Negli ultimi tempi, il numero di adolescenti affetti da depressione è in maggiore crescita (National Institute of Mental Health, 2017). Dunque, la ricerca si sta indirizzando sempre più verso la possibilità di individuare i biormarcatori della depressione.
Ad esempio, uno studio recente ha trovato nel cortisolo pilifero una buona misura che potrebbe segnalare la presenza di sintomi depressivi negli adolescenti. Questi risultati sembrano seguire la stessa linea di alcuni dati emersi da un altro studio che ha trovato, invece, come in un campione di adulti i livelli di cortisolo (alti e bassi), presenti nell’urina, erano predittivi di sintomi depressivi (Penninx at al., 2007).
Il presente studio si è servito di un campione di 432 adolescenti fra gli 11 e i 17 anni, che è stato chiamato a compilare un breve questionario sulla presenza di sintomi depressivi. Successivamente, ai partecipanti è stata tagliata una ciocca di capelli che ha permesso agli sperimentatori di valutare la concentrazione di cortisolo presente in ognuna di esse.
Cortisolo e sintomi depressivi negli adolescenti: i risultati dello studio
I risultati di questo studio appaiono interessanti, in quanto hanno messo in luce la presenza di una relazione significativa tra concentrazione dell’ormone dello stress (cortisolo) nei capelli e sintomi depressivi negli adolescenti. In particolare, è stato trovato che sia alti che bassi livelli di cortisolo pilifero sono associati alla presenza di sintomi depressivi. Dunque, sarebbe utile approfondire questa ricerca per capire in che modo una concentrazione anomala di cortisolo, quindi una disregolazione dell’asse ipotalamo- ipofisi- surrene, possa essere predittiva dei sintomi depressivi; sarebbe altrettanto interessante estendere tale studio ad una fascia di popolazione più ampia, per una migliore generalizzazione, dal momento che la pubertà porta di per sé ad una serie di cambiamenti ormonali che potrebbero influire sulla veridicità dei risultati trovati.
In conclusione, individuare i biomarcatori della depressione segnerebbe la conquista di un grande traguardo per la pratica clinica, poiché permetterebbe di prevenire un disturbo tanto grave quanto diffuso, quale è la depressione, evitando la possibilità che possa cronicizzarsi nelle sue forme più gravi.