è un contenuto razionale. Il sapere è il culturale essendo ciò che apprendiamo nelle nostre attività razionali. Se dovessimo esplicitare queste informazioni, in termini batesoniani, la cultura è la “struttura che connette” in quanto meta struttura ovvero struttura che contiene al suo interno altre strutture. La “struttura che connette” per Bateson è tipica della “creatura”. Il culturale, invece, è ciò che avviene all’interno della struttura che connette ovvero le relazioni tra le varie parti, tra membri della stessa struttura o le relazioni tra strutture. Il culturale è, inoltre, la storia delle relazioni tra la “creatura” e tutti i membri del suo mondo dotando di significato le stesse relazioni. In altre parole, è il contesto che dà significato alle singole azioni o alla relazioni. Se il culturale dà significato alle relazioni, è la cultura che dà significazione alla produzione culturale inserendola all’interno dei fenomeni antro-poietici.

Il culturale è antro-poietico nella misura in cui tende ad inserire l’essere biologico nella cultura. Nell’articolo precedente ho descritto il processo biologico dalla meiosi alla nascita come il percorso di differenziazione rispetto alle cellule responsabili della fecondazione e, con la nascita, del duo madre-bambino. Ora possiamo affermare che dall’atto della fecondazione inizia il processo culturale di trasformazione del biologico in culturale che trova i suoi significati nella cultura che è il contenitore dei significati che si sono sviluppati sul piano antropologico. Se il culturale, infatti, si occupa di ontogenesi, la cultura di filogenesi ed, in questo senso, è il contenitore della storia antropologica dell’uomo.

Il culturale è poietico perché riproduce, nel senso etimologico del termine, in maniera creativa. E’ questa caratteristica che fa sì che la cultura è dinamica e si evolve. Ogni nuovo evento viene analizzato ed elaborato nel culturale per poi passare nella cultura. D’altronde anche la riproduzione è un processo poietico poiché da due gameti si forma un zigote che contiene le caratteristiche delle cellule madri, ma non è la loro somma essendo unico all’interno della specie. Allo stesso modo, alla nascita, il neonato contiene le caratteristiche dei due genitori ma è un essere unico. Nei precedenti articoli ho già analizzato lo sviluppo del bambino dall’atto della sua nascita e i processi di differenziazione che mette in atto.

Ciò che interessa in quest’ambito sono i vari riti sociali e culturali. Alcuni autori, tra cui Sartre, Gould, Rose, fanno risalire l’esigenza antro-poietica alla consapevolezza che il biologico è incompleto e, quindi, l’individuo deve costruire la sua umanità. Herder sostiene che l’individuo questa costruzione deve inventarsela: deve, in qualche modo, fingere. Ecco come mai in questa piena libertà l’uomo assume molteplici aspetti che vanno dalla conformità alla non conformità.

Mircea Eliade fa coincidere l’esigenza antro-poietica con i riti d’iniziazione delle società arcaiche che spesso sono collegate al sacro. Egli sostiene che

l’iniziazione mette fine all”uomo naturale e introduce il novizio alla cultura – che ha – origine soprannaturale. Gli anziani, gli sciamani, i maestri spirituali che sono stati investiti e iniziati dal sacro fin dai tempi remoti hanno il compito di far rinascere l’uomo come culturale ‘in conformità a un canone esemplare e transumano’

Nella stessa opera afferma che la società moderna ha perso i connotati della sacralità e, quindi, l’uomo, liberato dai riti d’iniziazione, dagli idoli, ha cercato di scoprire il proprio sé all’interno del biologico. In effetti, come abbiamo visto all’inizio della trattazione del dono, i teorici dell’homo oeconomicus sostengono che l’uomo per ritornare allo stato di natura deve liberarsi degli idoli e dei relativi rituali. L’uomo moderno, appunto l’homo oeconomicus, secondo questi autori, non è un essere con un sistema biologico manchevole anzi, al contrario, deve sforzarsi di far emergere il biologico al fine di trovare tutte le risorse razionali in modo da perseguire l’utilità e il proprio interesse. In sostanza, l’uomo può produrre il culturale senza cultura che, invece,  deve essere in qualche modo scrostata da tutte le paranoie ritualistiche e credenziali dei secoli precedenti.

Si tratta per i teorici dell’homo oeconomicus di produrre un uomo nuovo che attraverso il culturale deve scrivere una nuova cultura. Uno dei limiti evidenti delle suddette teorie è di voler produrre un uomo senza radici. La cultura, infatti, costituisce la radice dell’uomo da cui il soggetto trae, attraverso l’azione culturale, i suoi elementi vitali e alla quale restituisce maggiore linfa. Credo che sia una regola abbastanza banale affermare che l’albero non può crescere senza le sue radici così come quest’ultime muoiano senza l’albero. Dall’altro lato, il limite dell’antro-poietica classica sta nel ritenere che un rituale d’iniziazione possa formare la cultura, semmai il rituale può essere una delle tante manifestazioni del culturale.

Io sono d’accordo con l’affermazione di Herder che “l’uomo si costruisce giorno dopo giorno”. Dal momento della fecondazione trasformandosi in culturale entra all’interno della cultura e, nello stesso momento, quest’ultima cambia in funzione del nuovo arrivato. D’altronde che lo sviluppo avvenga giorno dopo giorno è ormai patrimonio della psicologia dello sviluppo sia che esso avvenga attraverso il superamento di vari stadi – Freud e Piaget – o che sia un processo continuo di apprendimento, come nel comportamentismo.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Bateson, G. (1979),  Mind and Nature. A  Necessary Unity . New York: E. P. Dutton.  (trad. It.  Mente e natura, un'unità necessaria, Milano, Adelphi, 1984
  • Bateson, G. (1972) Steps an ecology of mind. Chicago:  University of Chicago Press. (trad. It.  Verso un'ecologia della mente, Milano, Adelphi, 1977)
  • Eliade,  M.,  “Trattato di Storia delle Religioni”. Torino: Bollati Boringhieri, 2008
  • Gould, C. C. (1978) Marx's Social Ontology: Individuality and Community in Marx's Theory of Social Reality. Cambridge (USA): MIT press
  • Herder, J.G.,( 1887-1909) Ideen zur Philosophie der Geschichte der Menschheit (1784-1791), in Sämtliche Werke(a cura di B. Suphan), voll. XIII-XIV, Berlin (tr. it.: Idee per la filosofia della storia dell'umanità, Bologna: Zanichelli, 1971)
  • Magli, I., (1982) Gesù di Nazareth: tabu e trasgressione. Milano: Rizzoli
  • Rose, S., Lewontin, R., Kamin, L., ( 1983) Not in our genes, Harmondsworth: Pantheon Books  (tr. it.: Il gene e la sua mente. Biologia, ideologia e natura umana, Milano: Mondadori,  1983)
  • Sartre, J. P. (1943) 'Être et le Néant.  Essai d'ontologie phénoménologique , Paris: Edition Gallimards (Trad. it.  Del Bo G., L’essere e il nulla. Milano: Mondadori, 1958)
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